Meno prede e più competitori: così si estinse uno dei più grandi squali mai esistiti
Un recente studio ha mostrato come la drastica diminuzione di prede e l’aumento di predatori concorrenti abbia favorito il processo di estinzione del megalodonte, uno dei più grandi squali mai esistiti
Un gruppo di ricercatori della University of Zurich ha recentemente studiato la distribuzione geografica del megalodonte (Carcharocles megalodon), una delle specie di squalo più grosse mai vissute, nel corso della sua permanenza sulla Terra tra circa 55,2 milioni di anni fa. Fino a circa 16 milioni di anni fa, la specie sembra abitasse le acque dell’emisfero settentrionale nelle coste dell’America, dell’Europa e dell’Oceano Indiano. Solo successivamente si sarebbe spostata anche verso le coste asiatiche, australiane e sudamericane. Il periodo di picco di abbondanza di questa specie, sulla base del record fossile, , sembra corrispondere al Miocene medio, mentre il momento di copertura geografica maggiormente estesa al periodo di fine Miocene.
L’analisi, compiuta su 200 fossili provenienti da collezioni da museo, ha inoltre permesso ai ricercatori di comprendere le probabili cause dell’estinzione di questo enorme predatore. Tra questa, la principale sembra essere stato il declino delle sue prede e la concomitante ascesa di altri grandi predatori. Il progressivo declino della specie coincide infatti con il periodo glaciale che ha contraddistinto il Pliocene, durante il quale le sue principali risorse alimentari sono purtroppo scomparse. Invece, il gruppo di esperti afferma di non essere stato in grado di confermare un possibile legame tra l’estinzione del megalodonte le variazioni climatiche, come si era sempre ipotizzato in precedenza. Contrariamente, tali condizioni climatiche potrebbero essere state determinanti per l’estinzione di molte specie di mammiferi marini di piccole dimensioni, di cui probabilmente C. megalodon era solito cibarsi.
Grazie a questo studio, pubblicato su Journal of Biogeography, e ai dati raccolti dal gruppo di ricercatori è stato quindi possibile stabilire che la diminuzione di prede e l’aumento di nuovi predatori concorrenti sembrano essere i due principali fattori scatenanti del processo di estinzione di questo antico squalo.
Riferimenti:
Catalina Pimiento, Bruce J.Mac Fadden, Christopher Cements, Sara Varela, Carlos Jaramillo, Jorge Velez-Juarbe, Brian Silliman. Geographical distributional patterns of Carcharocles Megalodon over time reveal clues about extinction mechanisms. Journal of Biogeography, Published online: 30 March 2016.
Immagine: Jeff Gage
L’analisi, compiuta su 200 fossili provenienti da collezioni da museo, ha inoltre permesso ai ricercatori di comprendere le probabili cause dell’estinzione di questo enorme predatore. Tra questa, la principale sembra essere stato il declino delle sue prede e la concomitante ascesa di altri grandi predatori. Il progressivo declino della specie coincide infatti con il periodo glaciale che ha contraddistinto il Pliocene, durante il quale le sue principali risorse alimentari sono purtroppo scomparse. Invece, il gruppo di esperti afferma di non essere stato in grado di confermare un possibile legame tra l’estinzione del megalodonte le variazioni climatiche, come si era sempre ipotizzato in precedenza. Contrariamente, tali condizioni climatiche potrebbero essere state determinanti per l’estinzione di molte specie di mammiferi marini di piccole dimensioni, di cui probabilmente C. megalodon era solito cibarsi.
Grazie a questo studio, pubblicato su Journal of Biogeography, e ai dati raccolti dal gruppo di ricercatori è stato quindi possibile stabilire che la diminuzione di prede e l’aumento di nuovi predatori concorrenti sembrano essere i due principali fattori scatenanti del processo di estinzione di questo antico squalo.
Riferimenti:
Catalina Pimiento, Bruce J.Mac Fadden, Christopher Cements, Sara Varela, Carlos Jaramillo, Jorge Velez-Juarbe, Brian Silliman. Geographical distributional patterns of Carcharocles Megalodon over time reveal clues about extinction mechanisms. Journal of Biogeography, Published online: 30 March 2016.
Immagine: Jeff Gage