Micro e macroevoluzione: quale relazione?

Il processo di adattamento delle singole popolazioni alle pressioni selettive vigenti nel proprio ambiente è generalmente indicato come microevoluzione. Con il termine macroevoluzione, al contrario, si fa riferimento all’origine di nuove specie e alla suddivisione degli organismi in livelli gerarchici superiori a quello di specie, così come all’origine e all’evoluzione di strutture estremamente complesse, come l’occhio dei vertebrati, o di

Il processo di adattamento delle singole popolazioni alle pressioni selettive vigenti nel proprio ambiente è generalmente indicato come microevoluzione. Con il termine macroevoluzione, al contrario, si fa riferimento all’origine di nuove specie e alla suddivisione degli organismi in livelli gerarchici superiori a quello di specie, così come all’origine e all’evoluzione di strutture estremamente complesse, come l’occhio dei vertebrati, o di novità evolutive, come le ali degli uccelli. Molti biologi hanno sostenuto la carenza di spiegazioni riguardo ai temi della macroevoluzione negli scritti e nel pensiero darwiniani, argomento che è stato spesso utilizzato dai detrattori della teoria dell’evoluzione. Quante volte, infatti, si è sentito dire che la teoria dell’evoluzione è in grado di spiegare solamente i piccoli cambiamenti, gli adattamenti locali, ma che non fornisce alcuna spiegazione su come avvengono i cambiamenti su scale temporali di milioni di anni?

In un articolo sull’ultimo numero di Nature, David N. Reznick Robert E. Ricklefs fanno il punto della situazione sull’argomento, identificando i meriti e gli errori di Darwin, a 150 dalla pubblicazione de “L’origine delle specie”. Innanzitutto, non è vero che Darwin non si occupò, o comunque trascurò i temi relativi ai macrocambiamenti evolutivi, ma sviluppò una sua idea basata principalmente su due concetti: il principio di divergenza e l’estinzione.

Già dai tempi della sua formazione, il concetto di estinzione fu presente nel pensiero darwiniano, che abbracciò l’idea dell’anatomista Cuvier che le associazioni di fossili che si succedevano negli strati geologici fossero resti di specie ormai scomparse, rifiutando altre idee, tra le quali, sia quella catastrofista dello stesso Cuvier che quella lamarckiana di una trasformazione complessiva di quegli organismi nelle specie attuali. Convinto della sua idea della lotta per l’esistenza, dovuta alla limitatezza delle risorse in natura, Darwin sostenne che la competizione tra specie affini potesse costituire una delle principali cause dell’estinzione. L’idea è semplice: le interazioni competitive tra gli organismi si traducono in un conflitto da cui la specie che risulta meglio adattata sopravvive e l’altra, inevitabilmente, decresce numericamente fino a scomparire.

Sono dunque le interazioni con altre specie, più che i fattori abiotici, che condizionano la storia evolutiva di una specie, portando a volte le specie all’estinzione, ma altre volte conducono ad una divergenza (questa idea la ritroviamo oggi nell’ipotesi della regina rossa, che indica la corsa agli armamenti e l’eventuale dislocazione della nicchia ecologica per il principio di esclusione). Ecco la seconda idea darwiniana sui cambiamenti macroevolutivi: la competizione, tanto più serrata quanto più avviene tra individui/popolazioni simili, guida le specie a differenziarsi, favorendo i fenotipi estremi in modo tale da ridurre la sovrapposizione nell’utilizzo delle risorse. Questa idea è stata molto criticata, soprattutto in seguito alla modellizzazione del processo di speciazione allopatrica, che implica che la differenziazione avvenga tra popolazioni che subiscono pressioni selettive diverse e che non si trovano più a contatto diretto (l’isolamento riproduttivo consegue, dunque, all’isolamento geografico).

Il principio di divergenza, tuttavia, risulta ben supportato da numerose evidenze emerse negli ultimi anni in seguito a studi su popolazioni naturali: sono noti, infatti, sempre più casi di character displacement (o spostamento dei caratteri), selezione bidirezionale e speciazione simpatrica. Allo stesso modo tutti i casi ben documentati di radiazione adattiva, la rapida diversificazione di forme biologiche adattate ad una specifica nicchia ecologica a partire da un antenato comune recente, si accordano con questa idea darwiniana. E’ infatti evidente come, in questi casi, l’assenza di competizione possa guidare veloci eventi di speciazione. In questo processo, come anticipato già da Darwin, giocano un ruolo determinante quelle novità evolutive che consentono la colonizzazione di un ambiente fino a quel momento non utilizzato, come la conquista delle acque dolci da quelle marine.

Anche parte consistente dei casi di estinzione, con l’esclusione dei grandi eventi catastrofici (stocastici) che hanno provocato le estinzioni di massa, possono essere ricondotti alle interazioni tra organismi, non solo a livello di specie, ma anche a livelli tassonomici più elevati. Con ciò non si intende sostenere che Generi, Famiglie e addirittura Ordini affini competano tra loro, bensì che gli individui di una popolazione/specie, che in media si comportano nello stesso modo, vanno a competere indirettamente con altri individui di un’altra popolazione/specie che si comportano in media in modo diverso, determinando l’estinzione (o divergenza) di una delle due. Chi potrebbe, ad esempio, contestare che l’estinzione della maggior parte delle gimnosperme sia avvenuta in concomitanza della diffusione massiccia delle piante a fiore? O meglio, non sono stati forse i singoli individui di angiosperme a competere coi singoli individui di gimnosperme e, nel complesso, questo ha determinato la ritirata in ambienti caratterizzati da aridità, climatica o fisiologica, dell’intero gruppo di piante con semi scoperti?

La macro e la microevoluzione sono, secondo questa visione, effetti degli stessi processi a scale diverse e non effetti di processi diversi a scale diverse, come proposto da altri autori. Certo, capire i processi macroevolutivi significa integrare ecologia, paleontologia, genetica, ma molto è già illustrato lì, in quella figura del capitolo 4, l’unica de “L’origine delle specie”.

Andrea Romano

Riferimenti:
David N. Reznick & Robert E. Ricklefs. Darwin’s bridge between microevolution and macroevolution. Nature 457, 837-842