Morale divina e punizioni: come le religioni hanno innescato la cooperazione

RELIGIONES

Ulteriori conferme del ruolo della religione nell’evoluzione della cooperazione fra individui che condividono la medesima fede

La cooperazione ha giocato un ruolo chiave nella storia umana, consentendo la formazione di strutture sociali sempre più complesse. Per questo è un elemento di grande interesse per antropologi e sociologi, che da tempo si chiedono come essa sia potuta evolvere. Le classiche spiegazioni evolutive – basate sui vantaggi che derivano dall’aiutare individui geneticamente imparentati – non riescono a spiegare la rapida espansione della prosocialità, cioè quell’insieme di comportamenti volontari fatti con l’intenzione di favorire gli altri. Motivo per cui diversi studiosi hanno suggerito l’esistenza di altri meccanismi che avrebbero favorito questo processo. Uno dei quali potrebbe essere la religione, come sembra emergere da diversi studi condotti finora. Per esempio, quello che dimostra che la fede in una divinità moralistica prevale in quelle società che hanno raggiunto un maggior livello di complessità politica. O quello che analizza il legame fra punizione sovrannaturale e promozione della cooperazione.

È proprio questa l’ipotesi sostenuta da un gruppo internazionale di ricercatori, guidato da Benjamin Grant Purzycki, dell’Università della British Columbia, a Vancouver: la rappresentazione cognitiva di una divinità moralistica, in grado di conoscere i pensieri dei singoli individui e di punire i violatori di determinate norme sociali, avrebbe favorito la diffusione di comportamenti prosociali fra estranei accomunati dalla stessa fede religiosa, consentendo quindi la formazione di strutture sociali di più grandi dimensioni.

Per verificare la loro ipotesi, i ricercatori hanno combinato una serie di interviste etnografiche e giochi comportamentali condotte su 591 persone appartenenti a diverse fedi – cristianesimo, induismo, buddismo e alcune forme di animismo e spiritismo – e provenienti da otto diverse comunità: due dell’isola di Vanuatu, due delle Fiji, una del Brasile, una delle Mauritius, una della Siberia e una della Tanzania. I risultati di questi studi, recentemente pubblicati su Nature, hanno mostrato una chiara correlazione fra la fede in una divinità moralistica e punitiva, e la tendenza a comportamenti imparziali in favore di individui che condividono la stessa fede, anche se estranei. Comportamenti che, a loro volta, avrebbero rinforzato quei legami sociali necessari per lo sviluppo di dinamiche cooperative su larga scala – scambi, mercati, alleanze – con persone distanti geograficamente. I dati di Purzycki sembrano inoltre sottolineare che la fede in una punizione sovrannaturale abbia un peso maggiore della promessa di una ricompensa divina nell’influenzare i comportamenti prosociali.

Certo, come gli stessi ricercatori sottolineano, si tratta di una correlazione statistica ma non necessariamente di un rapporto causa-effetto fra fede e cooperazione, il che non esclude un ruolo significativo di altri fattori. Secondo uno studio del 2014, i fattori di rischio ambientale influenzano il rapporto fra la fede in un dio moralistico e la cooperazione, mentre un articolo dell’anno scorso ha individuato una differenza fra fede nella punizione sovrannaturale e fede in una divinità moralistica: la prima avrebbe innescato un aumento della complessità politica, mentre la seconda sarebbe stata una conseguenza di tale aumento.

In conclusione, ciò che emerge da questi studi è che le religioni hanno giocato un ruolo importante nel consolidamento delle relazioni sociali, sebbene resti ancora da capire come esse abbiano condizionato le interazioni fra individui con fedi diverse. Quel che è certo è che lo studio delle origini delle religioni (e dell’ateismo) sta traendo sempre più beneficio da una combinazione di diversi approcci, da quello evolutivo a quello ecologico-comportamentale.

Immagine da Wikimedia Commons