Nanismo e gigantismo insulare

I biota insulari hanno di solito caratteristiche molto diverse da quelli continentali: infatti, oltre all’alto numero di endemismi dovuto al forzato isolamento geografico, sono caratterizzati, ad esempio, dall’atterismo di alcuni uccelli (la scomparsa di ali adatte al volo) dovuta spesso all’assenza di grossi carnivori, che necessitano di ampi spazi per poter costituire una popolazione vitale, e dai cosiddetti nanismo e gigantismo

I biota insulari hanno di solito caratteristiche molto diverse da quelli continentali: infatti, oltre all’alto numero di endemismi dovuto al forzato isolamento geografico, sono caratterizzati, ad esempio, dall’atterismo di alcuni uccelli (la scomparsa di ali adatte al volo) dovuta spesso all’assenza di grossi carnivori, che necessitano di ampi spazi per poter costituire una popolazione vitale, e dai cosiddetti nanismo e gigantismo insulare.

Spesso è stato generalizzato il nanismo dei grandi mammiferi, come gli elefantidi nani Elephas falconeri della Sicilia e Megaceros cretensis di Creta, motivato dal fatto che la selezione naturale avrebbe favorito gli indiviudi di taglia inferiore, visto che le isole sono ambienti con risorse limitate e organismi più piccoli avrebbero maggiori possibilità di sopravvivere. Parallelamente, si è parlato di gigantismo dei piccoli mammiferi, come l’insettivoro gigante del genere Deinogalerix, vissuto quando l’odierno Gargano era un’isola, dovuto alla quasi totale assenza di predatori.

Un nuovo studio, condotto da ricercatori dell’Imperial College London, sostiene che queste generalizzazioni non siano in accordo con la realtà, in quanto non tengono conto delle situazioni ecologiche di ciascuna isola. In particolare, gli studiosi non ritengono che la taglia iniziale della specie sopraggiunta sull’isola sia il fattore chiave che ne determina la successiva evoluzione verso forme nane o giganti. Se questo assunto fosse vero, infatti, ci si dovrebbe aspettare che le specie di mammiferi di piccola taglia siano più grosse sulle isole di quanto lo siano quelle residenti sui continenti, mentre il discorso opposto varrebbe per i mammiferi di grandi dimensioni.

I ricercatori hanno effettuato un’analisi comparativa tra diverse specie di mammiferi, nel tentativo di individuare una relazione tra dimensione iniziale (quella della specie continentale) e finale (della specie insulare). I risultati, pubblicati sulla rivista Proceedings of the Royal Society B: Biological Sciences, hanno evidenziato che non vi è alcuna relazione tra le dimensioni di una determinata specie e la sua tendenza ad evolvere verso forme più grandi o più piccole, le quali sarebbero determinate in prevalenza dalle condizioni biotiche e abiotiche particolari di ciascuna isola e dalla specie in questione.

Sembra esserci piuttosto una tendenza clade-specifica, anche se non generalizzata. Infatti, carnivori, artiodattili e roditori eteromidi, volgarmente chiamati topi-canguro, sembrano diminuire le proprie dimensioni corporee quando si trovano su un’isola, mentre i roditori muridi solitamente incrementano la propria taglia.

Ancora una volta la complessità della natura sfugge alle modellizzazioni tentate dall’uomo.

Andrea Romano

La foto è tratta da Wikimedia Commons.