Nel 2100 alghe e piante marine preferiranno vivere ai poli

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I cambiamenti climatici influenzano la distribuzione, riducono la biodiversità, compromettono i servizi ecosistemici di alghe brune e fanerogame marine. Nuove proiezioni su scala globale ne definiscono le conseguenze future

“Mi capita spesso di passeggiare sulla spiaggia e notare persone disgustate di fronte alla Posidonia spiaggiata sulla battigia e talvolta quando faccio immersioni, anche in aree protette, vedo praterie di Posidonia arate dalle ancore”

“Siamo poco consapevoli dell’importanza ecosistemica di alghe e fanerogame marine, fortemente minacciate dai cambiamenti climatici e da interventi antropici”

Sono parole della dott.ssa Federica Manca dell’Università di Helsinki, ecologa marina e coautrice di un recente studio pubblicato su Nature communications. Secondo la ricerca, che ha coinvolto anche l’Università di Pisa, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) e il Centro di eccellenza australiano per la Biodiversità e il patrimonio naturale (CABAH), il riscaldamento globale rischia di provocare a livello mondiale una riduzione fra l’80 e il 90% degli ambienti adatti alla sopravvivenza di queste specie che potranno trovare rifugio solo nelle regioni polari.

“Alghe e piante marine sono un po’ meno studiate rispetto alle specie terrestri. Abbiamo meno dati, sono più difficili da osservare e studiare, non abbiamo un quadro completo della loro distribuzione e degli effetti dei cambiamenti climatici su di essa. Mancava una prospettiva a scala globale, lì si inserisce il nostro studio.”

“per quanto riguarda alghe brune e fanerogame ci sono studi sulla variazione di distribuzione anche guardando al futuro, ma descrittivi solo di particolari regioni o specie.“

Ridistribuzione geografica, l’alternativa per sopravvivere

La alghe brune e le fanerogame non sono le uniche specie a subire le conseguenze dei cambiamenti climatici

“È ormai accertato che molte specie stanno spostando la loro distribuzione verso latitudini più alte perché col surriscaldamento globale la temperatura locale può superare il limite di tolleranza di tali specie. Tuttavia ci sono altre variabili in gioco come salinità, disponibilità di nutrienti, capacità di dispersione della specie e la competizione con altre specie. Ragionando in termini di probabilità, le proiezioni ci permettono un buon grado di fiducia, ma quel che è certo è che una grave perdita di biodiversità è già in corso”

Lo studio analizza la distribuzione futura di 207 specie, di cui 185 (su più di 300) di alghe brune e 22 (su circa 70) di fanerogame marine. I risultati forniscono proiezioni al 2100 che rivelano una perdita di biodiversità a scala globale pari al 3-4%, con il 17-22% delle località analizzate che potrebbe perdere almeno il 10% di specie presenti. L’habitat adatto alla crescita di queste specie potrebbe essere ridotto del 78-96% a scala globale. Le alghe brune e le fanerogame tenderanno a spostare la loro presenza verso le regioni polari, temperate e prive di ghiaccio. La dott. ssa Manca riporta con precisioni le variabili analizzate:

Abbiamo utilizzato sia la temperatura dell’acqua, sia la temperatura dell’aria perché alcune specie crescono e vivono in habitat intertidali, sulla piana di marea. Possono risultare scoperte per alcune ore del giorno ed essere a contatto con l’aria. Abbiamo analizzato, oltre a temperatura e salinità, la produttività primaria, cioè la concentrazione di clorofilla nell’acqua, indice della quantità di nutrienti come fosforo e azoto fondamentali per la crescita di queste specie.”

Anche la quantità di luce è una variabile importante perché al di sotto di una certa soglia, le specie analizzate non possono crescere. Le fanerogame, ad esempio, hanno requisiti di luce maggiori. Le troviamo dalla battigia fino a 50-60 metri di profondità mentre le alghe brune le possiamo trovare a profondità maggiori. Abbiamo quindi utilizzato un valore soglia di luce per filtrare i risultati non considerando zone dove la poca luce non permetterebbe la crescita di queste specie. Infine, abbiamo considerato anche la copertura di ghiaccio, che con il cambiamento climatico si ridurrà, offrendo opportunità di colonizzazione delle zone polari da parte di alcune delle specie considerate.

Reazione a catena

E descrive le conseguenze:

“Per esempio se consideriamo le zone tropicali, una volta che una specie si sposta a causa dell’aumento di temperatura, si può’ perdere biodiversità a livello locale perché nessun’altra specie potrebbe riuscire a sostituirla.”

Fino a questo punto, forse, si possono considerare ancora queste specie come soggetti estranei, seminascosti talvolta da un velo d’acqua, talvolta sommerse completamente. Ma molto evidenti rischiano di essere le conseguenze in caso di perdita di specie. Prosegue la dott.ssa Manca

Non solo perdita di biodiversità, ma anche di servizi ecosistemici.

Alghe brune e fanerogame marine sostengono un’incredibile biodiversità e hanno un ruolo basale nell’ecosistema costiero. Forniscono infatti sia un habitat tridimensionale dove altre specie vivono, sia una fonte di nutrimento per molte specie. Ma non solo, forniscono anche all’uomo servizi ecosistemici fondamentali, per esempio producono ossigeno ed assorbono e immagazzinano grandi quantità di CO2, riducendo le concentrazioni di gas serra e mitigando gli effetti dei cambiamenti climatici. Molte specie di invertebrati e pesci di interesse commerciale trovano rifugio e utilizzano l’habitat fornito da alghe brune e fanerogame almeno in una parte del loro ciclo vitale, di solito la fase giovanile.

La perdita di alghe brune e fanerogame potrebbe dunque causare problemi sia alla pesca di sussistenza delle comunità costiere, sia alla pesca commerciale, con significative perdite a livello economico.

Inoltre, le specie studiate hanno un ruolo fondamentale nel proteggere la costa. Le praterie di fanerogame, per esempio, grazie alle radici stabilizzano il sedimento costiero. Una volta perse, viene perso questo ruolo di protezione delle coste, potenzialmente creando danni significativi.

In denaro, miliardi di dollari l’anno, persi.

Modelli di tutela

Tuttavia l’importanza di queste specie era già stata intuita da popolazioni indigene dalle quali potremmo prendere esempio, come racconta la ricercatrice:

Alcune comunità costiere sono molto legate a questi habitat sia dal punto di vista alimentare, per la loro sussistenza, ma anche dal punto di vista culturale, addirittura spirituale. Molti popoli indigeni hanno un forte attaccamento alle fanerogame e alle alghe brune. Il kelp, ad esempio, un gruppo di alghe brune, è parte della cosmologia dei popoli indigeni della costa occidentale del Canada. Hanno moltissime storie legate al kelp. E lo utilizzano anche per la loro sussistenza, raccogliendo le uova di aringa depositate sulle sue fronde. Esiste anche un’ipotesi detta “Kelp highway”, secondo cui i primi gruppi di uomini sono giunti in America non via terra, ma seguendo la distribuzione del kelp lungo la costa occidentale del nord America via mare, sfruttando le risorse fornite dal kelp. Tutt’ora molti popoli sono legati a queste specie. Lo stesso vale per le fanerogame marine. Molti popoli del Pacifico hanno un forte attaccamento per specie come il dugongo o la tartarughe marine, che vivono nelle praterie di fanerogame.

“Se da un lato ci sono popoli strettamente legati e profondi conoscitori di queste specie, dall’altro nel mondo occidentale spesso non ci si rende conto della loro importanza e non si conoscono i motivi per cui è necessario proteggerle.”

Sulla protezione degli ecosistemi del mediterraneo, puoi guardare la seconda puntata della nostra serie La biodiversità al centro. Nel video il professor Luigi Musco illustra alcuni progetti su come ripristinare l’habitat di piante come Posidonia e Cymodocea, native dei nostri mari.

Ma questo studio ci mostra le specie sommerse, visibili fino a oggi solo quando periscono sulle spiagge. Unendo dati locali in una prospettiva globale, riporta l’attenzione verso la tutela e la conservazione di queste specie. Se resta difficile agire su scala globale, è però fattibile un’azione locale e mirata su fattori come l’inquinamento, la torbidità dell’acqua, l’agire umano inconsapevole, che potrebbe manifestarsi di grande aiuto. Ad esempio, nel Mar Mediterraneo la fanerogama Posidonia e l’alga bruna Cystoseira sono tutelate da riferimenti normativi.

Conclude la dott,ssa Manca

“La speranza è che uno studio di questa portata stimoli a prestare maggiore attenzione a queste specie. Nonostante esistano tentativi e normative di controllo dei fattori considerati nello studio su scala globale che ad oggi vedono difficoltà applicative, esistono però tutta una serie di fattori sinergici che possono essere controllati, anche se su scala locale, sui quali è possibile e necessario agire.

Controllore almeno questi fattori è quindi auspicabile, necessario, qualcosa si può fare. C’è sicuramente spazio di azione, quantomeno su piccola scala con coscienza dell’eventuale impatto positivo su grande scala”

Riferimenti:

Manca, F., Benedetti-Cecchi, L., Bradshaw, C. J. A., Cabeza, M., Gustafsson, C., Norkko, A. M., …Strona, G. (2024). Projected loss of brown macroalgae and seagrasses with global environmental change. Nat. Commun., 15(5344), 1–12. doi: 10.1038/s41467-024-48273-6

Immagine in apertura: di Lisando Benedetti Cecchi, da comunicato stampa