“No, quelli non sono metalupi”

La compagnia biotech Colossal Biosciences dice di aver riportato in vita il metalupo. Ma dovremmo ricordarci che l’estinzione è una delle cose più definitive che esistano in natura…
Sono passate ormai tre settimane da quando la notizia ha cominciato a rimbalzare ovunque, con toni trionfalistici e un sacco di titoloni: “Il ritorno del metalupo” (TIME), “Riportato in vita dopo 10mila anni il metalupo del Trono di Spade” (ANSA), e via dicendo.
La cosa mi era inizialmente sfuggita, lo ammetto. L’ho scoperta a distanza di qualche ora grazie a una mail di Stefano Dalla Casa, caporedattore di Pikaia, che prima ancora di chiedermi qualcosa mi sbatte sotto al naso l’annuncio di Colossal Biosciences: l’azienda biotech americana sostiene di aver riportato il “metalupo”.
Qui comincio a sbarellare. Metalupo? Ma che cavolo c’entrano i metalupi? Ma non erano creature fantastiche create dalla sopravvalutata penna di Martin nella ancora più sopravvalutata serie di “A Song of Ice and Fire”?
Sì, lo so, non mi farò nuovi amici parlando male di ASOIAF, ma è una mia personalissima opinione da accanito lettore fantasy, quindi tolleratela per favore, che tanto le cose importanti sono altre.
Chi era davvero Aenocyon dirus
Ho cominciato a fare alcune ricerche, anche se era ora di andare a letto ormai la curiosità mi aveva preso, e viene fuori che mi sbagliavo. Non su ASOIAF, ma sul fatto che i metalupi fossero solo opera di fantasia. A quanto pare sono esistiti per davvero. O meglio, è esistita una specie, il cui vero nome era Aenocyon dirus, a cui George R. R. Martin si è ispirato nel creare il metalupo.
Che poi, metalupo è una nostra orribile traduzione. In lingua originale è direwolf, che quindi tradotto alla lettera sarebbe dovuto essere tipo tetrolupo o qualcosa del genere.
Sarebbe stato anche più rispettoso nei confronti di Aenocyon dirus, che effettivamente a trovarselo davanti un po’ di fifa sarebbe venuta… Rispetto al nostro Canis lupus era decisamente più massiccio, aveva un cranio più solido, e canini più lunghi e grandi. Da quello che ho ritrovato nella mia ricerca, non essendo un esperto di paleontologia, doveva essere in grado di buttar giù prede di notevoli dimensioni, anche grazie alla sua struttura sociale che presupponeva la caccia di branco.
Aenocyon dirus il nome di Tetrolupo se lo sarebbe guadagnato a pieno diritto.
Aenocyon dirus tuttavia non esiste più, è vissuto fra 200.000 e 10.000 anni fa, alla fine del Pleistocene.
Fino a quando non arriva Colossal che sostiene di averlo riportato in vita.
Vabbè insomma, Stefano Dalla Casa mi chiede se mi va di scrivere un pezzo per Pikaia perché è interessato al parere di un biologo molecolare sulla faccenda.
E vabbè, insomma, accetto.
Dalla mail (oggetto: “No, quelli non sono metalupi”) capisco che Stefano non è molto d’accordo su quello che afferma Colossal, anzi è proprio apertamente critico, per lui si tratta di una sciocchezza bella e buona.
Ma io non voglio fare articoli a tesi, per cui mi prenderò il mio bel tempo di indagare la faccenda e trarre le mie conclusioni.
Cosa ha fatto (o dice di aver fatto) Colossal Biosciences
Vado sul loro sito, e mi chiedo perché non ci sia un disclaimer per chi soffre di epilessia prima di accedervi. Io cerco sempre di tenermi più neutrale possibile quando indago qualcosa, ma devo ammettere che i siti flashosi e pieni di effetto “wow”, non mi predispongono bene. Bias personale, ma ne sono cosciente e cerco di tenerlo a bada.
A quanto pare Colossal fa proprio questo: de-estingue animali estinti.
O almeno, sostiene di de-estinguere animali estinti. Perché per quanto di mente aperta, rimango molto scettico sulla cosa.
Cercherò ora di riassumere cosa ha fatto Colossal Biosciences:
1) Ha sequenziato il genoma di Aenocyon dirus a partire da reperti fossili provenienti da due esemplari;
2) ha comparato il genoma di Aenocyon dirus con quello di Canis lupus trovando, a detta loro, solo una manciata di differenze fra i due genomi. 20 differenze in 14 geni è quanto dichiarano;
3) ha modificato il genoma di Canis lupus in modo da introdurre le varianti genetiche presenti in Aenocyon dirus;
4) ha introdotto tali genomi modificati dentro embrioni impiantabili e li ha fatti sviluppare poi normalmente, in tre casi portando poi all’effettiva nascita di tre individui.
5) profit.
Chi mi segue da tanto tempo (mi trovate come “AC/DS – A Caccia Di Scienza”, praticamente ovunque), sa che sono molto, molto, molto, pignolo, quando si parla di biologia molecolare. Ma in questo caso non c’è nemmeno bisogno di tirar fuori tutta la mia pignoleria, perché a mio avviso, la narrazione di Colossal Biosciences fa acqua da tutte le parti.
Punto 1. Ho fatto un esame alla magistrale sul come ritrovare, maneggiare, sequenziare, analizzare, il DNA antico, ovvero il DNA proveniente da reperti fossili, e tutto l’esame si può riassumere così: è un casino. Ed è facile capire perché. Il DNA si degrada col tempo, quindi ogni campione ritrovato conterrà solo una piccola parte del genoma di partenza. Che Colossal Biosciences sia riuscita con soli due esemplari a ricostruire l’intero genoma pare una bella botta di fortuna, oppure qualcosa non quadra.
Poi per carità, tutto può essere, ma in assenza di pubblicazioni scientifiche (vedi oltre) uno si attiene alle conoscenze vigenti.
Punto 2. Aenocyon dirus e Canis lupus sono separati da circa 5-6 milioni di anni di distanza evolutiva, ovvero l’ultimo progenitore comune a entrambe le specie è vissuto circa 5-6 milioni di anni fa. Che in 5 milioni di anni i due genomi abbiano differito solo di 20 differenze in 14 geni mi sembra veramente incredibile. Che poi di che differenze si tratta? Mutazioni puntiformi? Inserzioni? Delezioni? Inversioni? Cosa intende Colossal quando parla di differenze? Intende l’effettiva mutazione di una sequenza, oppure intende per differenza una generica sequenza anche di lunghezza variabile nel genoma, che differisce rispetto a Canis lupus? Non ci è dato sapere. O forse…
Punto 3. Questo punto forse può darci un indizio. Perché secondo la narrazione di Colossal, il genoma di Canis lupus è stato modificato tramite l’utilizzo di CRISPR-Cas9, una tecnica di editing genomico che permette di modificare una sequenza specifica a livello di singolo nucleotide. Se fosse vero, vorrebbe dire che Colossal ha cambiato appena 20 nucleotidi in 14 geni del genoma di Canis lupus. Qui mi viene voglia di autoinfliggermi una commozione cerebrale prendendo a testate l’Alberts.
Il genoma di Canis lupus consiste di circa 3 miliardi di nucleotidi. Colossal sostiene che sostituendo appena 20 di quei 3 miliardi di nucleotidi si possa trasformare un comune lupo nell’estinto Aenocyon dirus. Io non trovo le parole per descrivere che colossale (pun intended) sciocchezza sia, ma ci proverò con un esempio.
Immaginate di leggere:
Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per quel ramo del lago,
ché la diritta via era smarrita.
Ecco. Non basta prendere un pezzo di frase da “I Promessi Sposi” e inserirlo ne “La Divina Commedia”, per dire di averla trasformata nell’opera del Manzoni.
Mi viene da fare anche un altro appunto: Colossal Biosciences parla solo di modifiche nei geni. E certo, perché la visione da profani della materia è che siano i geni a regolare e controllare come viene costruito un essere vivente. Ma in realtà sappiamo ormai da più di 20 anni, che non solo i geni rappresentano solo una piccolissima parte dei genomi, ma anche che buona parte, forse la maggior parte, delle funzioni genomiche sono regolate dai tratti di sequenza non codificanti. Quello che molti ancora chiamano “DNA spazzatura”, e di cui molti biologi e divulgatori ancora faticano ad accettare il ruolo fondamentale nella regolazione delle funzioni cellulari. Questo aspetto è stato completamente ignorato da Colossal, e mentre trovo difficile, ma ci potrei credere, che i genomi di Canis lupus e Aenocyon dirus differiscano solo per 20 nucleotidi in 14 geni, trovo molto più difficile credere che non ci siano differenze nei tratti di sequenza non codificanti. Anche perché di solito è proprio in questi tratti che lavora maggiormente l’evoluzione.
Punto 4. Poco da dire. Modificare embrioni e impiantarli in madri surrogate per ottenere organismi geneticamente modificati è qualcosa che si fa di routine da decenni nei laboratori per i motivi più disparati.
Punto 5. Qui invece c’è molto da dire. Perché dalle considerazioni fatte finora il quadro che emerge è che sembri tutto una grossa operazione di marketing. Di fatto ci troviamo semplicemente di fronte ad un lupo geneticamente modificato per assomigliare a quello che forse poteva essere esteticamente un Aenocyon dirus. E anche in questo caso avrei da ridire, perché a me personalmente pare che assomigli ben poco alle ricostruzioni morfologiche che abbiamo dell’animale estinto, e molto di più agli animali apparsi nella serie de “Il trono di spade”.
D’altra parte la stessa Beth Shapiro, una delle responsabili del progetto, non sembra avere le idee ben chiare sul come identificare una specie visto che secondo lei basti che l’animale X “assomigli” e si “comporti in maniera simile” all’animale Y per essere considerato della stessa specie di Y. Parole sue eh, e che dicono molto dell’approccio che hanno alla questione.
Anche riguardo alle tecniche impiegate, che alcuni definiscono “avveniristiche” nel tentativo di difendere l’operato di Colossal, sostenendo che vadano nella direzione di far progredire la ricerca nel campo dell’ingegneria genetica, c’è da dire che si tratta di tecniche che sono ad oggi di routine in molti laboratori. In una live su Instagram di qualche sera fa, un ragazzo commentava appunto di aver usato CRISPR-Cas9 nel suo lavoro di tesi. Fate voi.
Ci sta che il grande pubblico non sia al corrente di questo, e si sa che gli scienziati non sono i migliori quando si tratta di marketing, ma a maggior ragione bisogna andarci coi piedi di piombo quando si leggono queste notizie. Perché basta un bel packaging per far sembrare come una svolta epocale, quello che da più di dieci anni si fa normalmente nei laboratori di tutto il mondo.
Un preprint che non parla di de-estinzione
C’è un altro livello a cui analizzare la vicenda: dove sono i dati? All’uscita della notizia, ai tanti che facevano questa domanda su X, Colossal rispose che sarebbe uscito un paper, inizialmente su bioarxiv (come spesso fa). Dopo circa una settimana quel paper è arrivato. Tanto per cominciare non parla di de-estinzione dell’Enocione, né di clonazione animale, né di modifiche genetiche, insomma non si parla di niente che riguardi il clamore mediatico che hanno alimentato recentemente.
Il paper in realtà è un semplice studio sulle differenze genomiche fra il lupo comune e l’Enocione, e nemmeno fatto troppo bene, tant’è che (come avevo ipotizzato negli scorsi video) si concentrano solo sui geni e non sulle sequenze non codificanti. Questo sembra fatto apposta per poter dire di aver trovato poche differenze, e relegano la possibilità che ce ne siano di più sostanziali nelle sequenze non codificanti a un mero accenno.
Spoiler: ad oggi sappiamo che la maggior parte delle modifiche genomiche e che spiegano l’evoluzione avvengono proprio nelle regioni non codificanti quindi aver sorvolato su tale aspetto mi sembra un errore fin troppo grossolano da giustificare come una semplice ingenuità.
Poi vabbè ci sono cose buffissime, tipo che fra gli autori c’è pure George R. R. Martin, ma solo in quanto finanziatore dello studio. E no, solitamente non si mette fra gli autori chi finanzia lo studio, se poi non prende parte agli esperimenti.
Infine, non è davvero un articolo, ma un pre-print. Per chi non fosse del mestiere, gli articoli scientifici prima di essere pubblicati devono essere valutati da una commissione di esperti della materia che valuta l’accuratezza dei metodi, che non ci siano frodi, etc. Questo processo è il famoso peer-review.
I preprint sono degli articoli, ospitati da piattaforme tipo bioarXiv, come in questo caso, che non sono ancora pubblicati su riviste scientifiche e quindi non sono ancora stati sottoposti a peer-review.
Che senso hanno allora, chiederete voi. In realtà un senso ce l’hanno, per esempio quando si hanno fra le mani dati scottanti e si vuole comunicare subito al mondo di esser giunti a quel risultato prima che lo faccia la concorrenza, in attesa del processo di pubblicazione, che di solito è molto lento.
Il problema è che ad oggi questo sistema viene abusato pesantemente e tantissimi studi farlocchi vengono pubblicati come preprint per donargli un’aura di autorevolezza, perché sembrano a tutti gli effetti articoli scientifici. Questi studi poi non c’è nessuna garanzia che superino il processo di peer-review o che vengano pubblicati da nessuna parte.
Insomma, anche questo secondo me qualcosa ci dice sulla faccenda.
La de-estinzione come mito culturale
Torniano alla deestinzione del metalupo: che cosa ce ne facciamo? Difficile a dirsi.
I più ottimisti, fra cui anche vari commentatori ai contenuti che ho riservato sulle mie pagine a questa notizia, sostengono che si tratti di ricerche volte a favorire e preservare la biodiversità. Che di nuovo mi pare a di poco azzardato. Perché se volessi preservare la biodiversità mi concentrerei sulle specie che OGGI sono a rischio di estinzione, che sono molte, e per alcune qualcosa ancora la possiamo fare.
Trovo comunque curiosa questa levata di scudi per difendere la creazione di quello che è di fatto un OGM, quando è da anni che si tenta di convincere l’opinione pubblica della bontà e dell’utilità di tantissimi OGM, come il mais BT o il golden rice, per dirne alcuni, che potrebbero aiutare a risolvere sia gravi problemi di denutrizione in alcune popolazioni umane, sia aiutare a ridurre l’impatto ambientale delle coltivazioni, che per l’appunto contribuiscono enormemente alla perdita di biodiversità. Qualcosa su cui riflettere.
Onestamente non mi vengono in mente applicazioni di questo tipo che possano aiutare a salvare gli animali dall’estinzione. Ma già mentre mi documentavo per parlare della notizia un sospetto l’ho avuto.
Un brutto sospetto.
Sospetto che si è concretizzato qualche giorno dopo, quando ho letto che l’amministrazione Trump si è detta molto soddisfatta dei risultati ottenuti da Colossal Biosciences, e che questi aprono la strada alla possibilità di rivedere e tagliare la lista degli animali a rischio di estinzione.
Ed eccolo là il succo della questione! Il perfetto alibi per giustificare le peggiori nefandezze. L’amministrazione Trump non ha mai fatto segreto di voler riprendere attività di deforestazione, trivellazione, e tante altre cose che sappiamo essere deleterie per l’ambiente e mettere in crisi la biodiversità e la conservazione degli habitat.
Con la de-estinzione hanno in mano una carta da potersi giocare contro chi si oppone a tali scellerate politiche in nome della difesa della Natura.
Ed è per questo che diventa ancora più importante capire che la de-estinzione, ad oggi, non è una strada percorribile, e che i claim di Colossal Biosciences sono solo polvere negli occhi. Anche perché, anche ammesso che de-estinguere una specie sia possibile, rimangono tantissimi nodi da sciogliere.
Se distruggi l’habitat in cui quella specie viveva, a poco servirebbe riportarla in vita.
Se anche riportassi in vita un animale, comunque sarebbe già andato perduto tutto l’insieme di caratteristiche etologiche, comportamenti e cultura, di quella specie.
E tutto ciò al netto del fatto che riportare in vita qualche esemplare non è sufficiente. Per sostenere una specie intera c’è bisogno di variabilità genica, e questa non può essere naturalmente presente in pochi individui, come i tre metalupi di Colossal Biosciences, e a maggior ragione se quegli individui li ottieni a partire da pochissime informazioni genomiche, come di nuovo nel caso del genoma ricostruito da Colossal a partire da appena due campioni.
Credo che in tutta questa storia ci sia una forte componente di umanità.
Come umani siamo irrimediabilmente affascinati e spaventati allo stesso tempo da ciò che è definitivo. E l’estinzione è una delle cose più definitive che esistano in Natura. Perché ricordiamolo, l’estinzione è un fenomeno per buona parte naturale. Il problema casomai è quando a causare le estinzioni è l’uomo, e lì allora una buona dose di responsabilità morale sarebbe il caso di caricarsela sulle spalle.
Forse il motivo per cui questa notizia ha avuto così presa sul grande pubblico è proprio perché colpisce l’immaginario collettivo andando a fare leva su questo nostro sentimento di sgomento di fronte all’ineluttabilità di alcuni eventi.
L’estinzione d’altra parte non è che l’estensione su larga scala della morte che a tutti attende. E non mi stupisce che l’idea di riportare in vita qualcosa che in realtà è andato per sempre rechi una certa dose di conforto.
Le debolezze umane sono comprensibili, però ritengo che se proprio dobbiamo concentrare i nostri sforzi dovremmo farlo sul preservare quello che abbiamo.
Come disse Albus Silente:
“Non provare pietà per i morti, Harry. Prova pietà per i vivi e soprattutto per coloro che vivono senza amore.”
Amore per la Natura, aggiungo io.
Immagine in apertura: Foto di due dei “metalupi” di Colossal, Romolo e Remo, all’età di tre mesi. Gli animali sono nati il 1/10/2024 via Businesswire

Francesco Cacciante è laureato in biologia molecolare. In seguito ha conseguito un dottorato in Neuroscienze alla Scuola Normale Superiore di Pisa. Infine un Master in Data Science. Il tutto per provare l’ebbrezza di essere troppo qualificato per il mondo del lavoro e al tempo stesso con troppa poca esperienza. Al posto di dormire, dedica il suo tempo libero alla divulgazione scientifica sul suo canale Youtube “A Caccia Di Scienza (AC/DS)”, sul quale racconta in modo accessibile a tutti argomenti di biologia e neuroscienze.