Nuove funzioni per vecchi geni

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I gruppo di geni che rende gli occhi dei moscerini della frutta (Drosophyla melanogaster) di colore rosso è anche responabile delle decorazioni del medesimo colore presenti sulle ali delle farfalle della specie Heliconius erato. Questi organismi, originari dell’America centrale e meridionale, sono famosi nel praticare una tipica forma di mimetismo, il mimetismo mulleriano, tramite il quale due o più specie […]

I gruppo di geni che rende gli occhi dei moscerini della frutta (Drosophyla melanogaster) di colore rosso è anche responabile delle decorazioni del medesimo colore presenti sulle ali delle farfalle della specie Heliconius erato. Questi organismi, originari dell’America centrale e meridionale, sono famosi nel praticare una tipica forma di mimetismo, il mimetismo mulleriano, tramite il quale due o più specie non commestibili tendono ad assomigliarsi in modo da essere evitate da potenziali predatori.

In particolare, per usare le parole del famoso biologo Sean B. Carroll nel suo libro “Infinite Forme Bellissime”: “il mimetismo si verifica tra diverse popolazioni geografiche di Heliconius. Specie diverse in una data regione geografica convergono verso uno schema decorativo delle ali simile, mentre diverse popolazioni geografiche di queste stesse specie possono avere schemi decorativi differenti. Per esempio, H. melpomene e H. erato si assomigliano in ciascuna area in Brasile, Ecuador e Perù, ma le diverse varietà geografiche di ciascuna specie hanno schemi decorativi diversi“.

Uno studio, condotto da entomologi della University of California di Irvine e pubblicato sulla rivista Proceedings of the Royal Society B, ha individuato i geni coinvolti in questa straordinaria capacità di adattamento e modificazione dei colori. Un trascritto codifica per un enzima che controlla la posizione e la sua eventuale modificazione durante lo sviluppo della banda colorata sulle ali anteriori di queste farfalle, mentre un altro determina il colore delle scaglie, le unità fondamentali dei disegni sulle ali. In particolare, quest’ultimo è quello che controlla il colore degli occhi di altri insetti.

Questo studio sottolinea come spesso l’evoluzione si avvalga degli stessi geni per dare origine a fenotipi differenti, semplicemente modificandone la funzione, piuttosto che creandone di nuovi grazie a mutazioni favorevoli. “…la natura – per concludere con le parole di S. B. Carroll – lavora più come uno stagnino, mettendo insieme ed assemblando materiale disponibile e apportando alla struttura continue modifiche e ritocchi nel corso degli eoni, e non come farebbe un ingegnere con un progetto predefinito e attrezzi specializzati. Questo vale anche a livello dei geni, dove troviamo gli stessi “vecchi” geni usati in modo diverso“.

Andrea Romano

La foto è tratta da Wikimedia Commons.