Omossessualità in natura

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I comportamenti omosessuali sono noti in numerose specie allo stato naturale e si possono ritrovare, oltre che nell’uomo, in numerosi gruppi animali, dai mammiferi agli uccelli, passando dagli anfibi e arrivando fino agli insetti e ai molluschi. La lista dei casi documentati è di oltre 1.500 specie, ma ogni anno il numero continua ad aumentare, a segnalare come l’omosessualità in […]

I comportamenti omosessuali sono noti in numerose specie allo stato naturale e si possono ritrovare, oltre che nell’uomo, in numerosi gruppi animali, dai mammiferi agli uccelli, passando dagli anfibi e arrivando fino agli insetti e ai molluschi. La lista dei casi documentati è di oltre 1.500 specie, ma ogni anno il numero continua ad aumentare, a segnalare come l’omosessualità in natura sia un fenomeno molto più comune di quanto si possa pensare.

A tal proposito, segnalo un’interessante review pubblicata sulla rivista Trends in Ecology & Evolution che porta la firma di due autorevoli ricercatori, Nathan W. Bailey e Marlene Zuk della University of California. Gli autori hanno affrontato questo aspetto dell’etologia animale da una prospettiva evolutiva, formulando alcune ipotesi sull’origine e il mantenimento in natura degli accoppiamenti tra individui dello stesso sesso. Nonostante non sia facile tracciare un comune denominatore per le diverse specie, spesso lontanamente imparentate tra loro, lo studio ha sottolineato come il comportamento omosessuale, nei differenti casi, possa essersi evoluto come conseguenza dell’azione della selezione naturale.

A seconda delle circostanze, gli accoppiamenti omosessuali, continuano Bailey e Zuk, potrebbero essersi evoluti come tattiche riproduttive alternative, come avviene in alcuni invertebrati, in cui un maschio ne “ingravida” un altro che dopo si accoppierà con una femmina, rilasciando così gli spermi di entrambi (questo avviene, ad esempio nel coleottero della farina Tribolium castaneum). Oppure, come documentato in alcune specie di cetacei sociali (in particolare nel genere Tursiops), per rinsaldare la coesione all’interno del gruppo o in modo tale da mediare i conflitti tra gli individui dei due sessi, fenomeno noto nei primati e perfino nel picchio Melanerpes formicivorous. O ancora, come segnalato in alcune specie di uccelli, la formazione di coppie femminili (nella specie di albatross Diomedea immutabilis, ad esempio, le coppie di questo tipo superano il 30% del totale!) sembrerebbe facilitare l’allevamento cooperativo della prole, con chiare e dirette conseguenze sul successo riproduttivo delle stesse.

Insomma, si è capito come la selezione naturale, in alcune circostanze, non agisca in modo da eliminare questo tipo di comportamento, che potrebbe risultare, contrariamente a quanto si possa pensare, adattativo. Ma alcune questioni, ad esempio quelle relative alla componente genetica dell’omosessualità, sono ancora da chiarire e sarà compito di future ricerche fornirne una convincente spiegazione.

Andrea Romano


N. W. Bailey, M. Zuk, Same-sex sexual behavior and evolution. Trends in Ecology & Evolution, June 16, 2009