Ontogenesi e Filogenesi – storia e destino dell’idea di ricapitolazione

ricapitolazione Haeckel Antropogenia

L’idea di ricapitolazione precede il darwinismo e in oltre due secoli si è evoluta molto. Ce ne parla lo zoologo Alessandro Minelli, già professore ordinario di zoologia all’Università di Padova

Questa breve storia inizia alcuni decenni prima della pubblicazione dell’Origine delle specie. Quindi, per il momento non si parla ancora di filogenesi.

Era il 1828 quando Karl Ernst von Baer, nel suo trattato di embriologia comparata dei vertebrati, riassumeva le tendenze principali nei cambiamenti di forma e di complessità che si manifestano nell’embrione durante le prime tappe dello sviluppo: metteva in evidenza l’emergere di caratteri generali prima di quelli speciali e la crescente divergenza della forma di un animale da quella degli altri animali. Negli stadi precoci, gli embrioni dei vertebrati più diversi si assomigliano molto tra loro, ma divergono sempre più negli stadi successivi. Un poco alla volta compaiono i caratteri che permettono di riconoscere a quale classe appartiene l’embrione (ad esempio, se è un pesce o un mammifero), poi i caratteri che rivelano la sua appartenenza a un determinato ordine, fino a giungere al momento in cui sono riconoscibili i segni identificativi della specie di appartenenza.

Nel 1857, ancora in un contesto pre-evoluzionistico, Louis Agassiz aggiungeva una nuova dimensione, suggerendo un triplice parallelismo che coinvolgeva, oltre al cambiamento ontogenetico e alla distanza tassonomica, anche l’età stratigrafica dei fossili (adulti) paragonabili alle forme attuali: si assomigliano sempre più, a misura che ci si avvicina ai nostri tempi.

La legge biogenetica fondamentale
Somiglianze tra i primi stadi di sviluppo di animali “più avanzati” e le forme adulte di animali “meno avanzati” furono suggerite da Johann Friedrich Meckel (1811, 1821) e da Étienne Serres (1824, 1842), ma questa corrispondenza trovò una prima formulazione esplicita e una discussione dettagliata solo in un contesto evoluzionistico, da parte di Ernst Haeckel (1866, 1872), che codificò questo principio come legge biogenetica fondamentale (biogenetisches Grundgesetz): l’ontogenesi, cioè lo sviluppo dell’individuo, ricapitola la filogenesi, intesa come successione evolutiva dei suoi antenati. Ciò significa che i discendenti attraversano stadi di sviluppo confrontabili con quelli dei loro antenati, ma in forma sempre più condensata, perché a questi stasi ne seguono sempre di nuovi, che si aggiungono nel segmento terminale dello sviluppo dell’individuo. In altre parole, gli stadi embrionali e giovanili sono ‘vecchi’, quelli prossimi alla maturità sono ‘nuovi’.

Espresso in questi termini, il principio della ricapitolazione era troppo rigido perché gli si potesse riconoscere validità universale. Delle eccezioni a questo principio era ben consapevole lo stesso Haeckel, che ne rubricava alcune sotto il termine di cenogenesi, altre invece come eterocronie. Cenogenesi è la comparsa, in uno stadio di sviluppo precoce di una specie più recente, di una struttura nuova, della quale cioè non vi era traccia negli antenati: classico esempio il dente dell’uovo, che permette a molti rettili di rompere in guscio al momento della schiusa. Si parla invece di eterocronia quando le tappe dello sviluppo di una specie più recente non si susseguono nell’ordine previsto dal principio della ricapitolazione.
Nel suo volumetto Für Darwin (Per Darwin), Fritz Müller (1864, p. 75) aveva già scritto che “I cambiamenti per cui discendenti si allontanano dagli individui che li hanno generati, e il cui graduale accumulo dà origine a nuove specie, generi e famiglie, possono verificarsi in età precoce o tardiva, nella fase giovanile o al momento della maturità sessuale. [1]Die Veränderungen, durch welche sich Junge von ihren Erzeugern entfernen und deren allmähliche Häu[f]ung die Entstehung neuer Arten, Gattungen, Familien veranlasst, können in früherem oder … Continue reading
Con il conforto delle estese ricerche sullo sviluppo embrionale e larvale di molti animali, tra cui molti e diversi invertebrati marini, condotte negli ultimi decenni dell‘Ottocento e all’inizio del secolo seguente, le affermazioni di questo tipo si fanno più insistenti. Ad esempio, “Tanto l’embrione che l’adulto sono stati soggetti alle forze che determinano l’evoluzione” [2]The embryo as well as the adult has been subject to the forces which determine evolution (McMurrich 1912, p. 169).


L’ontogenesi non ricapitola la filogenesi, ma la crea
Nel 1922 Walter Garstang dedicava un saggio proprio alla rivisitazione critica della legge biogenetica. Questo autore è passato alla storia come l’artefice del completo abbandono, da parte degli zoologi, della generalizzazione proposta da Haeckel, ma questo non risponde al vero, come ha dimostrato Holland (2011).

Garstang non respinse del tutto la legge biogenetica, ma ne propose una versione più ‘morbida’ e realistica, riconoscendo che, a volte, una ricapitolazione si verifica davvero. Questo avviene nei casi, non rari, in cui le strutture presenti in una fase più o meno precoce dello sviluppo costituiscono una sorta di impalcatura, necessaria per la corretta formazione di altre strutture nelle fasi successive. Per concludere, “l’ontogenesi non ricapitola la filogenesi, ma la crea” [3]Ontogeny does not recapitulate phylogeny: it creates it. (Garstang 1922, p. 82). Formulazione che corrisponde a quella offerta pochi anni prima da Whitman (1919, p. 178): “Filogenesi non è che un nome per indicare il susseguirsi lineare delle ontogenesi, visto in prospettiva storica.” [4]Phylogeny is but a name for the lineal sequences of ontogeny, viewed from the historical standpoint.
A cogliere l’interesse per uno studio approfondito dell’eterocronia fu Gavin de Beer (1930, 1940), che proprio in queste forme di cambiamento nei processi di sviluppo riconobbe una delle principali fonti delle novità evolutive. [5]Ecco un esempio delle conseguenze imprevedibili di una modesta eterocronia (Minelli 2007, pp. 202-3): “Giovanni e Luisa non si sono mai incontrati, anche se ogni mattina frequentano, tutti e due, … Continue reading
Un cambiamento descrivibile come eterocronia può riguardare il tempo di inizio di un processo ontogenetico (ad esempio, la formazione del cuore), che può essere anticipato o posticipato; il momento in cui finisce un processo ontogenetico, che può anche essere anticipato o ritardato; e la velocità con cui scorre un processo ontogenetico che può essere aumentata o diminuita. Nel mettere in evidenza la diversa natura dei cambiamenti che intercorrono fra la condizione iniziale e la condizione derivata, Alberch et al. (1979) riconosceranno sei diverse forme di eterocronia: anticipazione e ritardo, ipermorfosi e ipomorfosi, decelerazione e accelerazione.

Questo approccio tradizionale all’eterocronia (Gould 1977) si concentrava soprattutto sulle differenze nell’estensione e nella velocità di crescita e differenziazione delle strutture somatiche rispetto al raggiungimento della maturità sessuale, identificando così due grandi classi di modelli eterocronici: pedomorfosi (l’animale raggiunge la maturità sessuale conservando tratti somatici giovanili, rispetto ai suoi antenati immediati e/o ai suoi parenti più stretti) e peramorfosi (la maturazione è ritardata, mentre il periodo di crescita è prolungato).

La modularità dello sviluppo
La ricerca attuale si concentra invece sui cambiamenti nell’ordine con cui i diversi eventi e processi di sviluppo si susseguono all’interno della sequenza ontogenetica (sequence heterochrony; Smith 1997; Velhagen 1997). All’interno di un organismo in via di sviluppo, singole parti del corpo possono essere dotate di un certo grado di indipendenza. Ciò è particolarmente evidente, ad esempio, nel caso della rigenerazione di parti del corpo perse, ad esempio la coda di una lucertola. L’intero organismo può forse essere descritto come un sistema di moduli locali dotati di un certo grado di autonomia nel corso dello sviluppo, moduli che secondo Wagner (1989) possono corrispondere alle unità strutturali che la morfologia riconosce come comparabili in termini di omologia.

La modularità dello sviluppo è considerata da Arthur (2000, 2002) come una precondizione che consente un importante insieme di cambiamenti evolutivi che possono risultare da una piccola messa a punto di un processo di sviluppo. Accanto all’eterocronia, Arthur riconosce altri due tipi di riorganizzazione modulare, l’eterotopia e l’eterometria, che implicano rispettivamente modificazioni negli aspetti posizionali e quantitativi della produzione ontogenetica delle singole parti del corpo.

L’eterometria è un cambiamento nel rapporto tra le dimensioni tra le diverse parti del corpo. Un esempio estremo è offerto dalla femmina del nematode Sphaerularia bombi. In questo minuscolo verme parassita, il sistema riproduttivo maturo è mostruosamente ipertrofico, fino a diventare molto più grande del verme stesso e, in seguito a prolasso, continua a crescere al di fuori del corpo del verme, fino a quando quest’ultimo si riduce a una minuscola appendice dei suoi stessi organi riproduttivi (Poinar e van der Laan 1972).

L’eterotopia è il cambiamento ontogenetico o evolutivo nella localizzazione spaziale di una singola parte del corpo all’interno dell’architettura corporea complessiva. Un esempio è offerto dai pesci piatti: nelle prime fasi dello sviluppo, questi hanno una normale simmetria bilaterale, ma alla fine uno degli occhi si sposta sulla parte opposta della testa, mentre l’intero corpo diventa asimmetrico.

Lo stadio filotipico Fra i molti contributi della moderna biologia evoluzionistica dello sviluppo vi è anche la scoperta che lo stadio meglio conservato, potenzialmente suggestivo di un antenato comune più remoto, non è l’uovo ma uno stadio multicellulare più avanzato (lo stadio filotipico; Sander 1983; Slack et al. 1993). Muovendo dallo stadio dell’uovo (zigote), embrioni di specie diverse di un dato phylum (es. vertebrati) tendono ad assomigliarsi sempre più fra di loro, fino allo stadio filotipico in cui la loro somiglianza è massima, e solo da questo stadio in poi divergeranno secondo il popolare modello descritto da von Baer. L’intero andamento temporale è stato paragonato a una clessidra, di cui lo stadio filotipico corrisponderebbe al punto più stretto (Duboule 1994).

Immagine: embrioni di mammiferi a confronto in Antropogenia, di Ernst Haeckel, prima traduzione italiana fatta sulla quarta edizione tedesca a cura di Daniele Rosa (1895)

Note

Note
1 Die Veränderungen, durch welche sich Junge von ihren Erzeugern entfernen und deren allmähliche Häu[f]ung die Entstehung neuer Arten, Gattungen, Familien veranlasst, können in früherem oder späterem Lebensalter auftreten, in der Jugend oder zur Zeit der Geschlechtsreife
2 The embryo as well as the adult has been subject to the forces which determine evolution
3 Ontogeny does not recapitulate phylogeny: it creates it.
4 Phylogeny is but a name for the lineal sequences of ontogeny, viewed from the historical standpoint.
5 Ecco un esempio delle conseguenze imprevedibili di una modesta eterocronia (Minelli 2007, pp. 202-3): “Giovanni e Luisa non si sono mai incontrati, anche se ogni mattina frequentano, tutti e due, il «Caffè Moderno» in piazza della Repubblica. Non si sono mai incontrati perché Giovanni deve essere in ufficio alle 8.30 e passa a prendersi un caffè attorno alle 8.15, mentre il negozio dove lavora Luisa apre alle 9 e per lei l’ora del caffè è attorno alle 8.40. Ma un giorno Luisa deve trovarsi al lavoro mezz’ora prima del solito, per dare una mano a rinnovare la vetrina. Entra al «Caffè Moderno» verso le 8.10. Non conosce nessuno, non ci sono gli avventori che di solito incontra nel locale. Cinque minuti dopo, quando sta per uscire, incrocia Giovanni che sta entrando, puntuale come sempre, alle 8.15. Lei esce, lui domanda al barista dove lavora la bella ragazza che è appena uscita. Se Giovanni si farà vedere, nei prossimi giorni, dalle parti del negozio di Luisa, sarà colpa (o merito) di una tazzina eterocronica di caffè.”