Perché è così difficile ricostruire la storia evolutiva dei cactus giganti
La corretta ricostruzione della genealogia dei cactus si è rivelata insolitamente difficile rispetto a quella di molte altre famiglie di piante. Un nuovo studio basato sul sequenziamento massivo dei genomi di cinque specie di cactus colonnari, tra i quali il saguaro, evidenzia i motivi di tanta complessità
Le Cactaceae hanno subìto radiazioni adattative su scala continentale nelle Americhe. Possono sopravvivere in aridi deserti, nelle steppe alpine così come nelle foreste tropicali, e mostrano una notevole varietà di forme, che vanno da piccoli “bottoni”, quasi sotterranei a gigantesche forme colonnari o a candelabri, fino forme epifite ed arbusti con le foglie verde. La classificazione tassonomica delle specie di questa famiglia è insolitamente insidiosa e c’è talmente tanto disaccordo tra i biologi che il numero di generi riconosciuti in letteratura varia da 20 a 233 generi, e la classificazione sopra il livello di genere è ugualmente problematica. Queste difficoltà sono state in parte attribuite all’alto grado di convergenza ed evoluzione parallela che sembra esserci tra molte le specie di questa peculiare famiglia di piante.
La presenza in due o più specie di una stessa modificazione intervenuta in un carattere (morfologico, genetico, biochimico) nel corso dell’evoluzione, in seguito a fenomeni di convergenza evolutiva o di parallelismo, e non per comune derivazione filogenetica, prende il nome di omoplasia ed è un fenomeno molto diffuso in natura (Pikaia ne ha parlato qui e qui per esempio) e a volte, come nel caso dei cactus, può ostacolare la corretta ricostruzione delle relazioni filogenetiche tra le specie, suggerendo parentele che sono solo apparenti.
Per quantificare l’effettivo grado di omoplasia esistente tra le specie e ricostruire i rapporti filogenetici che sussistono tra esse, una equipe internazionale di biologi, capeggiati da ricercatori dell’Università dell’Arizona, ha sequenziato il genoma di cinque specie appartenenti alla tribù delle Pachycereeae, che contiene la maggior parte dei grandi cactus a colonna che si trovano in Messico e delle aree adiacenti, tra cui l’iconico cactus del Saguaro (Carnegiea gigantea) del deserto di Sonora. I risultati, pubblicati recentemente su PNAS hanno riservato delle sorprese.
Utilizzando i dati provenienti dal sequenziamento dei genomi delle cinque specie di cactus, i ricercatori hanno allineato più di 4000 geni ortologhi condivisi da tutte le specie e per ciascun gene hanno generato un albero filogenetico. Successivamente hanno comparato un sub set di tutti gli alberi ottenuti dai singoli geni con un albero filogenetico delle cinque specie ottenuto utilizzando un allineamento che tenesse conto simultaneamente di più loci genetici. Attraverso questa analisi hanno potuto evidenziare quali fossero i geni che mostravano un pattern di variazione coerente con quello multi-locus e quali invece mostravano una discordanza.
I ricercatori hanno evidenziato che fino al 58% delle somiglianze tra le specie di cactus che prima erano attribuite all’omoplasia dipendevano invece dalla discordanza gli alberi filogenetici ottenuti dai singoli geni con l’albero multi-locus, ed erano causati da un altro fenomeno chiamato emiplasia. L’emiplasia è una condizione che si verifica quando alcune specie conservano un polimorfismo tipico delle specie ancestrali mentre altre lo perdono. Queste differenze vengono poi trasmesse ai discendenti creando uno schema di variazione che può somigliare a quello creato dalla convergenza evolutiva. L’emiplasia infatti può mimare l’omoplasia perchè fa sembrare che alcune mutazioni si sono verificate più volte in modo indipendente a causa dell’evoluzione convergente.
Così nei cactus, alcune caratteristiche condivise dalle specie, come i fusti succulenti, derivavano da geni antichi che erano stati conservati da alcune specie ma persi da altre. Ciò che sembrava un’evoluzione parallela, con alcune specie che acquisivano nuovi geni e nuove funzioni, era in realtà solo la perdita di geni in tutte le altre specie. La connessione tra l’apparente convergenza evolutiva di alcuni tratti e lo schema di variazione genomica derivante dall’emiplasia sembra interessare i tratti che sono determinati da singoli geni come quelli che coinvolgono la funzione o la regolazione di un singolo enzima: come per esempio gli enzimi che sintetizzano i pigmenti floreali o composti difensivi nelle piante.
Nei cactus l’effetto dell’emiplasia sembra essere è particolarmente rilevante anche a causa dei lunghi tempi di generazione di molte specie (il saguaro per esempio può vivere 150 anni o più) rendendo difficile comprendere le relazioni tra le specie anche con informazioni genomiche complete.
Riferimenti
Copetti et al., Extensive gene tree discordance and hemiplasy shaped the genomes of North American columnar cacti, PNAS, Novembre 7, 2017 vol. 114 no. 45 doi: 10.1073/pnas.1706367114
Immagine: Pachycereus pringlei (Cactus Saguero) licenza di pubblico dominio (di Stephen Marlett) via Wikimedia Commons.