Quando vale la pena barare?

Uno studio decennale effettuato sulle abitudini riproduttive del cuculo tropicale Crotophaga major (noto anche come “ani maggiore”) ha permesso di discernere le motivazioni che stanno alla base della decisione di comportarsi da “cooperatori” oppure da “parassiti”

In circa 250 specie di uccelli (ma anche in alcuni insetti), esiste una particolare strategia riproduttiva definita “parassitismo conspecifico della nidiata”: una femmina adulta depone le proprie uova nel nido di un’altra femmina della stessa specie, lasciando a quest’ultima tutte le spese energetiche delle cure parentali. Ciò che ci si è sempre chiesti è cosa possa spingere solo certi individui della popolazione a scegliere di prendersi cura della propria prole, mentre altri preferiscono invece darsi al parassitismo.

Il longevo cuculo tropicale Crotophaga major si configura come uno straordinario sistema naturale per cercare di trovare una risposta a tale quesito. Gli individui di questa specie costruiscono dei nidi comuni, dividendo in tal modo i costi delle cure parentali. Due o tre soggetti geneticamente non legati depongono approssimativamente lo stesso numero di uova nel nido comune e, insieme, garantiscono una più efficacie protezione dello stesso da potenziali predatori. Tuttavia, dal 10% al 30% dei nidi sono vittime di parassiti di nidiata.

Un recente studio pubblicato su Nature, basandosi su dati raccolti per ben 10 anni (2007-2017) su una popolazione di C. major a Panama, ha permesso di seguire il destino di ben 1776 uova deposte da 210 femmine in 240 covate, così da calcolare i costi e i benefici delle due strategie – “cooperazione” e “parassitismo” – e dunque delucidare le motivazioni che spingono certe femmine a scegliere l’una o l’altra.

Solitamente, per spiegare l’esistenza del parassitismo conspecifico di nidiata sono state avanzate tre ipotesi: la prima vede questa strategia come una sorta di “mossa disperata”, l’ultima spiaggia, messa in atto da una femmina soltanto quando il suo nido è stato distrutto; la seconda ipotesi, invece, vede nel parassitismo un vero e proprio carattere della popolazione: certi individui sono geneticamente cooperatori, mentre altri sono geneticamente parassiti (ipotesi del polimorfismo); la terza ipotesi considera la strategia parassitica come un plus, messa in atto dalle femmine al fine di aumentare la propria fitness rispetto a quella di femmine completamente cooperatrici.

Le tre ipotesi conducono a previsioni diverse per quanto riguarda il successo riproduttivo (o fitness) degli individui: nel primo caso (mossa disperata), la fitness dei parassiti deve essere minore di quella dei cooperatori, perché, oltre ad avere speso energie per aver costruito un nido che poi è stato distrutto, le uova dei parassiti sono spesso riconosciute dai proprietari legittimi del nido e distrutte prima che possano completare il loro sviluppo. Nel secondo caso (polimorfismo), le frequenze relativa di cooperatori e parassiti nella popolazione deve raggiungere un equilibrio tale per cui le fitness di entrambe le categorie siano approssimativamente uguali. Infine, la terza ipotesi (plus) implica necessariamente che i parassiti abbiano un vantaggio riproduttivo rispetto ai cooperatori.

In realtà, nella popolazione di studio gli individui non erano mai “completamente parassiti”, ma si distribuivano in due categorie: “completamente cooperatori” o “strategia mista”. Le femmine che tendevano a optare per il parassitismo, si è scoperto, erano, nella stragrande maggioranza dei casi, le stesse che nella stagione riproduttiva in corso avevano subito la distruzione dei loro nidi. A dimostrazione di ciò, si è evidenziato che la probabilità di un nido di essere vittima di un parassita aumentava con la vicinanza ai nidi distrutti.

La strategia da parassita di nidiata, dunque, pare essere una tattica condizionale, più vicina alla mossa disperata: quando una femmina si vede privata del proprio nido, è molto probabile che si diriga verso i nidi vicini, deponendo le sue uova lì, con la “speranza” che i proprietari non se ne accorgano e che quindi accudiscano la sua prole come se fosse loro.

In realtà, non tutte le femmine il cui nido era stato distrutto attuavano questa strategia: altre, infatti, non deponevano alcun uovo e aspettavano semplicemente la stagione riproduttiva successiva. Altro fatto interessante è che, se una femmina intraprendeva la strada del parassitismo, allora era molto più probabile che, negli anni successivi, la riscegliesse nuovamente – si parla in questo caso di “ripetibilità individuale”. La stessa osservazione vale anche per le cooperatrici: anch’esse, infatti, mantenevano una certa coerenza nella scelta della strategia riproduttiva per il resto della loro vita. Sebbene ancora non esistano delle prove empiriche sufficientemente robuste, da queste misurazioni è possibile ipotizzare che la tendenza a scegliere una strategia puramente cooperativa o una mista abbia una certa dose di ereditarietà – il che, ovviamente, rimanda anche alla seconda ipotesi, quella del polimorfismo, che vede le tue tattiche comportamentali come caratteri geneticamente codificati e distribuiti nella popolazione con specifiche frequenze.

In conclusione, nelle popolazioni di ani maggiore la pressione selettiva imposta dal rischio di predazione ha sfavorito la nidificazione indipendente e ha invece favorito quella comune. Come si sa da tempo, in contesti cooperativi del genere è quasi inevitabile che evolvano delle strategie parassite, che ne sfruttano i vantaggi, senza pagarne i costi. Adesso si sa che, almeno in questa specie di cuculo tropicale, la scelta della tattica migliore da adottare dipende, sì, dalle condizioni ambientali, ma che la tendenza di certi individui a scegliere una via oppure l’altra può avere una preponderante componente genetica.

Bibliografia:
Christina Riehl, Meghan J. Strong. Social parasitism as an alternative reproductive tactic in a cooperatively breeding cuckoo, Nature. 567, 96–99 (2019)

Immagine: Arthur Chapman [CC BY 2.0], via Wikimedia Commons