Quel coccodrillo che sembrava un gatto
Tutti gli odierni coccodrilli (Ordine Crocodylia), ad esclusione delle dimensioni corporee molto variabili, hanno aspetto e abitudini molto simili tra loro. Sono infatti tutti temibili predatori acquatici con il corpo allungato rivestito di spesse scaglie e una testa di forma triangolare con possenti denti con cui divorano le proprie prede. Circa 100 milioni di anni fa, quando le terre emerse […]
Tutti gli odierni coccodrilli (Ordine Crocodylia), ad esclusione delle dimensioni corporee molto variabili, hanno aspetto e abitudini molto simili tra loro. Sono infatti tutti temibili predatori acquatici con il corpo allungato rivestito di spesse scaglie e una testa di forma triangolare con possenti denti con cui divorano le proprie prede. Circa 100 milioni di anni fa, quando le terre emerse erano disposte a formare i due supercontinenti Laurasia e Gondwana, i membri di questo ordine di rettili presentavano invece morfologie e adattamenti molto differenti, che li rendevano in grado di occupare nicchie ecologiche molto diversificate.
Un esempio di questo giunge dalle pagine di Nature, in cui viene descritto Pakasuchus kapilimai, un coccodrilliforme molto diverso dalle forme attuali che visse circa 100 milioni di anni fa nell’attuale Tanzania. Innanzitutto, questa nuova specie presentava dimensioni ridotte, in quanto poteva raggiungere una lunghezza massima di 50 centimetri. Pakasuchus kapilimai aveva le narici situate nella regione frontale della testa ad indicare che probabilmente questo organismo viveva sulle terre emerse e non, come le specie attuali in acqua. Le narici degli odierni coccodrilli, infatti, si trovano sulla parte superiore del muso, in modo tale da consentire la respirazione mentre sono parzialmente sommersi.
Anche la forma del cranio è molto differente da quelle attuali, in quanto risulta molto meno allungato, più simile a quello di un gatto. Proprio a questa caratteristica, infatti, deve il suo nome: la parola “paka” significa proprio “gatto” nella lingua Kiswahili, tipica della regione della Tanzania in cui è avvenuto il ritrovamento (mentre “souchos” in greco significa coccodrillo). Pakasuchus (il gatto-coccodrillo) non presentava, inoltre, denti della medesima forma conica come i coccodrilli, ma era marcatamente eterodonte, con alcuni denti molto simili molari dei mammiferi.
Nel complesso, la sua anatomia indica un agile cacciatore terrestre di insetti e altre piccole prede, con lunghe zampe, ricoperto interamente da scaglie sottili ad eccezione della coda che era meglio protetta.
Oltre a Pakasuchus kapilimai sono noti altri piccoli coccodrilliformi terrestri nel Cretaceo: probabilmente, concludono i ricercatori, ne Gondwana questi organismi sfruttavano le nicchie ecologiche che nell’emisfero boreale erano occupate dai mammiferi. Solo successivamente, in seguito all’estinzione dei dinosauri, i mammiferi ebbero la possibilità di proliferare e competere, prevalendo, con i coccodrilliformi, che nei milioni di anni successivi furono rilegati agli ambienti acquatici.
Andrea Romano
Riferimenti:
Patrick M. O’Connor, Joseph J. W. Sertich, Nancy J. Stevens, Eric M. Roberts, Michael D. Gottfried, Tobin L. Hieronymus, Zubair A. Jinnah, Ryan Ridgely, Sifa E. Ngasala, Jesuit Temba, The evolution of mammal-like crocodyliforms in the Cretaceous Period of Gondwana, Nature 466, 748-751, doi:10.1038/nature09061
Ecologo e docente di Etologia e Comportamento Animale presso il Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali dell’Università di Milano. Ha scritto di animali ed evoluzione su Le Scienze, Mente e Cervello, Oggiscienza e Focus D&R . Collabora con Pikaia, di cui è stato caporedattore dal lontano 2007 al 2020.