Regolazione trascrizionale vs. post-trascrizionale: robustezza ed evolvibilità
Una ricerca basata sulle mappe genotipo-fenotipo fornisce motivi alla più ampia diffusione della regolazione genica trascrizionale rispetto alla post-trascrizionale, mostrandone la maggior potenzialità evolutiva, a fronte di analoga robustezza
Benché dotate tutte dello stesso insieme di istruzioni, contenute nel genoma, le cellule della maggior parte degli organismi pluricellulari mostrano una sorprendente differenziazione. Ciò è dovuto alla regolazione genica, che permette a una cellula di esprimere un determinato gruppo di geni in un contesto e di silenziarne altri.
Giacché la procedura che porta dal DNA alla proteina è lunga e complessa, la regolazione genica può manifestarsi a vari livelli, dalla accessibilità della cromatina fino alle modificazioni che la proteina subisce dopo la traduzione. Una gran parte di questa regolazione è eseguita da proteine che si legano a specifiche sequenze degli acidi nucleici; in particolare si parla di regolazione trascrizionale per quella effettuata attraverso proteine dette fattori di trascrizione, che si legano a brevi sequenze di DNA, attivando o bloccando la RNA polimerasi al sito d’inizio della trascrizione; mentre la regolazione post-trascrizionale è quella attuata sulla molecola di RNA messaggero da altre proteine, che ad esso si legano, regolandone maturazione, trasporto, traduzione e infine degradazione. Le interazioni tra i siti di legame dell’acido nucleico e le proteine regolatorie loro affini sono, perciò, fondamentali per la regolazione dell’espressione genica.
Attualmente si conoscono molti più adattamenti evolutivi in cui è coinvolta la regolazione trascrizionale rispetto a quella post-trascrizionale. Ci si è domandati se la differenza sia dovuta soltanto al fatto che la prima forma di regolazione è stata maggiormente indagata; uno studio pubblicato su PNAS ha cercato di fornire una risposta. Allo scopo, i ricercatori hanno studiato 172 proteine (tra fattori di trascrizione e proteine leganti RNA), 109 della specie Homo sapiens e le restanti di Drosophila melanogaster. La scelta di queste due specie non è casuale: sono quelle per cui esiste la maggior quantità di dati utili per lo studio.
Gli studiosi hanno indagato, per entrambi i meccanismi di regolazione, due caratteristiche: la robustezza dei siti di legame e la loro evolvibilità. Per robustezza s’intende la probabilità che una mutazione in un certo sito dell’acido nucleico lasci intatto il legame; per evolvibilità, ovvero potenzialità evolutiva, s’intende la probabilità che la mutazione possa portare invece a legare nuove proteine, il che può cambiare il livello, il tempismo e la modalità dell’espressione genica.
Le mutazioni che affliggono la regolazione dell’espressione genica sono spesso deleterie, dando luogo a numerosi disturbi. Ad esempio, l’atrofia muscolare spinale, una malattia neurodegenerativa pediatrica, è provocata da una mutazione puntuale che impedisce il legame di una proteina alla molecola RNA, causando un anomalo processo di splicing (taglio degli introni e saldatura della molecola di RNA messaggero per renderla utilizzabile). E’ dunque importante che le interazioni tra proteine e nucleotide siano robuste, e dunque resistenti alla mutazione. D’altronde, le modifiche nella regolazione dell’espressione genica possono anche essere adattive e guidare il cambiamento evolutivo. Ad esempio, mutazioni di un singolo nucleotide nei siti di legame dei fattori di trascrizione che regolano l’espressione genica della rodopsina nella Drosophila hanno dato luogo a specifici sottoinsiemi di recettori, facilitando la discriminazione di un ampio spettro di stimoli ottici; il che ha probabilmente fornito un vantaggio selettivo al moscerino.
Ma come operazionalizzare i due concetti di robustezza ed evolvibilità? I ricercatori hanno usato uno strumento di grande utilità nelle scienze biologiche, cioè le mappe genotipo-fenotipo. Immaginiamo uno spazio in cui siano contenuti tutti i genotipi possibili delle sequenze nucleotidiche che ci interessa studiare; nel nostro caso, le sequenze di DNA o RNA in grado di legare le proteine regolatorie. Un genotipo è un puntino in tale spazio; connettiamo poi i genotipi che hanno lo stesso fenotipo, cioè che legano la stessa proteina; in questo modo si crea nello spazio dei genotipi una rete. La linea che collega due genotipi rappresenta la mutazione che distingue le due sequenze; linea breve se la mutazione è puntiforme, più lunga in proporzione alla differenza tra le sequenze. Ripetendo lo stesso procedimento per tutti i fenotipi esistenti nello spazio considerato, si creano tante reti nello spazio dei genotipi. Se una rete è grande, cioè ricca di punti e linee, significa che un gran numero di mutazioni porta allo stesso fenotipo, dunque quel sito di legame è robusto. Quanto più le reti sono vicine una all’altra nello spazio dei genotipi, cioè sono separate da un basso numero di mutazioni, tanto più queste ultime possono portare a una rete con fenotipo diverso; quindi maggiore è la potenzialità evolutiva.
Nel caso in oggetto, gli studiosi hanno costruito due mappe, una per la regolazione trascrizionale, l’altra per quella post-trascrizionale. Il loro esame ha mostrato che, mentre la dimensione media delle reti è uguale nelle due mappe, garantendo analoga robustezza alle due forme di regolazione, le reti genotipo dei fattori di trascrizione sono più vicine tra loro di quanto lo siano le altre, cioè sono separate da un minor numero di mutazioni e tendono a mostrare un maggior numero di sovrapposizioni (cioè sequenze che possono legare più proteine diverse).
Gli studiosi hanno concluso dunque che la regolazione trascrizionale reca un vantaggio evolutivo intrinseco, giacché mutazioni a suo carico portano spesso a nuove forme di regolazione; mentre le mutazioni della regolazione post-trascrizionale creano con minor probabilità interazioni di una molecola RNA con una nuova proteina. In breve, la regolazione trascrizionale è più adatta a evolversi rispetto alla post-trascrizionale; per questo motivo sarebbe così diffusa nel mondo vivente. Questi risultati sono concordanti con gli elevati livelli di conservazione osservati per le proteine che legano RNA e le loro molecole bersaglio; e di contro con l’elevata plasticità evolutiva delle regioni regolatorie cui si legano i fattori di trascrizione.
Gli autori hanno considerato nello studio tutte le sequenze DNA e RNA in grado di effettuare il legame, ma hanno poi verificato la bontà delle loro conclusioni anche tenendo conto che, in vivo, non tutti i tipi di mutazione sono ugualmente probabili, e non tutte le sequenze DNA e RNA sono usate per la regolazione genica. I dati del “1000 Genomes Project” relativi alla variazione genetica dei siti di legame nella popolazione umana hanno confermato i risultati.
La ricerca presenta alcune limitazioni, tra cui il basso numero di proteine regolatorie studiate rispetto al totale di quelle esistenti; tuttavia quelle prese in esame sono relative a diversi domini di legame, suggerendo che i risultati siano generalizzabili; l’inclusione di un maggior numero di proteine in future ricerche potrà avvalorare o meno l’ipotesi.
Riferimenti
Joshua L. Payne, Fahad Khalid, Andreas Wagner. RNA-mediated gene regulation is less evolvable than transcriptional regulation. Proceedings of the National Academy of Sciences, 2018; 115 (15): http://www.pnas.org/content/115/15/E3481
Immagine: Protein ADAR PDB. Una proteina che si lega a RNA. Autore: Emw. Licenza: CC BY-SA 3.0