Rinvenuti i resti di Homo sapiens più antichi d’Europa

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Due crani fossili ritrovati in Grecia mettono in luce l’importanza dei processi demografici che hanno caratterizzato l’evoluzione umana del Pleistocene e la presenza umana moderna nel sud-est europeo. Le analisi dei supporterebbero l’ipotesi della dispersione multipla dei primi umani moderni dall’Africa, e, nel caso di un cranio, retrodaterebbero la comparsa in Europa del primo dell’uomo anatomicamente moderno di circa 150.000 anni


Gli studiosi considerano l’Europa sud orientale come un importante corridoio di dispersione e, allo stesso tempo, uno dei principali rifugi dagli sconfinati ghiacciai del Pleistocene medio. Per questi motivi, la documentazione fossile umana di questa regione sembra essere la più diversificata rispetto a quella delle aree meno ospitali e più isolate dell’Europa, riflettendo la complessità delle ripetute migrazioni e la mescolanza dei diversi gruppi umani. Un’ipotesi questa, molto difficile da verificare a causa della relativa scarsità di reperti paleoantropologici rinvenuti nella zona dei Balcani. Per questo motivo i crani fossili, rinvenuti nella grotta di Apidima, nel sud della Grecia, sono tra i più importanti mai scoperti in questa regione.

Rinvenuti nel 1978, durante le ricerche promosse dal Museo di Antropologia della Scuola di Medicina dell’Università di Atene, i frammenti dei due crani, (un singolo frammento identificato come Apidima1 e l’altro cranio quasi completo, denominato Apidima2), spuntavano da un blocco di breccia delle pareti della grotta di Apidima. A causa della mancanza di un contesto archeologico associato e di varie distorsioni tafonomiche, dare loro una identità precisa è stato tutt’altro che facile. Anche i primi tentativi di datare il sito con tecniche radiometriche non sono stati soddisfacenti. Studi geomorfologici suggeriscono che la deposizione della “breccia cranica” sia avvenuta nel tardo Medio Pleistocene.

Oggi un gruppo di scienziati dell’Università di Tubinga in Germania, contattati dai ricercatori del Museo di Atene, hanno nuovamente analizzato i fossili di Apidima con tecniche più moderne, giungendo a conclusioni tanto interessanti quanto inaspettate. Le analisi descritte nello studio pubblicato su Nature, effettuate attraverso tecniche di ricostruzione virtuale, descrizioni comparative e misurazioni radiometriche, hanno consentito agli scienziati di concludere che uno dei due crani, il frammento Apidima1, datato più di 210.000 anni fa (210 Ka), mostra un misto di caratteristiche moderne e primitive, mentre Apidima2, datato più di 170.000 anni fa (170 Ka), esibisce caratteristiche tipiche di Neanderthal. Questi risultati suggeriscono che in questo sito erano presenti due gruppi umani del tardo Medio Pleistocene, una popolazione probabilmente di Homo sapiens e un’altra probabilmente di Neanderthal.

Attraverso la datazione radiometrica della matrice ottenuta dalla pulizia dei campioni, i ricercatori hanno dimostrato che entrambi i crani sono più antichi della matrice, la cui solidificazione è avvenuta circa 150 Ka. Nonostante la loro vicinanza, i due crani si sono depositati in ambienti completamente diversi. Apidima1 intorno a 210 Ka, mentre Apidima2 intorno a 170 Ka, per trovarsi poi nella posizione finale, prima della cementazione e solidificazione sedimentaria avvenuta 150 Ka. Successivamente, i crani sono stati ricostruiti virtualmente per poi essere confrontati con una serie di crani appartenenti a H. sapiens e Neanderthal.

Le analisi e le misurazioni della forma del viso e del neurocranio di Apidima2 sono in linea con le caratteristiche di un individuo appartenente alla popolazione dei Neanderthal. Al contrario, Apidima1 mostra un cranio posteriore arrotondato, caratteristica tipica, diagnostica, dell’uomo moderno. Questi risultati supportano l’ipotesi di più dispersioni senza successo (Pikaia ne ha parlato qui) dei primi umani moderni fuori dall’Africa, e mettono in risalto i processi demografici che hanno caratterizzato l’evoluzione umana del Pleistocene nel sudest europeo. Sebbene i risultai di questo studio non trovino consenso unanime all’interno della comunità scientifica, se la datazione di Apidima1 fosse confermata, retrodaterebbe la comparsa del primo Homo sapiens anatomicamente moderno in Europa di circa 150 000 anni.


Riferimenti:
K.Harvati et al. Apidima Cave fossils provide earliest evidence of Homo sapiens in Eurasia. Nature, 2019

Immagine credit: Katerina Harvati, Eberhard Karls/University of Tübingen