Rivive il genoma delle prime popolazioni della Groenlandia
La rivista Nature dedica la copertina e alcuni articoli dell’ultimo numero alla ricostruzione del genoma di un uomo vissuto circa 4.000 anni fa in Groenlandia. La notizia è molto importante perchè si tratta della prima volta in cui viene estratta e sequenziata la quasi totalità del DNA nucleare a partire da alcuni frammenti ossei e capelli, conservatisi per millenni nei […]
La rivista Nature dedica la copertina e alcuni articoli dell’ultimo numero alla ricostruzione del genoma di un uomo vissuto circa 4.000 anni fa in Groenlandia. La notizia è molto importante perchè si tratta della prima volta in cui viene estratta e sequenziata la quasi totalità del DNA nucleare a partire da alcuni frammenti ossei e capelli, conservatisi per millenni nei ghiacci.
Gli autori della ricostruzione sono biologi dell’Università di Copenaghen, guidati da Eske Willerslev e Morten Rasmussen, già artefici negli scorsi anni di simili ricerche che riguardavano il DNA mitocondriale di mammuth e di Homo sapiens. Con il presente studio, i ricercatori hanno ricostruito con un buona precisione circa l’80% del patrimonio genetico di Inuk (che significa “uomo” nella lingua parlata in Groenlandia), così è stato battezzato l’individuo di cui sono stati ritrovati i resti, e ne hanno individuato le caratteristiche fisiche e biochimiche. Grazie all’identificazione di 353.151 polimorfismi a singolo nucleotide o SNPS (variazioni a livello di una sequenza di acidi nucleici tra individui della stessa specie, caratterizzate da una differenza a livello di un unico nucleotide), di cui il 6,8% finora mai registrati nella nostra specie, la procedura ha consentito di scoprire alcuni particolari di Inuk: era interessato da una leggera calvizie, presentava occhi castani, pelle scura e grossi incisivi, nelle sue vene scorreva sangue del gruppo A+ ed era ben adattato alle basse temperature tipiche della regione artica. Nell’immagine in alto, tratta dall’articolo originale, è possibile vedere la ricostruzione del volto di questo individuo.
Dal confronto delle sequenze di DNA di Inuk e quello di alcune popolazioni odierne è stato inoltre possibile ottenere alcune importanti informazioni riguardo il popolamento delle Americhe. Il genoma degli abitanti della Groenlandia di 4.000 anni fa presenta, infatti, molte più affinità con quello degli odierni siberiani piuttosto che con il DNA dei nativi americani, Inuit compresi. E’ dunque probabile, sostengono i ricercatori, che il popolamento della Groenlandia sia avvenuto in seguito ad un’ondata migratoria risalente a circa 6.400-4.400 anni fa e non grazie a quella che ha permesso alle antiche popolazioni umane di colonizzare il continente americano.
Siamo davanti ad una svolta importante per la comprensione del nostro recente passato: grazie alla possibilità di ricavare e sequenziare genomi estinti da campioni ben conservati sarà possibile ricostruire con maggiore precisione il cammino di Homo sapiens dalla sua uscita dall’Africa e risolvere alcuni importanti dubbi sull’origine e l’evoluzione dell’uomo e sulle sue relazioni di parentela con le altre specie della famiglia Hominidae. Forse le controversie sugli uomini di Neanderthal (che alcuni studiosi, sempre meno, vedrebbero come una sottospecie di Homo sapiens) e sullo status di specie del piccolo uomo di Flores (Homo floresiensis) saranno finalmente risolte.
Andrea Romano
Riferimenti:
Morten Rasmussen et al., Ancient human genome sequence of an extinct Palaeo-Eskimo, Nature 463: 757-762, doi:10.1038/nature08835
David M. Lambert & Leon Huynen, Evolutionary biology: Face of the past reconstructed, Nature 463: 739-740, doi:10.1038/463739a
Ecologo e docente di Etologia e Comportamento Animale presso il Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali dell’Università di Milano. Ha scritto di animali ed evoluzione su Le Scienze, Mente e Cervello, Oggiscienza e Focus D&R . Collabora con Pikaia, di cui è stato caporedattore dal lontano 2007 al 2020.