Scudi umani per orsi
Le madri orso si avvicinano agli insediamenti umani per difendere i loro cuccioli dai maschi adulti
Oltre il 35% dei cuccioli di orso muore ogni anno in Scandinavia a causa di attacchi di maschi conspecifici adulti. Come avviene infatti in altre specie di mammiferi, i maschi adulti tendono a commettere infanticidio nei confronti dei figli altri, in modo tale da svincolare le madri dalle cure parentali e concedersi a nuovi accoppiamenti e gravidanze. Come possono fare le madri per difendere i loro cuccioli?
Secondo un recente studio sulla rivista Proceedings of the Royal Society B, esse selezionano attivamente l’habitat in cui allevare i propri figli in base alla presenza umana nel territorio. Grazie a tracciati GPS di numerose femmine con cuccioli nel corso del periodo 2005-2012, è stato infatti possibile determinare che le madri che riescono a portare a compimento con successo l’allevamento della prole sono proprio quelle che vivono a più stretto contatto con l’uomo. In particolare, le femmine frequentano le zone limitrofe agli insediamenti umani durante la stagione degli accoppiamenti, quando le probabilità di infanticidio aumentano considerevolmente. La nostra specie è infatti l’unico animale temuto, e potenzialmente cacciatore, di questo grande predatore di vertice delle reti trofiche boreali. Sebbene in molti luoghi la persecuzione degli orsi sia ormai cessata, essi manifestano ancora i comportamenti antipredatori verso la specie che, fino a un recentissimo passato, li ha cacciati, causandone in alcuni casi l’estinzione locale.
L’utilizzo di veri e propri ‘scudi umani’ è già stato osservato in altre specie: ad esempio, nel Bale Mountains National Park in Etiopia, il nyala di montagna (Tragelaphus buxtoni) tende ad avvicinarsi all’uomo quando si sente maggiormente minacciato dal suo predatore principale, la iena maculata (Crocuta crocuta). Tuttavia, questo il primo caso di tale comportamento messo in atto da un predatore.
Riferimenti:
S. M. J. G. Steyaert, M. Leclerc, F. Pelletier, J. Kindberg, S. Brunberg, J. E. Swenson, A. Zedrosser. Human shields mediate sexual conflict in a top predator. Proc. R. Soc. B 283: 20160906.
Immagine: Andrea Romano
Secondo un recente studio sulla rivista Proceedings of the Royal Society B, esse selezionano attivamente l’habitat in cui allevare i propri figli in base alla presenza umana nel territorio. Grazie a tracciati GPS di numerose femmine con cuccioli nel corso del periodo 2005-2012, è stato infatti possibile determinare che le madri che riescono a portare a compimento con successo l’allevamento della prole sono proprio quelle che vivono a più stretto contatto con l’uomo. In particolare, le femmine frequentano le zone limitrofe agli insediamenti umani durante la stagione degli accoppiamenti, quando le probabilità di infanticidio aumentano considerevolmente. La nostra specie è infatti l’unico animale temuto, e potenzialmente cacciatore, di questo grande predatore di vertice delle reti trofiche boreali. Sebbene in molti luoghi la persecuzione degli orsi sia ormai cessata, essi manifestano ancora i comportamenti antipredatori verso la specie che, fino a un recentissimo passato, li ha cacciati, causandone in alcuni casi l’estinzione locale.
L’utilizzo di veri e propri ‘scudi umani’ è già stato osservato in altre specie: ad esempio, nel Bale Mountains National Park in Etiopia, il nyala di montagna (Tragelaphus buxtoni) tende ad avvicinarsi all’uomo quando si sente maggiormente minacciato dal suo predatore principale, la iena maculata (Crocuta crocuta). Tuttavia, questo il primo caso di tale comportamento messo in atto da un predatore.
Riferimenti:
S. M. J. G. Steyaert, M. Leclerc, F. Pelletier, J. Kindberg, S. Brunberg, J. E. Swenson, A. Zedrosser. Human shields mediate sexual conflict in a top predator. Proc. R. Soc. B 283: 20160906.
Immagine: Andrea Romano
Ecologo e docente di Etologia e Comportamento Animale presso il Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali dell’Università di Milano. Ha scritto di animali ed evoluzione su Le Scienze, Mente e Cervello, Oggiscienza e Focus D&R . Collabora con Pikaia, di cui è stato caporedattore dal lontano 2007 al 2020.