Senza impollinatori le piante perdono variabilità genetica

bombo impollinatori

Secondo una recente ricerca sperimentale, l’assenza di impollinatori causa un rapido declino della diversità genetica nelle piante

L’assenza di impollinatori causa un’importante perdita di variabilità genetica nelle piante in sole nove generazioni.
Questo è quanto hanno osservato alcuni ricercatori della Washington State University che hanno studiato cosa succede al DNA di una pianta che passa dalla riproduzione attraverso l’azione di impollinazione delle api all’auto impollinazione dovuta all’assenza degli insetti.
 
La perdita di insetti impollinatori è un fenomeno conosciuto a partire dalla fine del ventesimo secolo. Questa decrescita è di per sé un problema e una minaccia per la biodiversità animale ma potrebbe avere forti ripercussioni anche sulle piante.
In caso di scomparsa, le piante dovrebbero adattarsi a vivere senza il prezioso lavoro di impollinazione che alcuni insetti come le api svolgono. Uno dei meccanismi che alcune specie vegetali possono attuare è quello di passare all’autoimpollinazione.

L’autoimpollinazione, però, può anche essere un problema: quando due individui diversi e distinti si riproducono, la prole eredita materiale genetico da entrambi i genitori, invece che da uno solo. 
Nel caso dell’autoimpollinazione invece il materiale genetico arriva da un solo genitore e la prole che ne deriva sarà geneticamente molto simile. Nel tempo quindi La diversità genetica sarà ridotta.

Inoltre i cromosomi si scambiano piccoli pezzi di materiale genetico anche al di fuori della riproduzione con un meccanismo chiamato ricombinazione genetica.
Questo scambio è alla base della variabilità genetica
Se un essere vivente contiene una mutazione svantaggiosa, ricevere materiale genetico diverso dal suo potrebbe limitarne gli effetti. Una pianta che si autoimpollina invece non potrà sfruttare questo meccanismo in quanto continuerà a scambiarsi sempre lo stesso DNA con maggiori probabilità di trasmettere alla prole la mutazione svantaggiosa. A lungo andare l’accumulo di queste mutazioni possono compromettere la sopravvivenza di una specie. 
Insomma, che l’autoimpollinazione potesse essere un problema per alcune specie era già chiaro da tempo, vero è che alcune piante hanno sviluppato alcuni meccanismi per evitare l’autoimpollinazione, ma quello che non era chiaro è cosa accada a livello genetico e quanto velocemente può mettere in pericolo una specie
Studiare l’effetto degli impollinatori
Gli scienziati hanno coltivato una popolazione di mimolo giallo, Mimulus guttatus, una pianta comune degli stati uniti occidentali normalmente impollinata dalle api. Hanno selezionato tre piante che hanno autoimpollinato per generare 3 popolazioni da più di 200 elementi ciascuna. Ogni pianta della popolazione è stata casualmente incrociata con un’altra e tutti i semi risultanti hanno formato la base di partenza per l’esperimento.
I semi sono cresciuti quindi in una serra priva di insetti impollinatori in modo da poter osservare le conseguenze.

Come hanno fatto però a essere sicuri che quanto osservato fosse dovuto proprio solamente all’adattamento delle piante all’assenza di impollinazione esterna?
I ricercatori hanno incluso nell’esperimento anche un cosiddetto gruppo di controllo.
Un gruppo di individui che viene coltivato nelle stesse condizioni del primo ma con un’unica importante differenza.
Durante la fioritura alcune delle piante cresciute venivano spostate per due giorni in una seconda serra. Durante questo periodo, questo secondo gruppo riceveva una visita da parte di una colonia di Bombus impatiensun bombo comune nel Nord america orientale.

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La numerosità delle popolazioni coinvolte nello studio (N) e il rapporto tra la produzione di semi (in mg) e il numero di individui. A1 e A2 sono gruppi di piante autoimpollinate, B1 e B2 impollinate dalle api. Tabella: dalla pubblicazione

Come si adattano le piante senza le api
I primi cambiamenti sono visibili a occhio nudo. Dopo quattro generazioni la capacità di produrre semi è calata. Bisogna attendere la quinta generazione perché le piante si adattino alla novità e comincino ad autoimpollinarsi con efficienza. Da questo punto infatti le piante autoimpollinate riprendono a produrre semi in buona quantità. Inoltre i fiori sono cambiati: la distanza tra lo stame e il pistillo, le componenti riproduttive, è diminuita. In questo modo lo scambio di polline tra i due è facilitato.
Per notare ulteriori differenze con il gruppo di controllo bisogna spostarsi più in piccolo e confrontare il DNA. Sequenziando tutto il genoma delle piante della nona e decima generazione, fatta crescere per avere più DNA nell’analisi, le divergenze genetiche individuate tra le due popolazioni sono nette
Senza impollinatori le piante nell’esperimento perdono tra il 13% e il 24% della loro variabilità genetica e questa differenza non si può attribuire al minor numero di individui. 
La popolazione cresciuta senza le api infatti è leggermente meno numerosa rispetto al controllo. Secondo gli scienziati però la differenza nel numero di individui non è tale da giustificare la differenza vista nel DNA. 

Per le piante coinvolte nell’esperimento, il repentino cambio di condizioni le ha costrette ad adattarsi rapidamente e cambiare le proprie abitudini riproduttive. A livello genetico questa variazione si è tradotta in un declino delle differenze genetiche tra le piante. 
Solitamente il calo di variabilità preclude la possibilità agli individui di adattarsi ai cambiamenti dell’ambiente. 
Serviranno ulteriori studi per capire se, e quanto velocemente, questa perdita comporta il collasso della popolazione. 

Riferimenti: Jeremiah W. Busch, Sarah Bodbyl-Roels, Sharif Tusuubira, john K. Kelly, (2022) Pollinator loss causes rapid adaptive evolution of selfing and dramatically reduces genome-wide genetic variability, Evolution. doi:10.1111/evo.14572
Immagine: krzysztofniewolny da Pixabay