Sequenziato il genoma del koala

Koala

Un gruppo internazionale di ricercatori ha sequenziato il genoma del koala, aprendo nuovi importanti scenari per la conservazione della specie

Il koala (Phascolarctos cinereus), che secondo i record fossili apparve per la prima volta 350.000 anni fa, è l’unico rappresentante rimasto della famiglia dei marsupiali Phascolarctidae. Vive nelle aree costiere delle regioni orientali e del sud dell’Australia, di cui è considerato rappresentativo in tutto il mondo. È una specie unica dal punto di vista biologico, la sola a potersi nutrire di foglie di eucalipto (Eucalyptus spp.), letali per la maggior parte degli altri mammiferi; è però anche molto vulnerabile agli effetti deleteri della frammentazione dell’habitat, all’urbanizzazione e al cambiamento climatico, oltre che a malattie provocate da funghi, batteri ed infezioni. Per tali ragioni il koala è stato inserito tra le specie “Vulnerabili” dall’IUCN.

Un importante aiuto per la conservazione della specie potrebbe giungere da una ricerca pubblicata su Nature Genetics: gli scienziati del Koala Genome Consortium hanno sequenziato l’intero genoma del marsupiale, studiando più di 26.000 geni ed individuandone alcuni che potrebbero rivelarsi utili per assicurare la conservazione della specie.

La prima scoperta riguarda l’elevata specializzazione della dieta del koala, che probabilmente è stata favorita dalla presenza di due grandi espansioni dei geni che sintetizzano le proteine della famiglia del citocromo P450. Si tratta di enzimi metabolici presenti in tutte le forme viventi, che hanno un ruolo fondamentale nella detossificazione dell’organismo in seguito al consumo della pianta. I ricercatori hanno rilevato un’elevata espressione dei geni del citocromo P450 in molti tessuti del koala e in particolare nel fegato, a dimostrazione dell’importanza di tali enzimi in relazione all’alimentazione specialistica del marsupiale, che può così fare affidamento su una fonte di cibo per la quale c’è una minore competizione con altre specie.

Un’altra importante scoperta riguarda la composizione del latte del koala, i cui cuccioli nascono dopo 34-36 giorni di gestazione privi di sistema immunitario e nei sei mesi successivi completano lo sviluppo all’interno del marsupio. I ricercatori hanno identificato i geni che consentono al koala di regolare la composizione proteica del latte durante le diverse fasi dello sviluppo; le stesse proteine sembrano avere un ruolo nel combattere funghi e batteri, incluso Chlamydia pecorum, principale causa di cecità ed infertilità nelle popolazioni di koala delle regioni del Nuovo Galles del Sud e del Queensland. Grazie alle informazioni acquisite dal genoma del koala, gli scienziati sperano di essere in grado di sviluppare un vaccino contro la clamidia.

La seconda maggiore causa di infezione che mette a rischio la sopravvivenza della specie è il retrovirus del koala (KoRV), simile all’HIV, che indebolisce il sistema immunitario e aumenta la vulnerabilità ad altre malattie. Dagli studi è emerso che ciascun individuo può avere molte inserzioni di KoRV all’interno del proprio genoma, informazione che aiuterà i ricercatori a capire quali siano i ceppi più pericolosi e a sviluppare un vaccino efficace anche contro il retrovirus.


Riferimenti
Rebecca N. Johnson, Denis O’Meally, Zhiliang Chen, Marc R. Wilkins, Peter Timms, Katherine Belov. Adaptation and conservation insights from the koala genome. Nature Genetics (2018). DOI: https://doi.org/10.1038/s41588-018-0153-5

Immagine: By Arnaud Gaillard (arnaud () amarys.com) (Self. Photo de l’auteur.) [CC BY-SA 4.0], via Wikimedia Commons