Sono italiani gli Homo sapiens più antichi d’Europa
Metodologie di analisi sempre più raffinate stanno riaccendendo in questi giorni il dibattito sull’arrivo dei primi Homo sapiens anatomicamente moderni nel nostro continente. Le nuove datazioni della mascella inglese trovata nella grotta di Kent (KC4) suggeriscono che i nostri antenati si sarebbero insediati nel nord-ovest europeo prima di quanto apparisse in precedenza (Pikaia ne ha parlato qui). Tuttavia, secondo gli […]
Metodologie di analisi sempre più raffinate stanno riaccendendo in questi giorni il dibattito sull’arrivo dei primi Homo sapiens anatomicamente moderni nel nostro continente. Le nuove datazioni della mascella inglese trovata nella grotta di Kent (KC4) suggeriscono che i nostri antenati si sarebbero insediati nel nord-ovest europeo prima di quanto apparisse in precedenza (Pikaia ne ha parlato qui). Tuttavia, secondo gli autori di uno studio indipendente pubblicato sullo stesso numero di Nature, i resti europei più antichi in assoluto di cui abbiamo testimonianza proverrebbero dalla nostra penisola.
Il contesto di riferimento è, in questo caso, la Grotta del Cavallo, sito archeologico pugliese, la cui grande importanza è soprattutto legata al ritrovamento di tecnologie litiche attribuite all’Uluzziano, uno dei tre complessi di transizione tradizionalmente interpretati come culture materiali neandertaliane, sebbene le evidenze fossili associate siano molto scarse. Proprio negli strati uluzziani, negli anni ’60 sono stati rinvenuti due molari decidui, inizialmente descritti come appartenenti a Homo neanderthalensis. Gli autori dello studio, non del tutto convinti di questa attribuzione tassonomica, dopo diversi anni di distanza hanno rispolverato i due dentini da latte, sottoponendoli ad inedite e più approfondite analisi di tipo morfometrico. Facendo affidamento sui risultati di questo diverso approccio analitico, gli autori hanno ribaltato le precedenti conclusioni, suggerendo che i due molari sarebbero piuttosto un’antica testimonianza dei primi Homo sapiens della regione. Come nel caso della mascella britannica, anche i due denti salentini sono inoltre stati sottoposti a nuove datazioni, che hanno rivelato un’età molto avanzata, tra 45.000 e 43.000 anni.
I risultati di questo studio forniscono quindi ulteriori indizi di un popolamento del nostro continente più antico di quanto si riteneva in precedenza, portando inoltre con sé importanti implicazioni di natura archeologica e paleoantropologica. I due molari sono stati trovati in associazione a un assemblaggio litico uluzziano, e gli autori suggeriscono che questa cultura di transizione sia da attribuire ai nostri antenati piuttosto che ai neandertaliani. Alla luce di questa diversa interpretazione, vacilla anche l’immagine di una raffinata capacità cognitiva raggiunta dai nostri cugini agli sgoccioli della loro esistenza, apparentemente testimoniata dalle elaborate tecniche di scheggiatura e dalle prime manifestazioni artistiche proprie delle culture di transizione.
Con ogni probabilità, già circa 45.000 anni fa, un’ondata di Homo sapiens anatomicamente moderni era giunta in Europa meridionale, per poi diffondersi rapidamente in tutto il continente, come testimoniato dalla mascella britannica. I nostri antenati portavano con sé il proprio bagaglio culturale pronto a differenziarsi nei complessi di transizione e nell’Aurignaziano, e vissero per molto tempo, più di quanto si fosse immaginato, a stretto contatto con i cugini Neandertal, accompagnandoli presto verso il loro capolinea.
Fabio Perelli
Riferimenti:
Benazzi et al. (2011) “Early dispersal of modern humans in Europe and implications for Neanderthal behaviour”. Nature, 2011; doi:10.1038/nature10617