Stephen J. Gould, Ontogenesi e filogenesi

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Esce in questi giorni la traduzione italiana di Ontogeny and Phylogeny di Stephen Jay Gould, realizzata nel decimo anniversario della sua prematura scomparsa

Stephen J. Gould,
Ontogenesi e filogenesi
Mimesis, Milano-Udine 2013
pp. 436, € 28 
ISBN 978-88-5751-068-2
A cura di Maria Turchetto
Traduzione di Andrea Cavazzini, Silvia De Cesare, Marco Pappalardo, Federica Turriziani Colonna
La traduzione italiana di Ontogeny and Phylogeny, realizzata nel decimo anniversario della prematura scomparsa di Stephen Jay Gould, rappresenta non solo un omaggio a questo grandissimo studioso, ma anche il doveroso completamento della edizione italiana delle sue opere. Uscito nel 1977, Ontogeny and Phylogeny è il primo testo importante di Gould e preannuncia quelli che saranno i suoi principali interessi intellettuali. In primo luogo, la storia della biologia – così assente nei lavori accademici main stream. La prima parte ricostruisce infatti la parabola dell’idea di “ricapitolazione”: dalle remote radici “trascendentali” alla canonizzazione nella haeckeliana “legge biogenetica fondamentale”; dal clamoroso e pervasivo successo ottocentesco legato alla marcia trionfale dell’evoluzionismo al declino novecentesco dovuto alla nascita dell’embriologia sperimentale e all’affermarsi della genetica mendeliana; fino al definitivo tramonto, clamoroso quanto il precedente successo. Questa ricognizione storica è ancora oggi una grande lezione per gli storici e i filosofi della scienza: per la completezza della documentazione utilizzata, per la competenza e il rigore con cui essa viene analizzata, per l’approccio innovativo e per la profonda consapevolezza del fatto che la scienza non vive in una torre d’avorio ma è attraversata da ideologie e “metafisiche influenti” come dai rapporti e dalle pratiche sociali.
Si affaccia qui un secondo interesse che sarà importantissimo nella produzione gouldiana: la critica agli usi ideologici della biologia. Il quinto capitolo, che dà conto dell’“influenza dilagante” dell’idea di ricapitolazione a cavallo tra diciannovesimo e ventesimo secolo in discipline, ideologie e pratiche le più disparate – dalla criminologia, all’educazione primaria, al cosiddetto “razzismo scientifico”, alla stessa psicanalisi freudiana – è una chiara anticipazione di Intelligenza e pregiudizio (The Mismeasure of Man, 1981), il testo più significativo dell’impegno civile di Gould e della sua battaglia contro il “determinismo biologico”.
La seconda parte è un’opera eccelsa di biologia teorica, interesse senz’altro centrale di Gould e campo in cui ha dato contributi fondamentali – dalla teoria degli “equilibri punteggiati” al concetto di “exaptation” – la cui grande sintesi ci è stata consegnata nell’ultima, ricchissima summa, La struttura della teoria dell’evoluzione (The structure of Evolutionary Theory, 2002), completata poco prima della morte. In Ontogenesi e filogenesi Gould mette a punto i concetti di eterocronia e pedomorfosi, “ripescati” dalla elaborazione haeckeliana e ripensati nel loro significato ecologico ed evolutivo attraverso il confronto con una mole enorme di studi – relativi a rettili, anfibi, insetti, parassiti, pesci e quant’altro. Per arrivare, alla fine, alla straordinaria apertura sull’evoluzione umana e sul ruolo che ritardo nello sviluppo e neotenia vi giocano. Un’ipotesi feconda – oggi ampiamente ripresa dalle neuroscienze e dalla biologia EVO-DEVO – che può forse spiegare senza voli metafisici perché, nonostante il genoma umano sia uguale a quello dello scimpanzé per oltre il 98%, “nessuna scimmia potrà mai battere a macchina – e tantomeno scrivere – l’Iliade”.