Storia di un ragnetto rosso

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Tetranychus urticae è un piccolo acaro polifago, noto come ragnetto rosso, in grado di nutrirsi su un’ampia varietà di piante (oltre 1000 specie!), tanto da essere considerato un importantissimo e dannosissimo parassita in agricoltura. Il ragnetto rosso ama infatti nutrirsi su numerose piante, tra cui pomodoro, peperoni, mais, soia, mele e fagioli, ma non disdegna neppure le piante ornamentali. Predilige […]

Tetranychus urticae è un piccolo acaro polifago, noto come ragnetto rosso, in grado di nutrirsi su un’ampia varietà di piante (oltre 1000 specie!), tanto da essere considerato un importantissimo e dannosissimo parassita in agricoltura. Il ragnetto rosso ama infatti nutrirsi su numerose piante, tra cui pomodoro, peperoni, mais, soia, mele e fagioli, ma non disdegna neppure le piante ornamentali. Predilige gli ambienti secchi, ma può adattarsi a diverse situazioni (anche in serra!) e non teme molti dei pesticidi comunemente usati per combattere i parassiti. Aggiungete il fatto di essere caratterizzato da una elevata prolificità e avete tra le mani un ottimo candidato per un progetto genoma per cercare di identificarne qualche punto debole.

I primi dati sul genoma di questo incredibile parassita non hanno deluso le aspettative, come mostrato da Miodrag Grbic e colleghi sulla rivista Nature nell’articolo intitolato “The genome of Tetranychus urticae reveals herbivorous pest adaptations”.

Tra i numerosi dati di interesse vi è indubbiamente il fatto che il genoma del ragnetto rosso presenta un significativo aumento del numero di geni implicati nella detossificazione delle sostanze xenobiotiche, intese sia come molecole prodotte dalle piante in difesa dai parassiti, che come prodotti da noi utilizzati come pesticidi. Sebbene questi geni siano presenti anche in altri animali (tra cui altri artropodi e vertebrati), è indubbiamente unica ed insolita la presenza in T. urticae di un elevato livello di amplificazione dei geni implicati in questi processi, rendendo questo acaro in grado di resistere in modo efficace a diverse sostanze potenzialmente tossiche.

A dare ulteriore forza ai sistema di difesa del ragnetto rosso, vi è poi una batteria di geni coinvolti nella degradazione dei composti aromatici, tra cui ad esempio i terpeni, che in genere rappresentano una efficace arma chimica che le piante usano in difesa dei parassiti. T. urticae può quindi usare questi geni per difendersi! Questo non sarebbe di per sé originale, se non fosse che questi geni sono tipicamente presenti in batteri e funghi ad indicare una loro acquisizione e successiva amplificazione  tramite trasferimento orizzontale (di cui hanno parlato su Pikaia anche Mauro Mandrioli e Marco Ferraguti). Ma non è tutto… vi sono numerosi altri geni presenti nel genoma del ragnetto rosso che sono stati acquisiti da batteri e funghi (tra cui i geni per sintetizzare carotenoidi) a suggerire non solo la presenza di  simbionti endocellulari all’interno di questo insolito fitofago, ma anche l’esistenza di una intensa serie di scambi di geni tra ospite e simbionti.

I dati disponibili potranno quindi costituire un importante punto di partenza per migliorare il modo in cui  questo fitofago può essere combattuto in campo, ma non solo. Dall’analisi dei geni presenti, è emerso inoltre che il ragnetto rosso è in grado di produrre un materiale del tutto simile a quello con cui i ragni costruiscono le proprie ragnatele, con la differenza che la fibra prodotta da T. urticae, pur essendo resistente tanto quanto quella prodotta dai ragni, è più sottile e quindi si potrebbe prestare ancora meglio per la costruzione di tendini e legamenti artificiali, giubbotti antiproiettile e corde elastiche e leggere. Non male per un piccolo acaro di pochi millimetri!

 Mauro Mandrioli