Storiche sciocchezze
Caro Prof. Di Sacco, mi hanno segnalato una pagina del suo libro Atlante di storia. 1 Dalla preistoria alle idi di marzo, Le Monnier. È l’inizio del Cap. 3 dell’Unità 1, intitolato “La comparsa dell’Uomo moderno”. Sono rimasto molto colpito dalla rara quantità di errori e inesattezze presenti in una singola pagina. La mia reazione è causata dal fatto che […]
Caro Prof. Di Sacco,
mi hanno segnalato una pagina del suo libro Atlante di storia. 1 Dalla preistoria alle idi di marzo, Le Monnier. È l’inizio del Cap. 3 dell’Unità 1, intitolato “La comparsa dell’Uomo moderno”.
Sono rimasto molto colpito dalla rara quantità di errori e inesattezze presenti in una singola pagina. La mia reazione è causata dal fatto che credo che la cosa peggiore che un insegnante possa fare è insegnare cose false ai ragazzi. Badi bene che non sto parlando di diverse posizioni ideologiche, completamente legittime, ma, e voglio ripetere la parola, di falsità. Non si costruiscono idee forti a partire da falsità. Le cose scritte in quella pagina sono tali da far sorgere in me e in alcuni colleghi, il sospetto che si tratti di errori introdotti ad arte per appoggiare qualche idea che non ha nulla a che fare con la scienza. Il nostro dubbio è stato generato dalla coscienza che esistono così tanti buoni e semplici testi divulgativi sul mercato (e nelle Biblioteche!), da chiedersi come mai un autore non li consulti, e quindi che scrivere cose simili sia una sorta di accanimento.
Razze: la sua affermazione “Noi siamo un’unica
E ora veniamo alle cose più gravi: mi sembra di poter intuire che dietro alle sue parole “Secondo la teoria evoluzionistica tradizionale, l’homo erectus (sic) si sarebbe gradualmente evoluto verso la forma successiva di homo sapiens (sic). Gli studi recenti sul DNA […] hanno in buona parte riscritto la teoria di Darwin…” ci sia il tentativo di render conto della critica degli equilibri punteggiati all’evoluzione gradualistica. Se è così, mi lasci dire che non ha colto il punto. Che vuol dire “tradizionale”? Se si riferisce a quella che si insegnava fino agli anni ’50 del secolo scorso, posso concordare, ma le sue parole mi fanno pensare più a certe vulgate giornalistiche nelle quali ci si ostina a pubblicare delle belle file che cominciano con le scimmie, continuano con gli ominidi per culminare a destra con un bel maschio anglosassone. Tuttavia, basta guardare un qualunque testo di antropologia “recente” (si fa per dire: degli ultimi 40 anni) per scoprire che la realtà è molto più complessa ed affascinante, e che le relazioni fra noi e i nostri antenati assomigliano ad un cespuglio molto ramificato (è questo il messaggio vero degli equilibri punteggiati), non certo a una linea retta. La lettura di uno qualunque dei dieci e più libri di S.J. Gould pubblicati in Italia la convincerà facilmente).
DNA. E’ già sorprendente leggere che gli studi sono cominciati nel 1995 (ma dove ha preso quella data?), ma poi mi spiega che vuol dire che sapiens “…non aveva alcun legame genetico con i precedenti ominidi…”? Questa frase è una sciocchezza per almeno due motivi:
1. se per legame genetico intende qualcosa dimostrata confrontando sequenze di DNA, le comunico che purtroppo non è possibile studiare il DNA degli antenati che lei menziona: sono troppo vecchi, e le tecniche attuali non permettono di recuperarlo.
2. è stato possibile indagare il DNA di H. neanderthalensis e quello di una forma più antica, trovata a Denisova, nel Sud della Siberia, e sarà sorpreso di sapere che entrambi hanno dimostrato qualche ibridazione con H. sapiens (può vedere ciò, ad esempio, su Pontus Skoglun and Mattias Jakobsson. Archaic human ancestry in East Asia, PNAS. October 31, 2011). Se la capacità di ibridare non sia una prova di “legame genetico” veda lei.
Le relazioni tra forme conosciute solo allo stadio di fossile sono state studiate a fondo negli ultimi 200 anni con risultati straordinari, e credo che nessuno oggi possa negare la parentela che unisce fra loro gli ominidi, così come non nega quelle delle ammoniti. Se lei invece vuole affermare che non si può dire nulla del passato del quale non si conosce il DNA, potrei consigliarle la lettura di un manualetto divulgativo sull’evoluzione (un esempio recente è: J. Coyne Perché l’evoluzione è vera, Codice 2011). Tutti i fossili, salvo appunto quelli più recenti, non lasciano tracce genetiche.
Infine, quella che le sembrerà una piccolezza (ma non lo è): i naturalisti usano indicare le specie con la nomenclatura binomiale: il primo nome è quello del genere (es. Homo), il secondo delle specie (sapiens). Poiché la sistematica è gerarchica, accade che nello stesso genere ci possa essere più di una specie. Dunque abbiamo, nello stesso genere, Homo, più specie, ad esempio, habilis (con la acca!), erectus, neanderthalensis, sapiens. In forza della convenzione binomiale, il nome di genere va scritto con la maiuscola, mentre quello della specie con la minuscola. Che direbbe se un suo studente scrivesse giulio cesare con la minuscola? Il terzo nome, come nel suo testo Homo sapiens sapiens indica la sottospecie, una categoria infraspecifica non significativamente diversa da quella di razza.
Spero che le cose che le scrivo le servano per un’eventuale nuova edizione del suo manuale: per quello che mi compete sconsiglierò l’adozione del suo libro a tutti gli insegnanti che conosco.
Marco Ferraguti
È stato Professore Ordinario di Evoluzione Biologica presso l’Università degli Studi di Milano. Ha svolto ricerche nel campo della riproduzione e filogenesi in diversi gruppi di invertebrati. È stato presidente della Società Italiana di Biologia Evoluzionistica e si è occupato attivamente della divulgazione di temi evoluzionisti e di traduzioni di testi di autori importanti. Ha curato il testo “Evoluzione, modelli e processi” per Pearson Italia. Ha diretto per 20 anni la Biblioteca Biologica dell’Università