Storie di parassiti, di imbrogli e di roproduzioni

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Negli ultimi anni della mia vita mi sono sempre più occupato di “storie naturali” e quando ne scopro una nuova (per me) mi entusiasmo come un bambino. Questa è così bella che ho deciso di copiarla – quasi integralmente – dal sito Biodiversity in Belize, dove è spiegata con un magnifico diagramma a blocchi. La storia riguarda una farfalla del […]

Negli ultimi anni della mia vita mi sono sempre più occupato di “storie naturali” e quando ne scopro una nuova (per me) mi entusiasmo come un bambino. Questa è così bella che ho deciso di copiarla – quasi integralmente – dal sito Biodiversity in Belize, dove è spiegata con un magnifico diagramma a blocchi. La storia riguarda una farfalla del genere Heliconius, il genere più ricco di specie (parecchie decine) della tribù Heliconiini, che mostra una straordinaria varietà di colori sia a livello di specie che di sottospecie, e che fornisce una gran quantità di esempi di mimetismo mülleriano, quello nel quale molte specie convergono sul fenotipo di specie poco appetibili o tossiche, formando i cosiddetti “anelli di mimetismo”.

Fra le varie caratteristiche peculiari del genere Heliconius, qui ci interessano quelle legate all’alimentazione, che è differente in fasi diverse del ciclo vitale. Le larve si nutrono, infatti, esclusivamente sulle foglie di specie diverse di Passiflora, la pianta della passione, mentre gli adulti, diversamente da quanto accade per altre farfalle che si nutrono poco o niente, mangiano il polline di piante dei generi Psiguria e Gurania, due cucurbitacee (la famiglia delle zucche e delle angurie). La pianta della passione produce sostanze tossiche per difendersi dagli erbivori, come appunto i bruchi di Heliconius, sicché si scatena una di quelle lotte note agli evoluzionisti come “corse alle armi” nelle quali la pianta “inventa” sostanze sempre più tossiche e il bruco “scopre” il modo di detossificarle. In questa maniera si sviluppano delle relazioni strette fra coppie di specie.

Heliconius sapho si nutre, da bruco, su Passiflora pittieri, una specie piuttosto rara in Belize, che ha inventato un’ulteriore strategia per sfuggire ai bruchi: cresce a intervalli irregolari, sicché in molti momenti dell’anno non ci sono germogli disponibili, e d’altra parte i bruchi non possono mangiare le foglie “cresciute”, che accumulano troppe sostanze tossiche. A causa di ciò, per lunghi periodi dell’anno le farfalle non possono deporre uova, perché se no i bruchi non avrebbero di che campare. Le farfalle adulte, invece, si nutrono del polline di Psiguria warscewiczii, fungendo da impollinatici, e le due specie hanno così stretto un patto: Heliconius sapho riesce a superare i lunghi periodi nei quali non vi sono condizioni adatte alla deposizione (fino a sei mesi) mangiando il polline di Psiguria warscewiczii. Quest’ultima produce una gran quantità di fiorellini maschili piccolissimi, sicché Heliconius sapho è obbligata a visitarne molti per raccogliere quantità sufficienti di polline. Naturalmente le farfalle visitano solo i fiori maschili, quindi la pianta non ne avrebbe alcun vantaggio. Tuttavia, sembra che le nostre farfalle abbiano buona memoria, e che dunque tornino a visitare, ripetutamente, le stesse piante, così queste, occasionalmente, cambiano sesso, e producono fiori femminili, in modo che le farfalle, credendo di trovare polline, in realtà impollinano i fiori femminili. Quando Heliconius sapho trova una Passiflora pittieri che sta per germogliare, ci depone un gran numero di uova, che sono sincronizzate in modo da “aspettare” a schiudersi nel momento in cui le foglioline cominciano a crescere.

Che rapporti complessi fra questa tre specie, e quante lezioni di evoluzione sul campo ci sono in questa unica storia! Raccontano che Newton abbia detto che pensare alla gravitazione considerando tre corpi invece di due gli faceva venire il mal di testa. Chissà se si fosse occupato di esseri viventi!

Marco Ferraguti