Sulle orme di Charles Darwin a Santiago di Capoverde
L’opera ed il pensiero di Charles Darwin hanno avuto un enorme influsso su numerosi campi della scienza e si sono vieppiù estesi ad ambiti apparentemente lontani dalle sue originarie intenzioni come quelli della politica, della filosofia, della società, della religione e delle arti. L’opera originaria di Darwin rimane peraltro centrata sulle osservazioni riguardanti le specie viventi e la loro evoluzione […]
Peraltro, nei suoi diari si legge come non esista tappa del suo viaggio in cui Darwin non si sia dedicato, in forma più o meno ampia ed appassionata, all’osservazione ed alla descrizione di fenomeni geologici, cioè riguardanti anche l’evoluzione fisica del nostro pianeta.
Come ci ricorda Guido Chiesura nel suo libro “Charles Darwin geologo” Darwin, al ritorno dal suo viaggio si considerava ormai anche un geologo e così scriveva nel 1838 nel suo carnet di note: “Io sono un geologo. Ho una vaga idea di terra coperta da oceani, di animali del passato, di una lenta forza che spezza la superficie.”
La prima tappa dell’ormai leggendaria spedizione di Darwin a bordo del Beagle avrebbe dovuto essere l’isola di Tenerife nelle Canarie, dove Darwin sognava di osservare il leggendario Pico de Teide, un grande vulcano tanto celebrato dal grande esploratore Alexander Von Humboldt, ma un’epidemia di colera in atto impedì il previsto attracco del Beagle in quell’isola.
Anche a Santiago di Capoverde Darwin si misura con lo studio di un territorio pressochè interamente vulcanico e dove per la prima volta il giovane scienziato riconosce le prove tangibili della mobilità del globo terrestre e consolida definitivamente il suo interesse per la Geologia tanto che, in tutte le successive tappe del suo viaggio, accanto alle osservazioni biologiche riserva sempre una particolare attenzione a quelle geologiche.
Malgrado l’importanza della tappa capoverdina per la maturazione scientifica del giovane Darwin da lui stesso affermata e confermata in seguito da tutti i suoi biografi, nessun geologo, nei centosettant’anni trascorsi da allora, ha ritenuto di compiere omaggio alla memoria di Darwin geologo ripercorrendo i suoi itinerari di esplorazione compiuti nell’isola di Santiago di Capoverde dal 16 al 31 Gennaio 1831. In occasione del bicentenario darwiniano, che si celebra quest’anno in tutto il mondo, l’Associazione Ardito Desio ha voluto colmare questo lungo silenzio promuovendo un progetto affidato alla mia responsabilità scientifica. Al progetto partecipano attivamente, oltre a Guido Chiesura, anche Ilaria Guaraldi Vinassa de Regny e Federico Pezzotta, del Museo Civico di Storia Naturale di Milano nonchè Aldo Battaglia, geologo della Società Soil che, insieme al Gruppo Nestlè, ha sponsorizzato l’iniziativa.
Nel marzo di quest’anno il gruppo di lavoro suddetto ha ripercorso le orme del grande scienziato inglese nell’isola capoverdina e ciò che mi ha colpito maggiormente in questa esperienza è stato il poter riconoscere la sua perspicacia nell’affrontare una grande quantità e varietà di problematiche geologiche pur possedendo un bagaglio di conoscenze pratiche in tal campo limitato a non più di un mese e mezzo di esperienze di campo svolte nell’estate del 1831 nell’Inghilterra meridionale.
Quando affronta ad esempio il problema delle vicende geologiche dell’isola di Santiago, egli intuisce la conferma della teoria dell’ “Uniformitarismo”, che affidava un ruolo fondamentale ai lenti ma progressivi movimenti verticali della Terra. Percorrendo lunghi tratti di costa, Darwin riconosce infatti la presenza di depositi marini ricchissimi di resti organici fossili, anticamente depositatisi al disotto del livello marino ma esposti alla sua vista al disopra della linea di costa. Associati a questi depositi riconosce inoltre estese colate di lave basaltiche provenienti dalla terraferma ma discese anch’esse al disotto del livello marino e frammiste ai depositi sedimentari fossiliferi. Avendo riconosciuto con notevole precisione che attualmente tali antichi depositi sedimentari e vulcanici sottomarini si trovano fino ad una quota di trenta metri sopra il livello attuale dell’oceano, Darwin può annunciare le prove di un sollevamento generalizzato e progressivo dell’isola realizzatosi durante quell’ultimo scorcio di tempo geologico che chiamiamo Quaternario.
Ma la sua perspicacia nel trattare dei fenomeni geologici è palese anche quando si dedica ai numerosi vulcani che si ergono nell’isola ed in particolare agli spettacolari fenomeni di raffreddamento delle loro incandescenti colate laviche al contatto con le acque dell’oceano. Qui possiamo intravvedere l’intuizione di fenomeni che verranno riconosciuti e descritti mezzo secolo dopo in altre isole vulcaniche come le Hawaii. A proposito dei vulcani Darwin giunge addirittura a mettere in dubbio la validità delle idee che gli studiosi più accreditati del suo tempo nutrivano circa la struttura interna dei vulcani stessi.
I problemi geologici incontrati a Santiago si ripresenteranno più volte ed anche con grande rilevanza nel proseguimento del viaggio col Beagle, in particolare quelli connessi alle evidenze di sollevamenti della crosta terrestre ampi e ripetuti nel corso dei tempi geologici ed alle relazioni tra queste deformazioni, i vulcani ed i terremoti.
Al ritorno dal viaggio e nel corso delle successive rielaborazioni ed interpretazioni dell’enorme mole di dati raccolti, una particolare consonanza di vedute scientifiche avvicina Darwin a Charles Lyell, avvocato e naturalista scozzese che nel 1832, anno di inizio del viaggio di Darwin, aveva pubblicato un’opera fondamentale dal titolo “Principles of Geology”, fondamento del già citato “Uniformitarismo”, che spiega l’evoluzione della Terra mediante l’intervento di processi fisici analoghi a quelli agenti oggi, ma in grado di determinare, a causa del loro persistere per tempi lunghissimi, cambiamenti pronunciati nell’assetto interno e superficiale del nostro Pianeta. La percezione della grande profondità dei tempi geologici da parte di Darwin ha avuto senza dubbio un ruolo fondamentale nella sua rivoluzionaria indagine sull’origine delle specie e ciò spiega perché nella sua opera i riferimenti alle evidenze geologiche rappresentano un motivo di fondo pressochè continuo.
La sua attenta lettura dell’opera di Lyell circa le relazioni tra la geografia dei continenti e degli oceani e l’evoluzione geologica della Terra lo aiutano anche ad approfondire le sue idee circa la distribuzione e la dispersione delle piante e degli animali.
Lo stesso Lyell rimase invece condizionato per quasi tutta la vita dal pensiero che ognuna delle migliaia di nuove specie che sostituirono ripetutamente quelle scomparse nel corso dei tempi geologici fossero dovute ad uno speciale atto di creazione che rimaneva al di fuori di qualsiasi esperienza scientifica. Darwin ebbe peraltro la soddisfazione di constatare come l’opposizione all’evoluzione delle specie da parte del suo amico e maestro Lyell cominciasse a vacillare già quattro anni dopo la pubblicazione dell’ “Origine delle Specie” finchè cadde completamente nella decima ed ultima edizione dell’opera maestra dello stesso Lyell “Principles of Geology”, in cui egli, con una coraggiosa autocritica, proclama la sua conversione alla teoria di Darwin.
Giorgio Pasquarè
Antropologo presso l’Università di Firenze, Alessandro si occupa principalmente di evoluzione umana e preistoria, sebbene lavori anche come bioarcheologo su periodi più recenti della storia umana. Le sue competenze includono antropologia dentaria, morfologia funzionale e antropologia virtuale, ma ha anche lavorato come antropologo sul campo in numerosi scavi archeologici.