Tracce di Humboldt – Osservare, descrivere, misurare

Asterios pubblica una raccolta di saggi su Alexander von Humboldt firmata dal geografo Claudio Greppi

  • Titolo del Libro: Tracce di Humboldt. Osservare, descrivere, misurare
  • Autore Claudio Greppi
  • Editore: Asterios
  • Collana: Le belle lettere , Nr. 56
  • Data di Pubblicazione: 2021
  • Pagine: 256, brossura ill. a colori


Dal sito dell’editore

OSSERVARE, DESCRIVERE, MISURARE. QUATTRO VARIAZIONI E MEZZO SU TEMI DI HUMBOLDT

 

I saggi che compongono questo volume derivano da ricerche condotte fra il 1992 e il 2013 in circostanze e con finalità diverse (convegni, riviste, pubblicazioni collettive). Il filo conduttore è dato dai riferimenti alla figura e alle opere di Alexander von Humboldt, del quale ho curato nel 1992 (quinto centenario del viaggio di Colombo) l’edizione italiana di un testo – in verità poco conosciuto anche all’estero – dal titolo Examen critique de l’histoire de la géographie du Nouveau Continent, pubblicato in francese nel 1835. In quel periodo l’autore era già ritornato a Berlino, dove organizzava i famosi congressi degli scienziati e manteneva una fitta corrispondenza con i suoi interlocutori tanto in Francia che in quella che stava divenendo l’America latina indipendente. In tutta la sua lunga esistenza (1769-1859) Humboldt non ha mai smesso di esercitare una notevole influenza sulla comunità scientifica europea: il suo ruolo è stato quello di promuovere una quantità di campi del sapere e di attivare la formazione e la diffusione di grandi inventari della conoscenza ‘fisica’, ovvero geografica. Certamente è stato l’uomo di scienza più celebrato, forse troppo, per tutta la prima metà dell’Ottocento, soprattutto a Parigi e a Berlino.

Tuttavia in Italia la figura di Humboldt è rimasta poco studiata. Delle sue opere più importanti, come i Tableaux de la nature o la Rélation historique del viaggio americano solo la prima è stata tradotta in italiano ma solo di recente (Quadri della natura, La Nuova Italia, 1997); della seconda sono state tradotte solo alcune antologie, mentre lo stesso Cosmos, una delle opere scientifiche più diffuse alla metà dell’Ottocento, in Europa e in America, non ha mai avuto nessuna diffusione, nonostante in Europa fosse un best-seller.

Oggi il suo ruolo può essere tuttavia rivalutato per il contributo dato alla dimensione spaziale dei fenomeni naturali e umani nel corso di numerosi interventi apparentemente ‘minori’, più che per la sua grande opera finale, il Cosmos, la cui pubblicazione ha avuto la sfortuna di cadere proprio mentre l’attenzione dei naturalisti veniva monopolizzata dall’Origine delle specie di Darwin. In particolare oggi si rivaluta di Humboldt il modo di presentare lo studio dei fenomeni anche sotto forma di dimostrazione grafica, come carte, sezioni, grafici. Anche il vedutismo della prima metà dell’Ottocento assumeva per Humboldt un ruolo importante nella diffusione delle conoscenze geografiche: il paesaggio è la sintesi dei diversi fattori fisici che talvolta i pittori sanno cogliere e trasmettere alla scienza, nei decenni che precedono la diffusione della fotografia.

I capitoli che compongono questo libro mantengono sullo sfondo o in primo piano la figura di Humboldt e derivano da scritti in parte già pubblicati ma qui riveduti nella forma e nella sostanza e soprattutto corredati dalle indispensabili illustrazioni. Nel riproporre questa nuova versione ho seguito un ordine cronologico, dal Quattrocento all’Ottocento. Carte, vedute e ‘pasigrafie’ sono i prodotti iconografici sui quali si focalizza ciascuno dei periodi esaminati: in ciascuno dei quali si presenta un nuovo modo di osservare, descrivere, misurare lo spazio.

Prima parte. La misura della terra

La prima parte riguarda il tema dei viaggi di scoperta e delle misure della Terra, fra Quattro e Cinquecento. Lo spunto è dato dall’opera di Alexander von Humboldt, Examen critique de l’histoire de la géographie du Nouveau Continent, pubblicata per la prima volta in Italia con il titolo L’invenzione del Nuovo Mondo, La Nuova Italia, 1992. Negli anni ’30 dell’Ottocento, quando H. scriveva il suo libro, erano da poco disponibili i testi originali di Colombo e degli altri navigatori spagnoli nella grande Collección del Navarrete. Oggi si può contare su fonti ben più ampie e filologicamente affidabili. Il risultato è un bilancio delle approssimazioni della cosmografia rinascimentale in merito soprattutto alla misura della longitudine e quindi delle dimensioni del globo, che rimangono decisamente sottostimate fino al Settecento. Una sezione (intermezzo) è dedicata all’altra faccia delle scoperte, quella dei naufragi e dei viaggi individuali. Le fonti sono le relazioni dei viaggiatori e i documenti geo-iconografici: la cartografia prodotta sia in ambienti colti che in quelli nautici.

Intermezzo: l’altra faccia delle scoperte

Le relazioni dei viaggiatori non documentano soltanto i successi delle spedizioni, ma spesso proprio gli insuccessi: e questi documentano tanto l’incertezza con la quale ci si muoveva, quanto la capacità di superare ostacoli fisici e umani e di ritrovare alla fine una qualche forma di orientamento nel grande vuoto della superficie terrestre che piano piano si viene svelando.

Seconda parte. l’inventario visivo della natura

La seconda parte è dedicata alla figura dell’artista-viaggiatore, che dalla seconda metà del Settecento comincia a essere presente in quasi tutti i viaggi di circumnavigazione accanto ai naturalisti e agli astronomi. Lo stesso H. aveva dedicato molta attenzione alla rappresentazione della fisionomia dei paesaggi, specie di quelli tropicali, fin da quando, a Londra nel 1798, aveva avuto occasione di osservare dal vero i disegni delle spedizioni di James Cook nell’Oceano Pacifico. Uno dei volumi di maggiore successo di H., i Quadri della natura, del 1808, considera i ‘quadri’ (Tableaux, Ansichten) proprio in senso pittorico. In seguito, da Parigi come da Berlino lo scienziato aveva mantenuto uno stretto contatto con artisti che viaggiavano e contribuivano alla formazione di un vero e proprio inventario iconografico dei paesaggi in tutti gli ‘angoli’ del globo, insieme al quale si forma un nuovo interesse per la distribuzione geografica degli organismi. Sono numerosissimi i volumi di viaggio accompagnati da illustrazioni sempre più perfezionate grazie anche alle innovazioni come l’acquatinta, prima della diffusione della fotografia.

Terza parte. Sulla vita e le opere di humboldt

La terza parte è dedicata alla biografia dello scienziato-viaggiatore tedesco, la cui lunga vita (1769-1859) attraversa un periodo cruciale nella storia delle scienze naturali e della geografia. Di solito questo autore è stato celebrato e messo su un piedistallo senza andare a vedere quale fosse il contributo effettivamente prestato alla conoscenza. La ricostruzione critica dei momenti essenziali della sua vita e delle sue pubblicazioni mette in luce un modo di procedere affannoso e non sistematico già dallo svolgimento del viaggio americano (1799-1805), che si traduce in una massa di testi tutt’altro che organici. Eppure per tutta la prima metà dell’Ottocento va riconosciuto il suo ruolo di animatore in tutti i campi del sapere. L’anno che segna la morte di H. è anche quello della pubblicazione dell’Origine delle specie di Darwin. Ci si può chiedere che cosa rimanga dell’immensa opera di H. dopo la rivoluzione darwiniana. Le dimostrazioni grafiche che H. chiamava ‘pasigrafie’ sono certamente uno dei contributi più originali: sono documentate dalle tavole dei nuovi grandi atlanti che vengono pubblicati sotto la supervisione di Humboldt, come quello di Heinrich Berghaus a Gotha e quello di Alexander Keith Johnson a Edinburgo.

Quarta parte. il mito di humboldt

Infine l’ultimo capitolo, ‘Il mito di Humboldt’, riguarda il rapporto fra evoluzionismo e geografia, la disciplina che più esplicitamente si riferisce all’eredità di H. Così come è mancato un «incontro» con Darwin (al di là del fatto che i due si sono visti a Londra nel febbraio del 1842), la geografia ha mancato un’occasione di rinnovamento che la biologia evoluzionista, specie in questi ultimi decenni, poteva offrire. Lo spunto in questo caso è offerto da un saggio di Nicolaas Rupke, Alexander von Humboldt. A Metabiography, Frankfurt am Mein, 2005: dove per metabiografia si intende l’analisi delle numerosissime ‘vite’ che la fama dello scienziato ha conosciuto già a partire dalla sua morte nel 1859. A H. è toccato di essere ‘tirato per la giacca’ di volta in volta da ciascuna delle correnti culturali e politiche che hanno attraversato l’ultimo secolo e mezzo. Ancora oggi vengono pubblicate nuove biografie celebrative, come quella di A. Wulf, The Invention of Nature: Alexander von Humboldt’s New World, New York, 2015 (in traduzione italiana A. Wulf, L’invenzione della natura. Le avventure di Alexander von Humboldt, l’eroe perduto della scienza, Roma, 2017. Il titolo italiano calca ancora di più la mano sull’aspetto ‘eroico’), e ancora: M. Meinhardt, Alexander von Humboldt. How the Most Famous Scientist of the Romantic Age Found the Soul of Nature, London, 2018. Viceversa un volume recente di notevole livello è quello di Marie Noëlle Bourguet, Le monde dans un carnet: Alexander von Humboldt en Italie (1805), Paris, 2017; mentre è significativo che ancora l’unico testo che di recente abbia conosciuto una piena rivalutazione scientifica è Essay on the Geography of Plants, Chicago-London, 2009, in occasione della prima traduzione inglese curata da un botanico, Stephen T. Jackson: si tratta del primo lavoro pubblicato (in francese) da H. al ritorno dal viaggio americano, nel 1805.

Fonte: Asterios