Tracce di vita dal tempo profondo

Tracce

Un recente ritrovamento in Brasile di icnofossili risalenti al confine tra Ediacariano e Cambriano fornisce la più antica evidenza di organismi bilaterali della meiofauna

La paleoicnologia è quella branca della paleontologia che studia gli icnofossili, cioè le tracce lasciate dalle antiche forme di vita, come impronte di deambulazione e di nutrimento, tane e cunicoli fossilizzati. Si tratta spesso delle uniche testimonianze di animali con un limitato potenziale di fossilizzazione, a causa delle ridotte dimensioni corporee. Poiché non conosciamo gli autori di quelle tracce, l’unico modo di interpretarle consiste nel confrontarle con altre note, prodotte da organismi attuali.

Un recente studio pubblicato su Nature riferisce di un ritrovamento di icnofossili della meiofauna nel Brasile centro occidentale (comune di Corumbà, nello stato di Mato Grosso do Sul), all’interno di siltiti, che sono rocce clastiche prodotte dalla cementificazione di sedimenti di granulometria compresa tra la sabbia fine e l’argilla: quelli che costituiscono il limo.

Gli strati cui appartengono le tracce sono stati datati al confine tra Ediacariano e Cambriano, tra 555 e 542 milioni di anni fa, grazie a tecniche radiometriche molto precise; la dimensione e la forma delle tracce sono state ricostruite grazie alla microtomografia a raggi X. Si tratta di una tecnica che consente di ottenere informazioni sulla struttura interna dei campioni indagati, fornendo immagini ad alta risoluzione, senza danneggiare in alcun modo il campione stesso. In questo modo è stato possibile determinare che le tracce sono costituite da stretti cunicoli tridimensionali, di diametro compreso tra 50 e 600 micron.

Un’ipotesi da considerare per questo genere di reperti è che le tracce si siano formate in modo abiologico, che si tratti ad esempio di fessure di sineresi, crepe che si formano nel sedimento in seguito a fenomeni di contrazione dell’argilla. Tuttavia la gamma delle dimensioni e la forma tubolare delle tracce inducono a ritenere improbabile tale ipotesi. Analogamente appare poco verosimile che si tratti di organismi fossilizzati, come alghe filamentose, giacché queste ultime producono fossili bidimensionali con caratteristiche morfologiche assai diverse. 

La tipologia delle tracce, che costituiscono una rete di cunicoli scarsamente organizzati, con brevi connessioni oblique, fa supporre che il tracciatore fosse un animale vermiforme dal corpo stretto. Tra i candidati ci sono gli appartenenti a phyla come gli Annelida, che si muovono tramite peristalsi, un complesso di onde di contrazione muscolare; oppure come i Loricifera e i Sipuncula, che sfruttano un introverto, un organo che può essere esteso e ritratto. Tutti questi meccanismi compattano i sedimenti lateralmente ai margini del percorso, ma tale compattazione è assente nelle tracce trovate; inoltre le piccole dimensioni dei cunicoli escludono che siano stati creati da Annelida, Mollusca o Nemertea. Un altro tipo di movimento, lo scivolamento ciliare, usato da animali come i Platyzoa, non dovrebbe formare tracce simili, continue e interstrato, in sedimenti a grana fine; infatti è praticato da organismi della meiofauna che vivono negli spazi interstiziali tra i granelli di sabbia.

L’andatura che più somiglia a quella che ha provocato queste tracce sembra essere quella dei Nematoda, che usano l’andatura ondulatoria per muoversi attraverso soffici sedimenti a grana fine, la cui bassa viscosità ne limita le dimensioni corporee. Dotati solo di muscoli longitudinali e privi di appendici corporee, i nematodi sono limitati a una locomozione sinusoidale, mancando dei muscoli antagonisti circolari necessari per la peristalsi. Inoltre, alcuni particolari di questi icnofossili suggeriscono che fossero rivestiti di muco; analogamente i percorsi dei moderni nematodi presentano un rivestimento mucoso che potrebbe dar luogo, tramite meccanismi chimici, alla conservazione di una traccia in rilievo quasi non deformata, com’è successo qui.

Gli autori ritengono dunque che il tracciatore di questi percorsi fosse un piccolo organismo della meiofauna, simile a un nematode privo di appendici corporee, che si muovesse in modo ondulatorio nel sedimento. La meiofauna comprende tutti gli organismi tra 32 e 1000 μm di dimensione, che abitano i sedimenti ricchi di acqua interstiziale, ed è ubiqua negli ambienti moderni di acqua marina e dolce. Questi reperti rappresenterebbero le tracce di meiofauna più antiche documentate da ritrovamenti geologici, ponendo così un limite minimo di età a questa importante innovazione ecologica.

Già nel tardo Ediacariano (580-541 milioni di anni fa) è documentata l’esistenza di animali, ma sono per lo più diploblasti, cioè organismi che si sviluppano con un embrione costituito da due foglietti germinativi, anziché tre come nei Bilateria, che per questo sono detti anche triploblasti; con l’unica notevole eccezione di Kimberella, un genere di organismi a simmetria bilaterale, che alcuni studiosi ritengono precursore degli attuali molluschi. Solo all’inizio del Cambriano erano stati trovati finora i più antichi fossili di organismi con simmetria bilaterale, insieme alle tracce delle loro interazioni con i substrati.

Tuttavia gli orologi molecolari e i marcatori biologici, che forniscono stime indipendenti tra loro, suggeriscono entrambi che la storia degli organismi bilaterali risalga al Precambriano: esiste dunque attualmente un divario notevole tra i reperti e le stime, che forse le recenti scoperte iniziano a colmare. Se l’ipotesi di questo studio fosse confermata, si tratterebbe dunque della più antica evidenza fossile di triploblasti, che testimonierebbe già nel tardo Ediacariano l’esplorazione di nicchie infaunali da parte di esseri a simmetria bilaterale.


Riferimenti
Luke A. Parry, Paulo C. Boggiani, Daniel J. Condon, Russell J. Garwood, Juliana de M. Leme, Duncan McIlroy, Martin D. Brasier, Ricardo Trindade, Ginaldo A. C. Campanha, Mírian L. A. F. Pacheco, Cleber Q. C. Diniz, Alexander G. Liu. “Ichnological evidence for meiofaunal bilaterians from the terminal Ediacaran and earliest Cambrian of Brazil”.  Nature Ecology & Evolution, 2017; DOI: 10.1038/s41559-017-0301-9

Immagine: Immagine ottenuta con microfotografia a raggi X di icnofossili del sedimento. I colori diversi contrassegnano percorsi diversi. Credito: Luke Parry – Università di Bristol.