Tutto su Australopithecus sediba

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Science dedica l’ultimo numero ai risultati delle nuove analisi sui resti di Australopithecus sediba

A cinque anni dalla sua scoperta nel sito di Malapa, in Sudafrica, Australopithecus sediba, specie vissuta poco meno di 2 miliondi di anni fa, torna a far parlare di sé sulle pagine di Science. La prestigiosa rivista americana dedica a questo ominide il terzo speciale, con relativa copertina, dal 2010. Nel primo, datato aprile 2010, venivano descritte le analisi condotte sul primo fossile della specie, mentre nel secondo, del settembre 2011, si entrava più nei dettagli anatomici con le analisi di altri due reperti. 

Nei sei articoli che compongono il numero odierno viene ulteriormente arricchita la letteratura su questa specie con l’inserimento dei resti di un quarto individuo, fornendo una visione approfondita dell’anatomia di questo antico ominide.

Un riassunto dei risultati, liberamente accessibile, lo presenta in un articolo introduttivo Lee Berger, uno degli scopritori. Già il titolo, The Mosaic Nature of Australopithecus sediba, fa capire che A. sediba si tratta di un vero e proprio mosaico evolutivo che presenta caratteristiche scimmiesche ad altre decisamente più simili a quelle tipiche del genere Homo: e questa commistione di caratteristiche nuove e primitive risulta evidente in tutti i distretti anatomici analizzati, ciascuno trattato da un articolo indipendente, quali denti (Irish et al.), mandibola (de Ruiter et al.), torace (Schmid et al.), arti anteriori (Churchill et al.), colonna vertebrale (Williams et al.) e arti inferiori (De Silva et al.).

Non abbiamo ancora la certezza che questa specie sia effettivamente un nostro antenato diretto, ma gli indizi in questa direzione cominciano ad essere rilevanti.