Ultime novità dal genoma del cane
Continuano gli studi sugli effetti dell’addomesticamento sul genoma del cane
Il cane continua a incuriosire i ricercatori di tutto il mondo, che hanno passato al setaccio il genoma del nostro migliore amico utilizzando una varietà di marcatori molecolari. Tra essi, l’ultimo a essere utilizzato per analizzare il DNA del cane sono gli SNP. La sigla SNP sta per “polimorfismi di un singolo nucleotide” cioè le piccole differenze nella sequenza del DNA (di una singola base) che possono contraddistinguere i diversi individui, le diverse razze, le diverse specie. Questa nuova lente di ingrandimento ha permesso a un gruppo di ricerca che ha pubblicato di recente su Nature di gettare nuova luce su alcuni aspetti della storia evolutiva di Fido.
Innanzitutto, gli SNP di diverse razze canine e di popolazioni di lupi di tutto il mondo sono stati confrontati tra loro. Si scopre così che le popolazioni di lupi grigi geneticamente più simili ai cani moderni risiedono in Medio Oriente, e non in Cina come precedenti studi sembravano suggerire. Ciò significa che il principale centro di domesticazione del cane potrebbe essere proprio la mezzaluna fertile.
Un’altra interessante scoperta riguarda le razze. Sono stati individuati tre gruppi di razze molto diverse dalle altre, forse più antiche o che hanno sperimentato reincroci con il lupo selvatico: un gruppo asiatico (Cow chow, Akita…) un gruppo mediorientale (che comprende per esempio il Levriero afgano) e un gruppo nordico (es. Siberian husky) . Tra queste troviamo anche il Basenji (nella foto), che risulta essere il cane in assoluto più vicino al lupo mediorientale dal punto di vista genetico, e il più divergente rispetto alle altre razze canine, anche se dall’aspetto non si direbbe (vedi foto). Il Basenji potrebbe quindi essere la razza dall’origine più antica tra quelle che conosciamo oggi.
Altri cani mostrano invece parentele con razze molto diverse tra loro: è il caso per esempio dei cani “toy”. Questi animali sono stati ottenuti dagli allevatori incrociando ripetutamente individui di una particolare razza con cani più piccoli o affetti da nanismo, al fine di ottenerne una versione “in miniatura”, e nel loro genoma ritroviamo le tracce di questa storia.
Infine, sono state analizzate le combinazioni di alleli SNP che aumentano di frequenza nel cane rispetto al lupo. Se una particolare variante allelica in un locus (cioè in una regione di dna) è relativamente rara nel lupo e molto più frequente nel cane, è possibile che proprio in quella regione risieda un gene che è stato sottoposto a selezione positiva nel processo di domesticazione. In altre parole, una certa variante di un gene, posizionato proprio in quel punto, conferiva ai lupi una caratteristica che è stata notata dall’uomo, il quale ha favorito la riproduzione degli individui che la possedevano. Le regioni genomiche finora individuate in base a questo principio contengono geni implicati nella memoria e nel comportamento, identificati in studi sul topo e sull’uomo. Uno di essi è coinvolto nella sinrome di Williams-Beuren, una malattia umana molto rara caratterizzata, tra le altre cose, da un carattere estremamente socievole e estroverso.
Tutte queste osservazioni hanno portato i ricercatori a formulare una ipotesi alternativa per spiegare la straordinaria diversità fenotipica del cane, di cui Pikaia aveva già parlato qui. Il nostro amico è stato sottoposto fin dalla notte dei tempi a un’intensa selezione, mirata a raggiungere gli obiettivi più diversi: abbiamo cani da lavoro, da caccia, da guardia, da pastore, fino ad arrivare ai sopracitati cani “giocattolo”. Ogni volta alleli diversi hanno aumentato la loro frequenza fino a raggiungere la fissazione (cioè essere presenti in tutti gli individui) in una determinata razza. Gli esseri umani si sono poi divertiti a mescolare le caratteristiche che loro stessi avevano portato alla luce in secoli di paziente selezione, generando nuove combinazioni come ad esempio le razze “toy” o alcune razze da lavoro. Non sarebbe quindi nel genoma del cane il segreto della diversità tra un San Bernardo e un Chihuaua, ma nel meticoloso lavoro dell’uomo, che nel corso del tempo ha pazientemente scoperto e “coltivato” tante varianti genetiche che in natura sarebbero state svantaggiose o, più spesso, si sarebbero perse per semplice deriva, secondo i capricci del caso.
Attendiamo nuovi studi che dirimano la questione… è il DNA del cane ad essere estrememente mutabile oppure è la simbiosi con l’uomo ad avere modificato l’aspetto del lupo mediorientale, fino a renderlo così variabile nell’aspetto e nel carattere?
Riferimenti:
B M vonHoldt et al.Genome-wide SNP and haplotype analyses reveal a rich history underlying dog domestication, Nature | doi:10.1038/nature08837
Fonte dell’immagine: Wikimedia Commons