Un altro modo di vedere il mondo

3642

Che gli animali siano in grado di percepire le radiazioni lunimose in maniera diversa da noi non è certo una novità. E’ noto infatti che molte specie possono vedere nell’ultravioletto e nell’infrarosso, lunghezze d’onda rispettivamente minori e maggiori di quelle captate dall’occhio umano, comprese tra i 400 ed i 700 nm. Un recente studio, pubblicato su Current Biology, ha domostrato che […]

Che gli animali siano in grado di percepire le radiazioni lunimose in maniera diversa da noi non è certo una novità. E’ noto infatti che molte specie possono vedere nell’ultravioletto e nell’infrarosso, lunghezze d’onda rispettivamente minori e maggiori di quelle captate dall’occhio umano, comprese tra i 400 ed i 700 nm. Un recente studio, pubblicato su Current Biology, ha domostrato che esite un altro modo tramite cui una specie, ma è possibile che ve ne siano mole altre, è in grado di captare la luce: la polarizzazione circolare.
 
La specie in questione è la canocchia pavone (Odontodactylus scyllarus), un piccolo crostaceo stomatopode che vive sui fondali delle barriere coralline e presenta una cuticola molto colorata e punteggiata. Questi animali sono in grado di identificare le sorgenti di luce circolare polarizzata grazie al loro sofisticato apparato visivo, costituito da sei file di piccole unità sensoriali distinte, gli ommatidi, che percepiscono indipendentemente l’uno dall’altro l’informazione visiva. Alcuni di questi ommatidi presentano delle cellule recettrici in grado di convertire la luce circolare polarizzata in una forma lineare e di presentarla così ai recettori che si trovano nella fila successiva.

I ricercatori della University of Queensland, in Australia, e della University of Maryland Baltimore County, che hanno compiuto la scoperta, pensano che questo particolare tipo di percezione visiva possa essersi evoluto non per le attività di caccia o elusione dei predatori, quindi per effetto della selezione naturale, bensì come segnale nelle interazioni socio-sessuali, quindi per effetto della selezione sessuale. Non è un caso infatti che esistano delle aree del carapace che riflettono questo tipo di luce, e non è un caso che queste zone riflettenti siano presenti solo negli individui di sesso maschile.

Tramite questa abilità verrebbero dunque scambiate informazioni di carattere sessuale, utili per la scelta del partner riproduttivo, senza poter essere individuato dai predatori che non sono in grado di percepire questo tipo di luce.

Andrea Romano

Fonte dell’immagine: Wikimedia Commons