Un criterio ontogenetico per definire i phyla animali
I diversi pattern di sviluppo embrionale forniscono un nuovo strumento per definire i diversi phyla animali
Un team internazionale di ricercatori dell’Istituto di Tecnologia Technion- Israel, in collaborazione con colleghi americani, australiani e tedeschi, ha studiato le fasi dello sviluppo di alcune specie animali, riscontrandone una particolare fase di variazione genetica comune, dimostrando i meccanismi che hanno contraddistinto la classificazione animale degli ultimi 300 anni, a partire dal modello proposto nel 1735 da Carlo Linneo. In pratica, potremmo essere di fronte a una ‘oggettiva’ definizione del concetto di phylum, introdotto nel Systema Naturae dal grande naturalista svedese, che è da sempre stato criticato in quanto ritenuto una suddivisione arbitraria della vita.
Lo studio, pubblicato da Nature, è stato svolto su specie animali attribuite a phyla diversi tramite l’applicazione di una tecnica estremamente sofisticata chiamata CEL-Seq. Tale metodo consente di monitorare l’attività di tutti i singoli geni contenuti nella cellula sottoposta all’analisi, per cui il gruppo di ricercatori ha potuto sfruttarne le potenzialità per esaminare i trascrittomi di 70 embrioni di 10 specie diverse. Gli animali appartenenti alle dieci specie in questione sono stati scelti appositamente per le loro differenze nell’organizzazione del piano corporeo (che, in pratica, definisce il loro phylum di appartenenza), con diversi cicli vitali e diversi sviluppi embrionali. Per ciascun phylum selezionato, il team ha poi delineato un profilo genetico partendo dalla fase di sviluppo iniziale fino a quella finale.
I risultati indicano che in tutti i phyla si osserva una straordinaria conservazione dei meccanismi di sviluppo, in quanto in tutte le specie l’ontogenesi comprende due diverse fasi che coinvolgono i medesimi moduli di espressione genica. Quello che invece cambia tra le specie è la fase intermedia dello sviluppo, che viene promossa da pathways di segnalazione e fattori di trascrizione ben diversi in differenti phylum. Sarebbe proprio questa fase intermedia dello sviluppo a determinare l’enorme variazione delle forme che oggi osserviamo e che, secondo gli autori, potrebbe finalmente fornire un criterio univoco per la definizione dei diversi phyla. Per mostrare i risultati ottenuti, il team ha proposto un metodo di rappresentazione dal nome “modello a clessidra”, nelle cui due estremità si trovano i pattern di espressione genica conservata, mentre in quella centrale tutte le differenze tra le specie analizzate.
Tuttavia, il team di ricercatori si pone una serie di interrogativi che per il momento non trovano risposta. In particolare, è possibile che tale variazione nei pattern di sviluppo possa essere esclusivo degli animali. Futuri studi dovranno determinare l’universalità del nuovo concetto di phylum animale proposto da questo studio: un gruppo di specie che condividono la medesima espressione genica nel corso della fase di intermedia di transizione durante lo sviluppo embrionale.
Riferimenti:
Michal Levin, Leon Anavy, Alison G. Cole, Eitan Winter, Natalia Mostov, Sally Khair, Naftalie Senderovich, Ekaterina Kovalev, David H. Silver, Martin Feder, Selene L. Fernandez-Valverde, Nagayasu Nakanishi, David Simmons, Oleg Simakov, Tomas Larsson, Shang-Yun Liu, Ayelet Jerafi-Vider, Karina Yaniv, Joseph F. Ryan, Mark Q. Martindale, Jochen C. Rink, Detlev Arendt, Sandie M. Degnan, Bernard M. Degnan, Tamar Hashimshony, Itai Yanai. The mid-developmental transition and the evolution of animal body plans. Nature, Published online: 17 February 2016.
Immagine: American Technion Society