Un nuovo sguardo all’ossigeno per proteggere i nostri mari

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Uno studio pubblicato sulla rivista Trends in Ecology and Evolution propone un nuovo modo di guardare all’ossigeno negli ambienti marini costieri, le aree che sostengono oltre il 90% della pesca mondiale. La ricerca suggerisce di smettere di pensare all’ossigeno solo come a una condizione ambientale statica, la cui progressiva diminuzione (un processo chiamato deossigenazione) è una minaccia globale. Al contrario, […]

Uno studio pubblicato sulla rivista Trends in Ecology and Evolution propone un nuovo modo di guardare all’ossigeno negli ambienti marini costieri, le aree che sostengono oltre il 90% della pesca mondiale. La ricerca suggerisce di smettere di pensare all’ossigeno solo come a una condizione ambientale statica, la cui progressiva diminuzione (un processo chiamato deossigenazione) è una minaccia globale. Al contrario, gli scienziati propongono di vederlo come una risorsa dinamica e limitata, per la quale gli organismi marini sono in costante competizione.

Il concetto di “oxyscape”: un paesaggio di ossigeno in movimento

I livelli di ossigeno lungo le coste non sono affatto stabili. Variano continuamente nello spazio e nel tempo, creando quello che gli autori chiamano un “oxyscape”, che si può tradurre come “paesaggio dell’ossigeno”. Immaginiamolo come un mosaico invisibile dove la disponibilità di ossigeno cambia da un punto all’altro. Questa variabilità dipende da processi naturali come le onde e le maree, che mescolano l’acqua, e da processi biologici come la fotosintesi (che produce ossigeno) e la respirazione (che lo consuma). Alcune di queste fluttuazioni sono prevedibili, come i cicli tra giorno e notte, altre meno, come quelle causate da ondate di calore o fioriture algali. La vita marina costiera si è evoluta per adattarsi a questa complessa dinamica.

La competizione per l’ossigeno: una gara per la sopravvivenza

Il punto centrale dello studio è che l’ossigeno può essere una risorsa per cui si compete, proprio come il cibo o il territorio. Questa competizione può avvenire in due modi principali.

Il primo tipo è la competizione per sfruttamento, una forma di competizione indiretta. È come quando a una festa molte persone si servono da bere dalla stessa caraffa: chi è più vicino o più veloce ne prende di più, lasciandone meno per gli altri. Allo stesso modo, gli organismi che vivono nello strato superficiale dell’acqua, più ricco di ossigeno, possono consumarne così tanto da ridurne l’arrivo negli strati più profondi, rendendo la vita difficile ad altre specie.

Il secondo tipo è la competizione per interferenza, una gara diretta per la posizione migliore. Qui la contesa non è per l’ossigeno in sé, ma per lo spazio fisico dove il rifornimento di ossigeno è maggiore. È come contendersi il posto vicino a un ventilatore in una stanza affollata: non si compete per l’aria, ma per il punto in cui se ne riceve di più. Nel mondo marino, questo è fondamentale per la riproduzione: assicurarsi un’area ben ossigenata per deporre le uova aumenta enormemente le possibilità di sopravvivenza dei piccoli.

Il ruolo fondamentale dei microrganismi

In questo scenario, i microrganismi giocano un ruolo da protagonisti. Come spiega Matteo Daghio, ricercatore dell’Università di Firenze e co-autore dello studio:

Nello studio delle dinamiche dell’ossigeno negli ambienti acquatici non dobbiamo dimenticarci del ruolo chiave dei microrganismi. Circa 2,4-2,7 miliardi di anni fa, i cianobatteri hanno sviluppato la fotosintesi ossigenica. Questo evento ha segnato una transizione cruciale da un’atmosfera priva di ossigeno a un’atmosfera ricca di ossigeno. I microrganismi contribuiscono ancora in modo significativo alla produzione di ossigeno negli ecosistemi costieri e sono vitali per migliorare la complessità e la biodiversità degli habitat. Altri microrganismi, che vivono negli strati superficiali dei sedimenti – i cosiddetti cable bacteria – sfruttano l’ossigeno presente nell’acqua per generare delle vere e proprie correnti elettriche influenzando la chimica dei sedimenti e la capacità dell’ambiente di rimuovere eventuali inquinanti”.

Per comprendere meglio questi concetti:

• I cianobatteri sono batteri antichissimi che, miliardi di anni fa, “inventarono” la fotosintesi, rilasciando ossigeno come prodotto di scarto. Questo portò al Grande Evento di Ossidazione, un momento epocale in cui l’atmosfera terrestre si arricchì di ossigeno, cambiando per sempre il destino della vita sul pianeta e aprendo la strada all’evoluzione di organismi complessi come noi.

• I cable bacteria (o “batteri-cavo”) sono microbi filamentosi che funzionano come dei microscopici cavi elettrici viventi. Sono in grado di trasportare elettroni su distanze di centimetri, collegando zone con ossigeno a zone senza ossigeno nei fondali marini. Questa abilità unica permette loro, ad esempio, di degradare idrocarburi (come quelli del petrolio) anche in strati di sedimento profondi dove l’ossigeno non arriva, contribuendo a ripulire l’ambiente.

Cosa cambia per la scienza e la conservazione

Questo nuovo modo di pensare ha implicazioni pratiche molto importanti. Attualmente, gli scienziati usano i Modelli di Distribuzione delle Specie (SDM), strumenti informatici simili a mappe predittive, per capire dove vivono le specie e come si sposteranno a causa dei cambiamenti climatici. Il problema è che questi modelli usano quasi sempre valori medi e statici di ossigeno, ignorando le fluttuazioni reali.

Gli autori dello studio sottolineano la necessità di passare dalla semplice misurazione della concentrazione di ossigeno (quanto ossigeno c’è in un litro d’acqua) a quella del tasso di apporto (quanto velocemente nuovo ossigeno arriva in una certa area grazie al movimento dell’acqua). Pensiamo a una stanza: la concentrazione di ossigeno è la stessa sia che l’aria sia ferma sia che ci sia una brezza, ma il nostro benessere cambia radicalmente. Lo stesso vale per gli organismi marini.

Capire come l’ossigeno si muove e viene conteso è un passo fondamentale per creare modelli climatici più accurati e sviluppare strategie di conservazione che proteggano davvero la complessa e dinamica vita dei nostri mari.

Riferimenti:

Fusi, M., Stephenson, F., Navarrete, S. A., Tapia, F. J., Largier, J. L., Marasco, R., Rueger, T., MacDonald, C., Daffonchio, D., Fernandez, M., Wieters, E. A., Booth, J., Daghio, M., Sugden, H., Scaife, K., Evans, D. M., Moore, P., & Baldanzi, S. (2025). The ecology of the oxyscape in coastal ecosystems. Trends in Ecology & Evolution, 40(8), 791–804. https://doi.org/10.1016/j.tree.2025.06.008

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