Un uovo gigante in un’era di giganti

Il fossile di un uovo del tardo Cretaceo è stato scoperto a ridosso delle coste dell’Antartide. Il rinvenimento è eccezionale date le straordinarie dimensioni che lo pone come il più grande mai rinvenuto a guscio morbido e secondo in assoluto

Il fossile di un grosso uovo è stato scoperto nei depositi marini in un tratto di costa del continente antartico. Con le sue misure di 20×29 cm e il peso stimato di 6,5 Kg è il più grande esemplare di uovo a guscio morbido mai rinvenuto finora, e in assoluto il secondo dietro solo a quello prodotto dalle specie della famiglia degli Aepyornithidae, più comunemente conosciuti come uccelli elefanti, enormi pennuti vissuti in Madagascar ed estintisi intorno al XVII secolo.

La sua datazione è stata stimata all’incirca in 68 milioni di anni, collocandolo in tarda era mesozoica, in cui le dimensioni nel regno animale hanno raggiunto misure estreme con i dinosauri non aviari del Cretacico. Tuttavia, l’uovo in questione non sembra appartenere a una qualche loro specie: il suo volume è infatti maggiore di quello delle uova dei dinosauri e presenta anche una diversa struttura membranosa. Rispetto a quello degli Aepyornithidae, invece, il guscio è meno spesso e non presenta una struttura a strati prismoidali: non sarebbe quindi altrettanto poroso.

La morfologia si avvicina invece maggiormente a quella delle uova dei lepidosauri, il gruppo di rettili (Superordine Lepidosauria) caratterizzati da un corpo ricoperto da squame sovrapposte, a cui fanno capo la maggior parte delle lucertole e dei serpenti esistenti.

In base a questa similarità, uno studio pubblicato su Nature Ecology & Evolution e condotto dall’Università di Austin in collaborazione con paleontologi americani e cileni, ipotizza che l’uovo deposto potrebbe essere appartenuto alla sottofamiglia estinta dei lepidosauri, i mosasauri (Mosasauridae), un gruppo di rettili marini vissuto tra 70 e 65 milioni di anni fa (Pikaia ne ha parlato qui, qui, qui e qui), il che collimerebbe anche con la datazione del fossile, in quanto questi animali erano presenti in Antartide in quel periodo.

Non vi è invece certezza sulla specie animale che l’ha deposto, sebbene lo studio istituisca una nuova specie a partire proprio da questo ritrovamento. La specie è stata chiamata Antarcticoolithus bradyi, che significa “uovo fossilizzato tardivo del continente antartico”, in cui “tardivo” si riferisce al lungo intervallo di tempo (160 anni) che separa questo ritrovamento dal primo uovo marino del mesozoico mai scoperto prima (Testudoflexoolithus bathonicae, Buckman, 1860).

L’ipotesi riguardo alla specie a cui fa riferimento l’uovo proposta dagli esperti si basa principalmente su argomentazioni indirette poiché esso si presenta schiuso e non contenente all’interno alcun frammento scheletrico indicante l’organismo. Ciò nonostante il basso fondale dove è stato deposto e ritrovato presenta disseminati numerosi frammenti ossei di mosasauri, molti dei quali di piccole dimensioni, indicando possibili morti premature a causa della predazione da parte di altre specie. Questa ricostruzione, sostengono i ricercatori, suggerirebbe che il luogo di ritrovamento di A. bradyi potesse essere una sorta di “reparto nascite” di questi animali, anche se questa rimane solo un’ipotesi.

Per stimare la dimensione della specie in questione, i ricercatori hanno condotto poi un’analisi filogenetica su oltre 250 specie di lepidosauri conosciute, confrontando le loro dimensioni corporee e quelle delle loro uova: secondo questa analisi, la specie in età adulta poteva superare i sette metri di lunghezza, risultando compatibile con le dimensioni dei mosasauri.

Questo rapporto tra le dimensioni e le caratteristiche dell’uovo e l’organismo contenuto potrebbe spiegare, afferma lo studio, la strategia evolutiva che ne ha promosso tale abbinamento e l’investimento riproduttivo legato al gigantismo e alla ovoviparità dei mosasauri, e in forse generale,  dei grandi rettili marini di questo periodo.

Fonti:
L.J. Legendre et al. A giant soft-shelled egg from the Late Cretaceous of Antarctica. Nature, published online June 17, 2020; doi: 10.1038/s41586-020-2377-7

Image credit: Francisco Hueichaleo