Una memoria più lunga favorisce la cooperazione nei dilemmi sociali

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Proposta una modellizzazione delle strategie decisionali che analizza il livello di collaborazione all’interno di gruppi sociali di varie dimensioni in caso di dilemmi ripetuti. È stato scoperto che una maggior memoria dei singoli individui porta in genere a consolidare un atteggiamento cooperativo all’interno del gruppo

La decisione di un essere umano di collaborare o meno con qualcuno, solitamente, si basa sul principio di reciprocità diretta; tendiamo a cooperare di più con persone che in passato si sono comportate in modo collaborativo nei nostri confronti e dalle quali ci aspettiamo che, in futuro, ci restituiscano il favore. La reciprocità viene poi messa a confronto con il rapporto tra costi e benefici della cooperazione.

Da un punto di vista computazionale, è difficile parametrizzare le decisioni prese in proposito da un gruppo di individui. Nei modelli economici gli operatori vengono generalmente considerati come esseri perfettamente razionali che ricordano tutte le interazioni passate e agiscono in modo da soddisfare a una condizione di equilibrio predefinita. I modelli evolutivi adottano un approccio essenzialmente opposto, limitando il numero di strategie decisionali adottabili oppure ipotizzando che i soggetti si basino unicamente sull’ultima esperienza con gli altri.

Entrambi gli approcci sono semplificazioni matematiche astratte che finora sono state necessarie nell’analisi dei dilemmi ripetuti. Infatti, se si ammette una memoria che tenga conto di più interazioni (round) passate, il calcolo delle strategie decisionali diventa rapidamente ingestibile dal punto di vista computazionale.

Spesso si fa riferimento al dilemma del prigioniero. In questa classica situazione della teoria dei giochi, due prigionieri vengono messi di fronte a una scelta che contempla solo due opzioni: tacere o tradire l’altro. Se entrambi tacciono, restano in prigione per un anno; se uno dei due parla viene subito rilasciato, ma l’altro si fa tre anni di galera; se entrambi parlano ricevono due anni. Si tratta di un problema importante perché mette in evidenza come entrambi i soggetti abbiano una motivazione per tradire (la scarcerazione immediata), e siano tanto più motivati a farlo quanto più sono sicuri che l’altro non parlerà.

Esistono diverse strategie che affrontano il caso in cui il dilemma si presenti in modo ripetuto. Tuttavia, nel caso (già semplificato) del dilemma del prigioniero, queste strategie sono numericamente trattabili solo se ciascun soggetto-giocatore ricorda unicamente l’ultima scelta dell’altro. Se incominciano a ricordare i due round precedenti, le strategie possibili diventano 65536; se si considerano individui in grado di ricordare gli ultimi 3 round questo numero schizza fino a 1,84*1019.

Le simulazioni che rappresentano l’evoluzione delle strategie decisionali all’interno di un gruppo diventano dunque presto inadeguate a esplorare tutte le opzioni considerabili per soggetti con abilità cognitive appena superiori, per non parlare delle situazioni sociali più comuni in cui gli individui interagenti sono anche molti più di due.

Per affrontare questo problema computazionale, un gruppo di ricercatori facenti riferimento all’Institute of Science and Technology Austria hanno proposto un approccio alternativo al problema di simulare questi dilemmi, che si può generalizzare ai casi in cui intervengono più soggetti in grado di ricordare fino a un numero imprecisato di interazioni precedenti. 

Nella loro ricerca, pubblicata sulla rivista Proceedings of the National Academy of Science, gli studiosi hanno identificato tre caratteristiche intuitive che ogni valida strategia decisionale dovrebbe avere all’interno di un gruppo sociale:

– Mutua cooperazione; i vari soggetti continuano a cooperare dopo un certo numero di round in cui si è verificata collaborazione reciproca.
– Possibilità di riparare agli errori; se un soggetto si comporta in modo non collaborativo, ha la possibilità di ottenere nuovamente la cooperazione degli altri dopo un numero finito di interazioni;
– Una certa severità nei confronti degli “infedeli”; ossia, coloro che hanno disertato devono aspettare almeno un certo numero (non troppo basso) di round prima di ottenere nuovamente la collaborazione degli altri. Questo protegge il gruppo dalla vulnerabilità data da soggetti che approfittano della possibilità di redimersi e dell’altruismo degli altri.

Si dimostra che l’esito naturale di queste proprietà è una classe di strategie collaborative che si dimostra tanto più stabile quanto più i membri del gruppo sono in grado di ricordare le interazioni passate. Una delle conseguenze è che coloro che sono in grado di ricordare k round passati collaboreranno solo se tutti gli altri membri del gruppo hanno fatto sempre la stessa scelta (collaborare o meno) negli ultimi k round.


Questo tipo di strategie fa parte della categoria chiamata All-or-Nothing (AON, “tutto o niente”). Alcune delle strategie comunemente utilizzate per il dilemma del prigioniero sono casi particolari di AON in cui il numero k è uguale a 1, ma le AON si possono estendere a dilemmi sociali diversi in gruppi di dimensioni arbitrarie.

Una delle previsioni di questo studio è che, se i soggetti che ricordano le due interazioni precedenti anziché una, è sufficiente un rapporto benefici-costi minore per ottenere un comportamento collaborativo tra i vari membri del gruppo; in altre parole, è più difficile “corrompere” i membri del gruppo e indurli a un comportamento antisociale se le loro decisioni sono basate sui due round precedenti anziché su uno solo.

Un’altra importante conclusione dello studio è che, affinché la collaborazione evolva, non è sufficiente ricordare quanto spesso gli altri membri del gruppo sono stati collaborativi, ma anche in quale specifica occasione; in altri termini, il successo di una strategia decisionale non dipende solo dal grado di collaborazione degli altri individui, ma anche dal contesto.


Fonte:
Hilbe et al., Memory-n strategies of direct reciprocity, Proceedings of the National Academy of Science (2017) doi: 10.1073/pnas.162123911

Immagine: Jacques-Louis David [Public domain], via Wikimedia Commons