Una visita alla mostra ‘Dalla pietra al mouse’
Cosa ci differenzia dalle altre specie? Grazie alla progettualità e all’esperienza, e a causa della necessità di affrontare le circostanze esterne, l’uomo è riuscito a creare strumenti tecnologici che gli hanno permesso di superare ogni ambiente. La mostra Dalla pietra al mouse (Pikaia ne aveva parlato qui), al Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino, propone una raccolta di oggetti […]
Cosa ci differenzia dalle altre specie? Grazie alla progettualità e all’esperienza, e a causa della necessità di affrontare le circostanze esterne, l’uomo è riuscito a creare strumenti tecnologici che gli hanno permesso di superare ogni ambiente. La mostra Dalla pietra al mouse (Pikaia ne aveva parlato qui), al Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino, propone una raccolta di oggetti (repliche di Archeologia Sperimentale) lungo un percorso evolutivo, durante il quale l’uomo ha inventato soluzioni tecniche che lo hanno aiutato a vivere e sopravvivere. Guidati simbolicamente dalle impronte fossili di ominidi di Laetoli, sito archeologico della Tanzania, si attraversano quattro grandi tappe della storia dell’uomo: dai primi ominidi al Paleolitico superiore, per approdare al Neolitico e poi all’Età del Bronzo.
In Africa nasce la tecnologia: testimoni sono, ad esempio, i primi sassi scheggiati, usati come spacca-ossa, o i primi bastoni appuntiti per raggiungere tuberi e piccoli insetti nel suolo. Nelle popolazioni di Homo, l’attività strumentale, che si accompagna all’aumento della capacità cranica e ad una struttura corporea quasi moderna (sempre più eretta), permette la migrazione dall’Africa verso l’Eurasia: i nostri antenati diventano così cacciatori e raccoglitori. L’elaborazione di nuovi strumenti diviene incessante, gli utensili sono diversificati e standardizzati per diverse necessità e non vengono più abbandonati, bensì recuperati e custoditi. L’addomesticamento del fuoco è il fenomeno decisivo nell’evoluzione dell’uomo: non è solo tecnologia, ma fattore di cambiamento sociale. E’ qui che si incontrano le bolas, lacci appesantiti da pietre per catturare animali in corsa, le frombole e i nuclei di pietra lavorati con tecniche innovative. In Europa, Homo sapiens, grazie al linguaggio parlato e simbolico, riesce a trasmettere informazioni in modo veloce e preciso, permettendo una condivisione e una pianificazione di gruppo: diventa artista, oltre che cacciatore. Si vedono le prime pietre dipinte, l’uso dei pigmenti naturali per la decorazione degli strumenti di caccia, i primi oggetti di ornamento. Dall’altra parte la selezione e lo sfruttamento delle risorse naturali e dei territori è testimonianza che l’uomo è diventato agricoltore stanziale. Grazie a tecnologie, quali la ceramica e la metallurgia, riesce a immagazzinare i frutti della pratica agricola e a produrre strumenti solidi e potenti per la caccia.
Con un grande salto temporale si è catapultati nel mondo dell’uomo dell’ultimo secolo: tre teche per tre aree geografiche. Da una linea temporale che caratterizza tutta la prima parte dell’esposizione, si offre, ora, al visitatore una mappa per mostrare come la strategia di sopravvivenza basata essenzialmente sulla caccia e la raccolta sia parte integrante della biologia dell’uomo moderno. Gli utensili e i manufatti originali degli ultimi cacciatori-raccoglitori di Africa, Asia e Oceania, e Americhe sono le prove che l’uomo ha sempre ideato per sé delle protesi, capaci di aiutarlo a “muoversi” nella natura, e che continua a farlo. E’ qui che si scoprono e ritrovano strumenti come il rombo aerofano, tipico delle zone desertiche o a bassa vegetazione, per il richiamo strategico dei propri compagni durante le battute di caccia, o l’arco a S degli Andamani, ideale per individui di bassa statura, o i miglioramenti tecnici dell’arco degli Amazzonici tramite l’uso intelligente del veleno vegetale.
Il tema della sopravvivenza in chiave moderna è ben delineato nell’ultima parte, in cui vengono riproposti gli stessi attrezzi di un tempo, oggi rivisitati grazie ai materiali tecnici e altamente innovativi, usati nelle pratiche sportive outdoor. Per passione o per terapia contro la mancata defatigazione adrenalinica, oggi l’uomo affronta ambienti ostili, adattandovisi; per questo ha bisogno di archi ipertecnologici, di coltelli multiuso, non molto lontani concettualmente dalle pietre affilate dei nostri antenati, di pugnali, e anche di manuali per trasmettere una serie di conoscenze. Perché, in fondo, siamo sempre stati “Homo faber”. E i computer e i telefoni cellulari? Per memorizzare e trasferire le informazioni e creare una rete di comunicazione sociale.
E’ un percorso che non stanca, perché equilibrato e ricco di oggetti da scoprire: grazie ad un coinvolgente ed efficace laboratorio, rivolto sia ai più piccoli che agli adulti, si possono comprendere i tanti “come” e “perché” di svariati utensili e manufatti. Un’esposizione piuttosto classica accompagna il visitatore lungo le due sezioni della mostra (quella temporale e quella geografica), tra teche stracolme di oggetti originali e riproduzioni fedeli, e cartelloni esplicativi alquanto scenografici. Tuttavia capace di coinvolgerlo, perché un occhio al passato lo aiuta a comprendere l’oggi e pensare al domani.
Stefania Stivanin
Link: Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino
Foto: bifacciale in selce della cultura Acheuleana (500-300 mila anni fa). Museo di Tolosa. Fonte: Wikimedia commons, © Didier Descouens, aprile 2011.
In Africa nasce la tecnologia: testimoni sono, ad esempio, i primi sassi scheggiati, usati come spacca-ossa, o i primi bastoni appuntiti per raggiungere tuberi e piccoli insetti nel suolo. Nelle popolazioni di Homo, l’attività strumentale, che si accompagna all’aumento della capacità cranica e ad una struttura corporea quasi moderna (sempre più eretta), permette la migrazione dall’Africa verso l’Eurasia: i nostri antenati diventano così cacciatori e raccoglitori. L’elaborazione di nuovi strumenti diviene incessante, gli utensili sono diversificati e standardizzati per diverse necessità e non vengono più abbandonati, bensì recuperati e custoditi. L’addomesticamento del fuoco è il fenomeno decisivo nell’evoluzione dell’uomo: non è solo tecnologia, ma fattore di cambiamento sociale. E’ qui che si incontrano le bolas, lacci appesantiti da pietre per catturare animali in corsa, le frombole e i nuclei di pietra lavorati con tecniche innovative. In Europa, Homo sapiens, grazie al linguaggio parlato e simbolico, riesce a trasmettere informazioni in modo veloce e preciso, permettendo una condivisione e una pianificazione di gruppo: diventa artista, oltre che cacciatore. Si vedono le prime pietre dipinte, l’uso dei pigmenti naturali per la decorazione degli strumenti di caccia, i primi oggetti di ornamento. Dall’altra parte la selezione e lo sfruttamento delle risorse naturali e dei territori è testimonianza che l’uomo è diventato agricoltore stanziale. Grazie a tecnologie, quali la ceramica e la metallurgia, riesce a immagazzinare i frutti della pratica agricola e a produrre strumenti solidi e potenti per la caccia.
Con un grande salto temporale si è catapultati nel mondo dell’uomo dell’ultimo secolo: tre teche per tre aree geografiche. Da una linea temporale che caratterizza tutta la prima parte dell’esposizione, si offre, ora, al visitatore una mappa per mostrare come la strategia di sopravvivenza basata essenzialmente sulla caccia e la raccolta sia parte integrante della biologia dell’uomo moderno. Gli utensili e i manufatti originali degli ultimi cacciatori-raccoglitori di Africa, Asia e Oceania, e Americhe sono le prove che l’uomo ha sempre ideato per sé delle protesi, capaci di aiutarlo a “muoversi” nella natura, e che continua a farlo. E’ qui che si scoprono e ritrovano strumenti come il rombo aerofano, tipico delle zone desertiche o a bassa vegetazione, per il richiamo strategico dei propri compagni durante le battute di caccia, o l’arco a S degli Andamani, ideale per individui di bassa statura, o i miglioramenti tecnici dell’arco degli Amazzonici tramite l’uso intelligente del veleno vegetale.
Il tema della sopravvivenza in chiave moderna è ben delineato nell’ultima parte, in cui vengono riproposti gli stessi attrezzi di un tempo, oggi rivisitati grazie ai materiali tecnici e altamente innovativi, usati nelle pratiche sportive outdoor. Per passione o per terapia contro la mancata defatigazione adrenalinica, oggi l’uomo affronta ambienti ostili, adattandovisi; per questo ha bisogno di archi ipertecnologici, di coltelli multiuso, non molto lontani concettualmente dalle pietre affilate dei nostri antenati, di pugnali, e anche di manuali per trasmettere una serie di conoscenze. Perché, in fondo, siamo sempre stati “Homo faber”. E i computer e i telefoni cellulari? Per memorizzare e trasferire le informazioni e creare una rete di comunicazione sociale.
E’ un percorso che non stanca, perché equilibrato e ricco di oggetti da scoprire: grazie ad un coinvolgente ed efficace laboratorio, rivolto sia ai più piccoli che agli adulti, si possono comprendere i tanti “come” e “perché” di svariati utensili e manufatti. Un’esposizione piuttosto classica accompagna il visitatore lungo le due sezioni della mostra (quella temporale e quella geografica), tra teche stracolme di oggetti originali e riproduzioni fedeli, e cartelloni esplicativi alquanto scenografici. Tuttavia capace di coinvolgerlo, perché un occhio al passato lo aiuta a comprendere l’oggi e pensare al domani.
Stefania Stivanin
Link: Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino
Foto: bifacciale in selce della cultura Acheuleana (500-300 mila anni fa). Museo di Tolosa. Fonte: Wikimedia commons, © Didier Descouens, aprile 2011.