Alcune esperienze lasciano il segno…nei nostri geni!

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Aumentano le evidenze dell’importanza dell’epigenetica nei processi evolutivi

L’ultimo numero della rivista Nature contiene un interessante editoriale dal titolo “Epigenetics: the sins of the father“ dedicato all’eredità epigenetica. La possibilità che “esperienze” (nel senso lato del termine) potessero lasciare una traccia sul nostro DNA è stata considerata per molto tempo una assoluta eresia genetica, poiché si riteneva che a livello germinale/gametico, tutte le marcature epigenetiche venissero cancellate, come illustrato nella figura, ripresa dall’articolo di Nature.
Nel corso degli ultimi anni sempre più evidenze sperimentali sembrano suggerire un quadro diverso, per cui se al tempo della pubblicazione di “L’evoluzione in quattro dimensioni” di Eva Jablonka e Marion J. Lamb l’eredità epigenetica era una possibilità da indagare con attenzione, oggi non vi sono dubbi sul fatto che questo accada, ma in questa fase ci si interroga su quali meccanismi permettano questa forma di ereditarietà.
Il caso sperimentale che Virginia Hughes riporta su Nature questa settimana è relativo ai dati recentemente pubblicati da Brian Dias e Kerry Ressler sulla rivista Nature Neuroscience, secondo cui stimoli associati alla paura e subiti dai genitori (nello specifico dal padre) possono essere trasmessi alla progenie per via epigenetica, influenzandone il comportamento (Pikaia ne aveva già parlato qui).
Nello specifico, topi maschi che avevano associato l’odore dell’acetofenone ( una sostanza aromatica che ricorda l’aroma della mandorla) ad uno stimolo di paura, se incrociati con femmine non stimolate con tale sostanza, generavano una prole che rispondeva in modo più intenso all’acetofenone rispetto ai controlli. Questo risultato deriverebbe dall’incremento dell’attivazione del gene Olfr151 (che codifica per il recettore specifico che lega l’acetofenone) a seguito di una sua ipometilazione. Questa variazione metilativa, alla base della risposta nel padre, verrebbe trasmessa come tale nella prole.
L’esempio illustrato su Nature è solo uno dei tanti pubblicati, tra cui anche casi di eredità epigenetica associati all’insorgenza di malattie come il diabete (come mostra la pubblicazione di Wei et al 2014) e l’obesità (si veda l’articolo di Skinner su BMC Medicine) e come ben riassunto nella review di Sobry pubblicata sulla rivista Bioessays all’inizio di quest’anno.
Il quadro che emerge con sempre maggior forza è che oltre ai nostri geni, vi sia anche una forma di trasmissione di epigeni, intesi come geni con una specifica marcatura epigenetica. Se sinora si erano quindi studiate le variazioni alleliche, ora sarà importante studiarne anche le modificazioni epigenetiche andando quindi a mettere a confronto tra di loro anche gli epialleli, ovvero alleli identici per sequenza nucleotidica, ma diversi per marcature epigenetiche. Sebbene servano altri dati per consolidare le modalità di funzionamento dell’eredità epigenetica, è interessante notare come la presenza di una solida base sperimentale sia stata la chiave per il successo di questa nuova idea e questo ben esemplifica il modo in cui la scienza procede.
Mauro Mandrioli
Riferimenti:
Dias BG, & Ressler KJ (2014). Parental olfactory experience influences behavior and neural structure in subsequent generations. Nature Neuroscience, 17 (1), 89-96 PMID: 24292232
Soubry A, Hoyo C, Jirtle RL, & Murphy SK (2014). A paternal environmental legacy: Evidence for epigenetic inheritance through the male germ line. BioEssays : news and reviews in molecular, cellular and developmental biology PMID: 24431278
Wei Y, Yang CR, Wei YP, Zhao ZA, Hou Y, Schatten H, & Sun QY (2014). Paternally induced transgenerational inheritance of susceptibility to diabetes in mammals. Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America, 111 (5), 1873-8 PMID: 24449870