Come evolve la teoria dell’evoluzione: una pluralità di pattern esplicativi

Aggiornare la teoria dell’evoluzione o lasciare la versione standard? Un articolo di Telmo Pievani su Evolutionary Biology

Nell’ottobre 2014 Nature aveva pubblicato un articolo (Pikaia ne ha parlato qui) in cui due gruppi contrapposti di evoluzionisti discutevano se un ripensamento della teoria dell’evoluzione fosse necessario oppure no, dati gli sviluppi delle scienze biologiche post Sintesi Moderna, all’incirca dagli anni ’60 del Novecento ad oggi: teoria neutrale dell’evoluzione molecolare, equilibri punteggiati, biologia dello sviluppo, costruzione di nicchia, epigenetica, plasticità fenotipica, ecc.

Un articolo pubblicato per Evolutionary Biology a firma del filosofo della biologia Telmo Pievani analizza con cura la rilevanza del dibattito, proponendo un’interessante chiave di lettura capace di mettere ordine nel polverone sollevato da riformisti e conservatori, ovvero, rispettivamente, i sostenitori di una Sintesi Estesa (Evolutionary Extended Synthesis – EES) e i difensori dell’ortodossia neo-darwiniana della Sintesi Moderna (Standard Evolutionary Theory – SET), secondo i quali l’explanandum principale della biologia evoluzionistica rimane l’adattamento e le sue basi genetiche.

Che in letteratura si stiano accumulando ricerche intorno ai temi portati all’attenzione dai sostenitori della EES (biologia dello sviluppo o evo-devo, costruzione di nicchia, una visione ampliata dell’ereditarietà includente l’epigenetica, plasticità fenotipica) è certamente vero; tuttavia, la proposta dei riformisti sembra ancora mancare di una struttura coerente: somiglia più a un elenco di processi osservati e tenuti insieme dalla radicale opposizione al riduzionismo genetico. Inoltre, la EES non sembra dedicare interesse a fattori e processi macroevolutivi, risultando in qualcosa di simile a un “riduzionismo organismico”.

La stessa decisione della rivista Nature di presentare il dibattito intorno all’aggiornamento della teoria evoluzionistica come nettamente diviso in due fazioni risulta discutibile, in quanto all’interno della comunità scientifica sono invece presenti molteplici sfaccettature teoriche: un esempio non considerato è il mutazionismo di Masatoshi Nei.

Tuttavia, non vi sono solo contrapposizioni tra riformisti e conservatori: entrambi i gruppi, nello studiare meccanismi di variazione e selezione, sono darwiniani senza prefissi (neo-, post-). La contesa sembra lasciar invariato questo nucleo fondamentale del programma di ricerca evoluzionistico. In questi termini non si può parlare di uno slittamento di paradigma o di rivoluzione scientifica come la intendeva Thomas Kuhn. Per comprendere come stia evolvendo la teoria evoluzionistica, sembra più opportuno adottare l’architettura del programma di ricerca scientifico proposta dal filosofo della scienza Imre Lakatos, composto da un nucleo contenente gli assunti teorici e metodologici condivisi dalla comunità scientifica e da una cintura protettiva in cui integrazioni e assunzioni ausiliarie, capaci di ampliare il potere esplicativo del programma di ricerca, vengono soppesate dalla comunità scientifica.

Ma quali sono gli elementi che compongono il programma di ricerca evoluzionistico? Pattern evolutivi (evolutionary patterns) è la proposta di Pievani. L’evoluzione è un processo storico non predeterminato, ma nemmeno del tutto casuale; nel suo dispiegarsi, alcune regolarità e schemi ricorrenti sono identificabili. Di questo si occupa la biologia evoluzionistica: individuare tali regolarità e stabilire le loro interrelazioni. Oggi, la complessità dei fenomeni che questa disciplina si trova a trattare è aumentata al punto che occorre mettere ordine tra gli strumenti interpretativi a sua disposizione, e il concetto di pattern è proprio ciò che fa al caso nostro. Un pattern evolutivo è uno schema di processi ed eventi storici ripetuti, non è una legge universale (come la gravitazione in fisica), ma qualcosa di più soft, una regolarità law-like, ovvero che si verifica date certe condizioni.

Così, munendosi del concetto di pattern evolutivo, è possibile fornire una struttura coerente al dibattito attorno al ripensamento della teoria evoluzionistica neo-darwiniana tra riformisti e conservatori. Il piano descrittivo delle evidenze fattuali dell’evoluzione resta invariato: discendenza comune con modificazioni, continuità del cambiamento evolutivo, unità filogenetica di tutti gli esseri viventi, organismi come portatori di variazioni e unità fondamentali dell’evoluzione. Il livello esplicativo invece è arricchito da una pluralità di strumenti esplicativi, riuniti da Pievani in 4 fondamentali raggruppamenti:

1-Pattern variazionali: molteplici fonti di variazione ereditabile, cioè genetica ed epigenetica, ereditarietà di nicchia ecologica e trasmissione culturale; plasticità fenotipica e di sviluppo; trasferimento genetico orizzontale.
2-Pattern selettivi: selezione naturale a livello individuale, selezione sessuale, selezione di parentela, selezione di gruppo, selezione artificiale, competizione spermatica, effetti retroattivi come costruzione di nicchia, co-adattamenti.
3-Pattern neutralistici: deriva genetica, contingenze storiche, effetti strutturali non selettivi dovuti a vincoli della forma, vincoli di sviluppo, canalizzazione.
4-Pattern macroevolutivi: pattern di speciazione, di co-evoluzione, turnover pulses, radiazioni adattative, estinzioni di massa, transizioni evolutive fondamentali, simbiogenesi.

Il nucleo del programma di ricerca evoluzionistico sembra mostrare un’anima pluralista: la variazione non è più un’esclusiva del solo livello genetico, ma è espressa da una pluralità di pattern variazionali (genetici, epigenetici, ecologici, culturali). Lo stesso dicasi per i processi selettivi (selezione a livello individuale, sessuale, di parentela, a livello di gruppo). Pluralità significa anche non mutua esclusione: modificazioni genetiche ed epigenetiche forniscono insieme materiale variazionale da sottoporre al filtro dei processi selettivi (selezione naturale, sessuale, di parentela, ecc.) e non selettivi (deriva genetica, contingenze storiche, ecc.).

Attorno al nucleo esplicativo, una varietà di problemi aperti possono venir discussi all’interno della comunità scientifica e collocati nella cintura protettiva della nostra architettura concettuale, come ad esempio i ritmi (graduali o punteggiati) dei cambiamenti evolutivi. A ben vedere, il nucleo neo-darwiniano pluralista proposto da Pievani sembra capace di includere i quattro pattern che secondo i riformisti rivoluzionerebbero la teoria evoluzionistica. Al contempo, il nucleo appare considerevolmente ampliato rispetto al minimalismo difeso dai conservatori (variazione e selezione).

La proposta di Pievani tuttavia non si ferma qua. Come già evidenziato, i riformisti tendono ad appiattire la loro analisi al livello intermedio dell’organismo, quando invece una teoria evoluzionistica aggiornata dovrebbe saper tenere insieme tutti i livelli della gerarchia biologica, essendo in grado di conciliare l’indipendenza dei processi microevolutivi e macroevolutivi, e non estrapolando semplicemente i secondi dai primi.

È per questo che la migliore “meta-teoria” capace di render conto di questo pluralismo di pattern e di livelli, in una struttura integrata e coerente, è ritenuta essere la Teoria Gerarchica proposta dal paleontologo Niles Eldredge. Alla delineazione di questa stimolante proposta sta lavorando ‘The Hierarchy Group‘ (Pikaia ne ha parlato qui), un gruppo internazionale di ricerca composto da biologi, paleontologi, antropologi, storici e filosofi con sede operativa al dipartimento di biologia dell’università di Padova.


Riferimenti:
Pievani T. (2015) How to rethink evolutionary theory: a plurality of evolutionary patterns, Evolutionary Biology, (http://link.springer.com/article/10.1007%2Fs11692-015-9338-3)

Image credit: By L rempe – Dr. L. Rempe (Own work) [Public domain or CC BY 3.0 (http://creativecommons.org/licenses/by/3.0)], via Wikimedia Commons