Contingenza e serendipità: un viaggio nell’evoluzione del possibile

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Intrecciando scienza, filosofia e letteratura, tra Lucrezio e Calvino, Pievani ci guida attraverso Babele per mostrarci quanto è vasto e sconosciuto il mondo del possibile che non si è ancora realizzato

Titolo: Tutti i mondi possibili. Un’avventura nella grande biblioteca dell’evoluzione

Autore: Telmo Pievani

Editore: Raffaello Cortina Milano

Anno: 2024

Pag.: 189

Prezzo: euro 15

Borges, La biblioteca di Babele, 1941. Nell’estate del 1976 quel gran testo capita fra le mani di Frances Arnold (1956), a Madrid in vacanza, ventenne studentessa statunitense di Ingegneria meccanica e aerospaziale a Princeton. Avrà un’illuminazione, le resterà sempre in testa durante decenni di studi e ricerche fino al Premio Nobel per la Chimica nel 2018.

Se ci fermiamo un attimo a pensarci (sotto una guida sicura) non si trattò di una combinazione solo casuale, bensì possibile, giustificata e feconda. L’immagine della libreria di tutte le librerie un po’ è un’idea di un reale concepibile, un po’ è una metafora di altre idee da concepire intorno alla geometria e alla matematica: un esagono circondato da altri esagoni, 10 alla 84 libri, un numero finito ancorché iperastronomicamente grande, una biblioteca malinconica illimitata periodica, un gioco combinatorio.

Ci si riflette da millenni: per rendere il mondo intellegibile bisogna raccontarlo, bisogna esplorare le combinazioni rispettive di parole e cose. Tuttavia, quando ci si trova immersi in una quantità così soverchiante di informazioni e non si ha una guida, il vero e il falso sono indistinguibili e nessuna notizia è attendibile. E se non ci limitassimo ai libri? Se cercassimo una guida adatta? Il noto evoluzionista John Maynard Smith diede uno spunto ad Arnold: fantasticò su un’enorme biblioteca di proteine, i mattoni degli esseri viventi che vengono sintetizzati a partire dai geni. Le proteine sono come parole: sono date da una sequenza di “lettere” di un alfabeto (gli aminoacidi). La selezione fa viaggiare ed evolvere le proteine, i loro geni, gli organismi, le specie, dentro vari paesaggi o ecosistemi adattativi. Eppure, il morfospazio degli animali è pieno di zone vuote: perché? Qual è il senso, per la scienza, di immaginare mondi che non esistono per spiegare la realtà? Dopo più di 40 anni Frances Arnold, svelerà qualche enigma e scoprirà forme e combinazioni che l’evoluzione non aveva ancora esplorato. Lasciamoci guidare. 

Il grande Telmo Pievani (Bergamo, 1970) fu allievo di uno straordinario scienziato americano (Stephen Jay Gould, 1941-2002) e oggi è lui stesso maestro di cultura scientifica universale, docente di Filosofia delle scienze biologiche all’Università di Padova, ora visiting professor presso l’American Museum of Natural History di New York. Intrecciando scienza, filosofia e letteratura, tra Lucrezio e Calvino, Pievani ci guida attraverso Babele per mostrarci quanto è vasto e sconosciuto il mondo del possibile che non si è ancora realizzato. L’evoluzione ha esplorato sin qui soltanto un piccolo sottoinsieme del possibile, in barba a tutte le nostre idee di progresso, efficienza, ottimalità, teleologia. Se poi ci accorgiamo che anche tra le forme plausibili di vita ci sono vastissime lacune, allora è sensato pensare che vi sia un elemento di contingenza pure nel modo in cui la realtà si dissemina nello spazio delle possibilità. Così, sperimentando dal basso, con l’evoluzione direzionata degli enzimi Arnold ha scoperto che le proteine possono fare molte cose che la natura contingentemente non ha mai chiesto loro di fare, incluse alcune dalle quali gli esseri umani potrebbero trarre notevole giovamento.

Gli enzimi possiedono un potenziale latente, per esempio la scienziata ha realizzato (e offerto gratuitamente all’umanità) enzimi che creano legami carbonio-silicio per prodotti organo-siliconici. I sette capitoli intrecciano mirabilmente Borges e Arnold, contesti culturali e vicende biografiche, antiche intuizioni e polemiche contemporanee, ipotesi studiate e domande future. Capiamo così meglio la storia sociale delle ricerche scientifiche e le intenzionalità logicamente determinate, l’importanza delle domande del ricercatore e delle menti preparate, il ruolo preponderante della contingenza serendipitosa, il peso possibile di errori e dimenticanze, le eventuali anomalie degli accidenti e dei sogni, insomma l’ecologia della serendipità. La specie umana è un’enciclopedia di exaptation (Gould), di riuso ingegnoso e opportunistico di strutture già esistenti. L’ignoto è e sempre sarà sterminato, ma la vera ignoranza non è l’assenza di conoscenza, ma il rifiuto di acquisirla, di usare (insieme e democraticamente) il metodo sperimentale e la razionalità del possibile.