Evoluzione per inquinamento innaturale

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Quando l’ambiente si modifica in maniera consistente le popolazioni animali si trovano di fronte ad un inconsapevole bivio: estinguersi o adattarsi alle nuove condizioni. A tal proposito, interessante è il caso del merluzzo Microgadus tomcod, una specie che vive nelle acque del fiume Hudson, documentato sull’ultimo numero della rivista Science. Sembra infatti che alcune popolazioni di questo pesce siano riuscite […]


Quando l’ambiente si modifica in maniera consistente le popolazioni animali si trovano di fronte ad un inconsapevole bivio: estinguersi o adattarsi alle nuove condizioni. A tal proposito, interessante è il caso del merluzzo Microgadus tomcod, una specie che vive nelle acque del fiume Hudson, documentato sull’ultimo numero della rivista Science.

Sembra infatti che alcune popolazioni di questo pesce siano riuscite ad adattarsi alle sfavorevoli condizioni ambientali imposte dalla continua immissione di inquinanti persistenti ed altamente tossici per gli organismi, i policlorobifenili (PCB). Queste sostanze, essendo liposolubili, penetrano con facilità all’interno degli organismi (le cellule sono circondate da una membrana lipidica) in cui vengono accumulate, provocando nei mammiferi pesanti interferenze con gli apparati endocrini. Ma la specie in questione è in grado di accumulare policlorobifenili a concentrazioni più alte di qualunque vertebrato noto.

Come fanno questi pesci a tollerare così alte concentrazioni di PCB? Dallo studio emerge un chiaro esempio di azione della selazione naturale: sono avvenute infatti alcune piccole modifiche a livello molecolare che hanno ridotto l’affinità di un recettore (AHR2) per queste sostanze inquinanti. In particolare, grazie alla perdita di due dei 1104 aminoacidi della proteina, le cellule di Microgadus tomcod legano in maniera molto più blanda i PCB, rendendoli praticamente inoffensivi. Questa variante del recettore non si ritrova in nessun altra popolazione della stessa specie, ad indicare che la pressione selettiva è stata probabilmente esercitata dall’elevata presenza di contaminanti nelle acque.

La selezione naturale, concludono i ricercatori, ha dunque promosso questi cambiamenti adattativi nel corso di un intervallo di tempo relativamente corto (alcune decine di anni), consentendo ai Microgadus tomcod del fiume Hudson di continuare a proliferare nelle sue acque. Ma un nuovo problema si scorge all’orizzonte e riguarda l’intera catena alimentare, e in particolar modo i suoi predatori: siccome i contaminanti si accumulano a concentrazioni sempre più elevate man mano che si sale nei livelli delle reti trofiche (secondo il fenomeno detto biomagnificazione), è possibile che la capacità di accumulare PCB senza conseguenze negative di Microgadus tomcod si risenta in tempi brevi sulle specie, incluso l’uomo, che di questo pesce si nutrono.

Andrea Romano


Riferimenti:
Isaac Wirgin, Nirmal K. Roy, Matthew Loftus, R. Christopher Chambers, Diana G. Franks and Mark E. Hahn. Mechanistic Basis of Resistance to PCBs in Atlantic Tomcod from the Hudson River. Science, 17 February 2011 DOI: 10.1126/science.1197296