Fatti per capire – Svelata la storia genetica del caffè Arabica. Perché ci deve interessare?
Riproponiamo l’articolo “Svelata la storia genetica del caffè Arabica. Perché ci deve interessare?”, a cura di Chiara Albicocco, dedicato a una recente ricerca italiana. Dal progetto a cura di Barbara Gallavotti “Fatti per capire” del Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci
Il caffè Arabica è la specie più pregiata in commercio. Da Coffea arabica, questo il nome scientifico, si ottiene un caffè di altissima qualità e rappresenta il 60% della produzione mondiale. Un gruppo di ricercatori italiani ha sequenziato il suo DNA e ne ha ricostruito la storia genetica.
Lo studio, pubblicato su Nature Communications, è stato realizzato dal Dipartimento di scienze agroalimentari, ambientali e animali dell’Università di Udine e dall’Istituto di Genomica Applicata, in collaborazione e con il sostegno delle aziende illycaffè e Lavazza.
Al mondo ci sono circa 100 specie di caffè, di ognuna esistono molte varietà, caratterizzate da differenze genetiche sufficienti a distinguerle l’una dall’altra e che conferiscono a ciascuna proprietà fisiche e organolettiche peculiari.
In una prima fase si è ottenuto il sequenziamento del genoma di Coffea arabica che ha permesso di analizzare nel dettaglio la struttura dei cromosomi e comprendere i meccanismi che generano la diversità genetica di questa specie. Il genoma così ottenuto è stato confrontato con quello di altre 174 varietà. Questo passaggio cruciale ha permesso, poi, di ricostruire l’intera storia genetica: Arabica si è generata in tempi relativamente recenti in Africa dall’unione di due specie.
Va specificato che il caffè venduto commercialmente è ottenuto principalmente da due specie, Coffea canephora e Coffea arabica, conosciute anche come Robusta e Arabica. Gli scienziati hanno scoperto che Arabica si è generata dall’incrocio fra i progenitori dell’attuale Robusta e un’altra specie di caffè a essa vicina, la Coffea eugenioides, a cui è seguito un raddoppio del numero di cromosomi per creare l’attuale Coffea arabica. Arabica infatti è poliploide, significa che possiede quattro coppie di ciascun cromosoma: due provenienti da canephora e due da eugenioides. L’incrocio si sarebbe verificato in Etiopia in tempi evolutivi molto recenti, circa 50.000 anni fa, lasciando poco tempo perché si potesse generare una nuova variazione genetica. Le proprietà genetiche individuate grazie alla ricerca sono alla base delle peculiari caratteristiche organolettiche di questo caffè.
Dal sequenziamento è inoltre emerso che il genoma di Arabica presenta una bassa variabilità genetica rispetto alle altre specie. La variabilità è fondamentale per la sopravvivenza della pianta, in quanto solo gli individui più “forti” sono in grado di fronteggiare i patogeni e le condizioni climatiche avverse. Gli scienziati, dunque, hanno indirizzato la ricerca a questo scopo e hanno, in effetti, osservato meccanismi specifici che generano variabilità in alcune regioni cromosomiche. Questa conoscenza approfondita del genoma può aiutare in futuro a sviluppare nuove varietà più resistenti ai cambiamenti climatici e ai patogeni; come ci spiegano Michele Morgante, coordinatore dello studio insieme a Gabriele Di Gaspero, e il genetista Mauro Mandrioli.
Il commento
Michele Morgante, genetista, Università di Udine
La specie Coffea arabica, così importante per noi, nei prossimi anni dovrà affrontare una serie di sfide: innanzitutto dovrà fronteggiare gli effetti del cambiamento climatico nelle zone tropicali dove è maggiormente coltivata, dovrà essere in grado di resistere il più possibile all’attacco di patogeni e funghi e dovrà essere coltivata in maniera sostenibile dal punto di vista ambientale. La nostra conoscenza approfondita sul genoma della specie ci permetterà di selezionare piante meno fragili e più resilienti. Ecco perché la variabilità genetica di una specie è fondamentale.
Arabica è molto limitata sotto questo aspetto: presenta infatti una variabilità molto bassa, soprattutto se si analizza la sequenza genica. In realtà, abbiamo rilevato che una certa variabilità esiste in alcune caratteristiche visibili della pianta e, quindi, uno dei nostri interessi era proprio riuscire a capire come si genera questa diversità a fronte del fatto che, se guardiamo il DNA, le differenze sono molto poche.
Con il nostro studio siamo riusciti a capire che queste variazioni risiedono in specifici cromosomi. Le anomalie cromosomiche che in altre specie sono deleterie e quindi vengono subito eliminate, in Arabica sono meglio tollerate e, anzi, sembrano contribuire in maniera importante alla generazione di diversità genetica.
Un altro meccanismo che abbiamo osservato e che genera variabilità in specifiche regioni cromosomiche è rappresentato da scambi di cromosomi provenienti dalle due specie progenitrici canephora e eugenioides.
Per implementare la variabilità della specie, si potrebbero istituire dei programmi di ricerca finalizzati alla selezione di individui resistenti alla siccità o alle malattie, ad esempio, ma anche varietà con qualità organolettiche e aromatiche sempre più pregiate.
Interessi da dichiarare: autore e coordinatore dello studio
Fatti, idee e punti di vista
Mauro Mandrioli, genetista, Università di Modena e Reggio Emilia
Nel corso degli ultimi 10.000 anni l’essere umano ha selezionato le piante impiegate in agricoltura, andando a migliorarne progressivamente la produttività. A causa dei cambiamenti climatici, le varietà che coltiviamo stanno divenendo progressivamente meno produttive. In parallelo, la diffusione di nuovi patogeni e parassiti, favorita dalla globalizzazione, mette oggi a rischio numerose produzioni alimentari, motivo per cui servono, già adesso, nuove varietà. Ma come produrle? Dove trovare le mutazioni che servono per avere varietà più resistenti e produttive? La risposta viene dalla ricostruzione della storia genetica delle specie che coltiviamo. Capire come le specie si sono originate ed evolute, assieme all’identificazione del loro luogo di origine, ci permette di identificare geni e/o mutazioni da inserire nelle varietà per noi più interessanti o di pianificare incroci mirati per creare nuove varietà o “aggiornare” a livello genetico quelle già esistenti. La storia genetica ci spiega infatti come una specie vegetale ha acquisito determinate caratteristiche e ci aiuta anche a capire le differenze che esistono tra le varietà coltivate e quelle selvatiche.
Nessun interesse da dichiarare.
Fonte: questo testo, a cura di Chiara Albicocco, è stato pubblicato per la prima volta il 26 gennaio 2024 su Fatti per capire – Voci della ricerca su temi controversi. Fatti per capire è progetto della giornalista Barbara Gallavotti realizzato dal Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano, è dedicato ad approfondire argomenti al centro di dibattito pubblico, grazie a fatti, idee e punti di vista di ricercatori con competenze specifiche sulla questione di volta in volta trattata.
Immagine in apertura: by Mateo Arteaga via Pexels