Fenici e Punici: parentele inattese e ancestrali scambi culturali

Le analisi su DNA antico rivelano l’identità dei Punici, popolo con la cultura dei Fenici e la genetica mediterranea della Sicilia e dell’Egeo
Sabatino Moscati, archeologo orientalista di fama internazionale, ha dedicato la sua vita allo studio dei Fenici. Tra le sue diverse pubblicazioni, nel 1982 è uscito il suo libro: “L’enigma dei Fenici”. Ma ancora oggi i Fenici restano un popolo enigmatico e sorprendente.
I Fenici nascono nel Levante, da città-stato nelle attuali Siria, Libano, Giordania e Israele. Durante l’età del bronzo, in rapida ascesa commerciale, conquistano economicamente e culturalmente tutto il Mediterraneo. Tra le loro colonie troviamo Ibiza e Cadice in Spagna, Mozia in Sicilia, Tharros in Sardegna, Cartagine in Tunisia. Proprio Cartagine acquista autonomia nel VI sec. a.C. fino al 146 a.C. quando cade sotto la conquista Romana. In queste regioni l’enigma si esprime in tutta la sua poliedricità.
Fino a oggi, in base alle analisi archeologiche, si ipotizzava che l’origine delle colonie, tra le quali Cartagine, derivasse da migrazioni di massa di Fenici derivanti dal Levante. Secondo questi dati, i Fenici avrebbero importato nelle colonie la loro cultura insieme ai loro geni, sostituendosi alle popolazioni presenti. Ma recenti analisi condotte sul DNA antico estratto con successo da 210 individui rivelano un’origine eterogenea delle popolazioni coloniali e geneticamente distante dall’ipotetica madrepatria. Pur avendo pratiche culturali e linguaggio proprio dei Fenici, i Punici del Mediterraneo centrale e occidentale mostrano principalmente un’ascendenza riconducibile agli attuali siciliani e agli abitanti dell’Egeo, con influenze minori di popolazioni indigene nord Africane, piuttosto che dai Fenici del Levante.
A rivelarlo è uno studio pubblicato su Nature lo scorso aprile, frutto di una collaborazione internazionale tra gruppi di ricerca della Reichman University di Herzliya, in Israele, del Max Planck Institute in Germania, Harvard e delle Università italiane di Firenze e della Sapienza.

La genetica che riscrive l’archeologia
Le analisi hanno riportato dati inaspettati, spiega la Dott.ssa Alessandra Modi, antropologa molecolare del Dipartimento di Biologia dell’Università di Firenze:
“Le analisi genomiche forniscono informazioni che la sola analisi morfologica dei reperti non può fornire, e talvolta, i risultati ribaltano completamente le interpretazioni su base storica.”
“Ciò che ha sorpreso è che nei Punici del Mediterraneo centrale e occidentale, tra il VI e il II secolo a.C, la componente levantina è molto limitata, mentre secondo le testimonianze storiche e archeologiche sarebbe dovuta essere la parte predominante: infatti, dal punto di vista linguistico, storico, religioso e culturale ci sono fortissime connessioni con i Fenici del Levante.”
Ogni cambio di prospettiva radicale porta con sé qualche obiezione. Come sottolinea il prof. Alfredo Coppa del dipartimento di Storia Antropologia e Religioni della Sapienza:
“Un’obiezione mossa dagli archeologi riguardo a questi studi riguarda la numerosità dei campioni analizzati. Anni fa i numeri erano davvero piccoli, ma oggi, come accade in questo studio, i campioni sono centinaia e le analisi sul DNA evidenziano tracce molto chiare.“
Aggiunge il prof. David Caramelli del dipartimento di Biologia dell’Università di Firenze:
“Queste analisi, che hanno una grandissima oggettività, possono essere integrate con gli studi storici e archeologici.”
Grazie al progetto “Mille genomi italiani antichi”, finanziato da un PRIN nel 2017, stanno uscendo diversi lavori che riguardano la genomica di queste popolazioni, che includono reperti di diverse regioni dell’Italia. L’obiettivo è comprendere le nostre origini, capire chi siamo. Certo non sono mancate difficoltà come la conservazione del DNA nei reperti, il sequenziamento parziale dei genomi e la loro reperibilità. Non sempre, infatti, è semplice per ricercatori ottenere l’accesso ai campioni conservati in altri paesi.
Genomi millenari
Sono stati analizzati 210 genomi, di cui 196 derivanti da individui sepolti in 14 siti tradizionalmente associati a popolazioni Fenicie e Puniche nel Levante, nord Africa, penisola iberica, Sicilia, Sardegna e Ibiza. Spiega la Dott.ssa Modi:
“210 individui sono un numero piuttosto elevato. Possono sembrare pochi rispetto a un’intera popolazione, ma per essere campioni antichi i numeri sono abbastanza alti. Fino a non molto tempo fa, questo tipo di studi si limitava alle decine di reperti, noi ne abbiamo analizzati centinaia.”
Tuttavia, a causa della tradizione di cremazione dei corpi diffusa nel periodo precedente al VI secolo a.C., mancano diversi secoli di storia per coprire tutto il periodo dell’espansione Fenicia, dall’anno 1000 a.C. fino alla conquista romana di Cartagine 100 a.C. Prosegue la Dott.ssa Modi:
“I nostri campioni sono più recenti, dal VI secolo a.C. in avanti, mentre la diffusione dei Fenici nel Mediterraneo centrale e occidentale inizia quattrocento anni prima. Poiché i Fenici di quest’area usavano cremare i defunti, è molto difficile ottenere materiale genetico analizzabile. Pertanto non disponiamo di dati antecedenti al VI secolo a.C. e abbiamo potuto analizzare solo individui dal sesto secolo fino alla caduta di Cartagine.”
I genomi sono stati analizzati utilizzando una metodologia definita di “target enrichment” che prevede la selezione di specifiche varianti nucleotidiche (SNPs) altamente informative per raccontare la storia delle migrazioni. In futuro però i ricercatori hanno l’obiettivo di analizzare l’intero genoma e quindi aumentare la mole di informazioni ottenibili.
Con questi dati, tuttavia, è già possibile stabilire se gli individui, anche se geograficamente distanti fra loro, fossero imparentati. Le analisi, per esempio, hanno riportato un’altissima affinità genetica tra due individui, verosimilmente cugini di secondo o terzo grado, vissuti e sepolti rispettivamente in Sicilia e nell’attuale Tunisia. Solo questo dato sarebbe sufficiente ad affermare che le popolazioni analizzate erano in grado di muoversi su grandi distanze, e a confermare la stretta ascendenza con le popolazioni della vicina costa europea.

Cosmopoliti da sempre
Come ha spiegato il professor Coppa:
“Il mare, soprattutto il Mediterraneo ha sicuramente svolto la funzione di ponte tra le popolazioni attraverso la navigazione.“
E probabilmente ponti geografici e genetici con l’Europa, piuttosto che con le regioni del Levante. Risalivano già a circa 7000 anni fa, quando i primi gruppi di agricoltori dell’Europa sud-occidentale si mescolarono con una popolazione relativamente stabile e isolata già presente in nord Africa. Un altro studio riporta che i migranti agricoltori europei hanno avuto un grande impatto sulle popolazioni vicine e quasi contemporanee, contribuendo per circa l’80% all’ascendenza degli individui del sito di Kaf Taht el-Ghar, in Marocco. Fu l’inizio del Neolitico nel Maghreb.
Circa 1000 anni prima, però, attraverso il Sinai e il mar Rosso, giunsero in Africa nord Orientale i primi pastori che si diffusero fino al Sahara, una distesa ricca di vegetazione e acqua ideale per la pastorizia. Solo un secondo flusso derivante dalle regioni levantine circa 6000 anni fa diede un contributo genetico minimo a queste popolazioni. Questo è ciò che è stato analizzato su reperti derivanti dal sito di Takarkori, in Libia.
Anche in questo caso, le analisi su DNA antico rivelano che una pratica culturale come la pastorizia pare essersi diffusa per assimilazione piuttosto che per migrazione e sostituzione della popolazione presente. Seppur con qualche criticità, questo tipo di analisi segna una svolta nella ricerca delle nostre origini. I Punici non erano parenti dei Fenici, ma piuttosto di popolazioni derivanti dalla Sicilia, dall’ Egeo e in minima parte già presenti in nord Africa. La cultura Fenicia si sarebbe quindi integrata su popolazioni con un’altra identità genetica.
“Siamo cosmopoliti e lo siamo sempre stati”
Conclude la dott.ssa Modi.
“Popolazioni che si espandevano verso popolazioni che ne assimilavano la cultura. Le nostre origini sono frutto di mescolanze, di incontri, di scambi. Citando Moscati, al di là del “misterioso”, questo studio ci invita a osservare «l’altra faccia della storia, la storia che non va da noi agli altri ma dagli altri a noi» “
Riferimenti:
Ringbauer, H., Salman-Minkov, A., Regev, D., Olalde, I., Peled, T., Sineo, L., …Reich, D. (2025). Punic people were genetically diverse with almost no Levantine ancestors. Nature, 1–9. doi: 10.1038/s41586-025-08913-3
Immagine in apertura: Gli scavi nella necropoli di Dermech a Cartagine della Missione INP-Sapienza. Credito immagine: Lorenzo Nigro

Biologo molecolare, ha svolto attività di ricerca per un breve periodo pubblicando su importanti riviste di settore. Attirato dalla comunicazione ha lavorato per aziende farmaceutiche e infine ha trovato la sua consona espressione nell’insegnamento e nella divulgazione scientifica. Per certificare le competenze di divulgazione ho svolto un corso con Feltrinelli con docenti S.I.S.S.A. Scrive di scienza in diversi ambiti.