Forse la caccia ha accorciato i corni dei rinoceronti

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Dallo studio delle foto raccolte negli archivi museali sembra che la caccia al pachiderma abbia favorito esemplari con corni più piccoli, e quindi meno ambiti come trofeo

Siamo abituati a considerare l’evoluzione come a un processo costante, ma non sufficientemente rapido da poter essere osservato dall’uomo. Le specie cambiano, nel tempo, ma chissà quanti milioni di anni ci vogliono affinché da una qualsiasi specie possa scaturire qualcosa di nuovo. D’altronde la caratteristica principale della evoluzione è la graduale ma lenta comparsa di mutazioni che vengono selezionate come in un setaccio dalla natura. O no? No, non è sempre così. Anzi sono molti i casi in cui possiamo osservare cambiamenti evolutivi, morfologici o comportamentali, nel giro di poche generazioni. Inoltre oggi sono molte le specie che si stanno adattando alla presenza umana. Le azioni della nostra specie possono infatti involontariamente selezionare nelle altre forme viventi certi tratti a scapito di altri. Secondo una nuova ricerca pubblicata dalla rivista People and nature questo riguarda anche le cinque specie di rinoceronti che ancora sopravvivono in Africa e in Asia. Sull’orlo dell’estinzione
Tutte le specie di rinoceronte sono minacciate o a grosso rischio estinzione. I motivi sono noti: la caccia e la perdita del loro habitat stanno sterminando ogni popolazione. Per invertire la tendenza, molti ricercatori nei decenni passati si sono spesi per la conservazione di queste specie, ma i frutti di tale impegno sono stati scarsi. Per quanto i ricercatori stiano cercando di rallentare le previsioni più fosche, si teme che entro il 2050 molte specie di quelle considerate a rischio saranno già estinte. Fra queste il rinoceronte bianco settentrionale, Ceratotherium simum cottoni (praticamente estinto, con solo 2 esemplari femmine di poco più venti anni), il rinoceronte di Giada, Rhinoceros sondaicus, e il rinoceronte di Sumatra, Dicerorhinus sumatrensis. Le altre soffriranno terribilmente invece sempre di più la competizione con il bestiame e le coltivazioni intensive. Per comprendere meglio come è cambiato il rapporto tra esseri umani e rinoceronti, i ricercatori Oscar E. Wilson dell’università di Helsinki, Michael D. Pashkevich e Edgar C. Turner di Cambridge e Kees Rookmaaker del  Rhino Resource Center, Utrecht, hanno analizzato le rappresentazioni artistiche e fotografiche dei rinoceronti. E oltre a produrre un’interessante riflessione su come il ruolo di queste specie sia mutato, agli occhi dell’opinione pubblica, i ricercatori hanno trovato un segnale di come i corni di questi animali, spesso ricercati per le loro presunte proprietà magiche o come trofeo, abbiano subito una pressione selettiva così forte che la loro dimensione media nelle popolazioni è diminuita nel corso di un solo secolo. Album fotografico del cambiamento
Gli studiosi si sono impegnati a rintracciare e studiare 3158 immagini provenienti dagli archivi museali del Rhino Resource Center di Utrecht (Paesi Bassi), che presentavano le diverse specie di rinoceronti in svariati contesti: dai resoconti delle battute di caccia alle rappresentazioni artistiche sui libri di zoologia. Il materiale raccolto ci racconta prima di tutto come per buona parte della storia moderna il rinoceronte è stato considerato dalle popolazioni europee come un pericoloso erbivoro, ideale per divenire uno dei migliori trofei di caccia o argomento di lezione all’università. La rappresentazione bestiale della specie è continuata dall’epoca vittoriana fino a metà degli anni Cinquanta, ma con il trascorrere del tempo l’interesse nei confronti di questi animali è mutato. Si è infatti continuato a percepirli potenzialmente come trofei fino a quando il rinnovato interesse per l’ecologia e la conservazione della natura e il tramonto definitivo degli imperi occidentali hanno portato sempre più persone a interessarsi al benessere della fauna, in Africa come in India e Sumatra. Oggi giorno, seppur sia ancora presente la caccia illegale a queste specie, la comunità internazionale e l’opinione pubblica lottano da anni per la loro salvaguardia, tanto che basta pubblicare una foto di caccia sui social che la comunità di internet insorge o si ribella. Per quanto da cinquant’anni leggi molto severe ne impediscano la caccia in buona parte delle nazioni, il bracconaggio nei confronti dei rinoceronti è ancora purtroppo molto diffuso. Al termine delle restrizioni internazionali per il Covid, per esempio, nel 2021 in dieci giorni sono stati ritrovati solo in Sudafrica ben 24 esemplari braccati. Una tecnica innovativa
Di queste immagini usate nello studio pubblicato su People and Nature, circa 1627 fotografie erano idonee per la misurazione della variazione della grandezza dei corni e degli esemplari, con immagini che vanno dal 1886 al 2018. Dalle analisi dei ricercatori sembra che nel tempo, in tutte le specie, la lunghezza dei corni rispetto alle dimensioni degli animali sia diminuita. I ricercatori ipotizzano che questo sia dovuto a una pressione selettiva operata dai cacciatori, poiché esemplari con corni più grossi sono molto più pregiati sul mercato nero. Si tratta di un piccolo campione, quindi i ricercatori non possono dire di aver provato che la selezione operata dalla caccia abbia effettivamente portato a un cambiamento nella morfologia delle specie, ma è un indizio. Del resto da tempo si ipotizza un meccanismo simile anche per un’altra specie “trofeo”: gli elefanti. Per quanto in passato fossero i rinoceronti indiani ad attrarre la maggiore attenzione da parte dei cacciatori e degli studiosi di fauna selvatica, sono le specie africane oggi le più sensibili all’interesse dei bracconieri, dei movimenti ambientalisti e degli sforzi conservazionistici di moltissime istituzioni al mondo. Ma se effettivamente la maggioranza dei rinoceronti attualmente viventi ha corni più corti di un tempo, da una parte è possibile che questo adattamento abbia permesso ai rinoceronti di sopravvivere alle doppiette dei bracconieri, dall’altra però questo adattamento potrebbe avere anche lati negativi. Per esempio rinoceronti con corni più corti potrebbero essere più vulnerabili ai predatori, e i bracconieri potrebbero doverne uccidere ancora di più per soddisfare la richiesta di corni. Tale studio infine ha dimostrato come lo studio sulle fonti iconografiche possa dare un forte contributo agli zoologi che desiderano studiare la storia delle specie a rischio, in previsione dell’attuazione di nuove politiche atte a conservare le popolazioni più sensibili, poiché – come affermano al termine dell’articolo – “tale metodo è particolarmente tempestivo e può fornire informazioni importanti per sviluppare nuovi approcci alla conservazione delle specie, oltre che a migliorare la conoscenza biologica di base”. Si può così immaginare la diffusione di questa tecnica in altri contesti e per altre specie, sperando che sia ancora possibile in futuro incontrare questi animali nel loro habitat naturale, e non esclusivamente dentro ai recinti degli zoo più blasonati del mondo. Riferimenti: Wilson, O. E., Pashkevich, M. D., Rookmaaker, K., & Turner, E. C. (2022). Image-based analyses from an online repository provide rich information on long- term changes in morphology and human perceptions of rhinos. People and Nature, 00, 1–15. https://doi.org/10.1002/pan3.10406

Immagine: Bernard DUPONT from FRANCE, CC BY-SA 2.0, via Wikimedia Commons