Gli altri animali non riconoscono la stessa canzone se suonata con strumenti diversi
Un esperimento dimostra come gli animali potrebbero avere più difficoltà a riconoscere un pattern musicale se viene eseguito con strumenti diversi. Gli esseri umani, invece, non hanno grosse difficoltà ad individuare la stessa melodia anche se suonata con timbri differenti
Gli esseri umani possiedono delle qualità che per il momento sembrano essere uniche nel mondo animale: tra queste, il sofisticato linguaggio e il senso della musicalità. Il gruppo di ricerca sul linguaggio e sulla cognizione del Center for Brain and Cognition, dell’Università Pompeu Fabra (in Spagna) si è chiesto fino a che punto la percezione musicale possa essere condivisa e sovrapposta a caratteristiche già presenti in altre specie animali. Il nuovo articolo pubblicato su Animal Cognition vuole dare un contributo alla comprensione dei meccanismi evolutivi che hanno portato alla comparsa dell’abilità umana di rintracciare facilmente un pattern musicale indipendentemente dallo strumento utilizzato per eseguirlo.
Infatti, siamo in grado di identificare una canzone o una melodia che conosciamo anche se è riprodotta con un’altezza, una velocità e un timbro diversi. In altre parole, l’essere umano comprende il significato di una frase indipendentemente da chi la pronuncia o anche se è gridata o bisbigliata. Per esempio la popolare canzone “Tanti auguri a te”, usata dai ricercatori nel loro esperimento, viene riconosciuta pressoché ovunque anche se a cantarla sono persone diverse (e quindi timbri diversi), ad altezze e velocità casuali e persino se intonata in una lingua diversa. Questo perché l’uomo riesce a selezionare uno schema musicale in modo molto flessibile sin dai due anni di età. Ma fino a che punto questa predisposizione è puramente biologica?
“Tanti auguri a te!”
Alcune specie di mammiferi e uccelli riconoscono cambiamenti nella frequenza, nella velocità e nel timbro dei suoni, ma gli umani percepiscono strutture musicali in modo molto più elastico. Altre specie come i piccioni, i topi e le carpe sanno distinguere estratti derivanti da differenti tradizioni musicali, come il blues e la musica classica. Per capire in che grado condividiamo queste abilità con le altre specie, i ricercatori hanno condotto un esperimento sui ratti grigi (Rattus norvegicus). Ai ratti viene fatta ascoltare la canzone “Tanti auguri a te” riprodotta da un pianoforte acustico alla velocità di 140 battiti per minuto (bpm). Dopo la familiarizzazione al suono gli animali sono sottoposti a 3 test. Ogni test include due tipi di suoni: la canzone originale e quella modificata. Nel pitch test l’ottava musicale viene alzata o abbassata; nel tempo test la velocità è aumentata o diminuita; nel timbro test viene cambiato lo strumento di esecuzione, passando dal pianoforte al violino e all’ottavino. Comparando il numero di volte in cui i 40 ratti rispondono allo stimolo originale con quelle in cui reagiscono allo stimolo modificato, percependo quindi la novità del suono, si è notato che i ratti rispondono in modo uguale alla melodia originale e a quella modificata in altezza (pitch test). Gli animali percepiscono cioè la canzone come molto simile a quella originaria. Allo stesso modo sembrano non avvertire differenze nella canzone alterata in velocità (tempo test). “Chi ha parlato?!”
Le cose cambiano nel timbro test: infatti passando dal pianoforte al violino e all’ottavino i ratti rispondono allo stimolo come se sentissero una canzone diversa e nuova. Il timbro è la proprietà acustica che differenzia una nota con una certa frequenza e altezza dalla stessa nota suonata su uno strumento diverso. Il timbro di voce ne è un esempio: ogni persona ne ha uno specifico. Negli esseri umani la capacità di riconoscere lo stesso motivo in timbri molto diversi nasce forse dalla necessità di “normalizzare” i discorsi pronunciati da voci diverse permettendo di comunicare più facilmente. Saper ricevere l’informazione indipendentemente dall’identità del parlante potrebbe essere stato cooptato nella sfera musicale portando a riconoscere le melodie indipendentemente dalla natura della sua fonte. Le conclusioni dei ricercatori sembrano così vedere nella fitta comunicazione intra-specifica tipica di Homo sapiens la possibile chiave per lo sviluppo della musicalità, mentre la maggior parte delle altre specie animali mostra un’abilità limitata in questo. I processi che hanno portato l’uomo ad evolvere in tal senso sono ancora oscuri e la ricerca dovrà continuare ad approfondire queste tematiche. Riferimenti:
Crespo-Bojorque, P., Celma-Miralles, A., & Toro, J. M. (2022). Detecting surface changes in a familiar tune: exploring pitch, tempo and timbre. Animal Cognition, 1–10. doi: 10.1007/s10071-022-01604-w
Immagine: Pubblico dominio, via PxHere
Alcune specie di mammiferi e uccelli riconoscono cambiamenti nella frequenza, nella velocità e nel timbro dei suoni, ma gli umani percepiscono strutture musicali in modo molto più elastico. Altre specie come i piccioni, i topi e le carpe sanno distinguere estratti derivanti da differenti tradizioni musicali, come il blues e la musica classica. Per capire in che grado condividiamo queste abilità con le altre specie, i ricercatori hanno condotto un esperimento sui ratti grigi (Rattus norvegicus). Ai ratti viene fatta ascoltare la canzone “Tanti auguri a te” riprodotta da un pianoforte acustico alla velocità di 140 battiti per minuto (bpm). Dopo la familiarizzazione al suono gli animali sono sottoposti a 3 test. Ogni test include due tipi di suoni: la canzone originale e quella modificata. Nel pitch test l’ottava musicale viene alzata o abbassata; nel tempo test la velocità è aumentata o diminuita; nel timbro test viene cambiato lo strumento di esecuzione, passando dal pianoforte al violino e all’ottavino. Comparando il numero di volte in cui i 40 ratti rispondono allo stimolo originale con quelle in cui reagiscono allo stimolo modificato, percependo quindi la novità del suono, si è notato che i ratti rispondono in modo uguale alla melodia originale e a quella modificata in altezza (pitch test). Gli animali percepiscono cioè la canzone come molto simile a quella originaria. Allo stesso modo sembrano non avvertire differenze nella canzone alterata in velocità (tempo test). “Chi ha parlato?!”
Le cose cambiano nel timbro test: infatti passando dal pianoforte al violino e all’ottavino i ratti rispondono allo stimolo come se sentissero una canzone diversa e nuova. Il timbro è la proprietà acustica che differenzia una nota con una certa frequenza e altezza dalla stessa nota suonata su uno strumento diverso. Il timbro di voce ne è un esempio: ogni persona ne ha uno specifico. Negli esseri umani la capacità di riconoscere lo stesso motivo in timbri molto diversi nasce forse dalla necessità di “normalizzare” i discorsi pronunciati da voci diverse permettendo di comunicare più facilmente. Saper ricevere l’informazione indipendentemente dall’identità del parlante potrebbe essere stato cooptato nella sfera musicale portando a riconoscere le melodie indipendentemente dalla natura della sua fonte. Le conclusioni dei ricercatori sembrano così vedere nella fitta comunicazione intra-specifica tipica di Homo sapiens la possibile chiave per lo sviluppo della musicalità, mentre la maggior parte delle altre specie animali mostra un’abilità limitata in questo. I processi che hanno portato l’uomo ad evolvere in tal senso sono ancora oscuri e la ricerca dovrà continuare ad approfondire queste tematiche. Riferimenti:
Crespo-Bojorque, P., Celma-Miralles, A., & Toro, J. M. (2022). Detecting surface changes in a familiar tune: exploring pitch, tempo and timbre. Animal Cognition, 1–10. doi: 10.1007/s10071-022-01604-w
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Mi sono laureato in Scienze filosofiche con una tesi sull’importanza della cooperazione nei primi esseri umani. Ho scritto sulla piattaforma o2o di Mondadori, su Vulcano Statale e frequentato un corso di giornalismo scientifico. Ho creato il canale di divulgazione “Francesco Delvallo”.