I musei naturalistici sono le biblioteche della vita, ma sono in pericolo

musei biblioteche della vita

Numerosi musei di storia naturale e le collezioni scientifiche da anni ricevono poca attenzione e rischiano di scomparire,
anche se sono essenziali per lo studio e la conservazione della biodiversità.

Poco meno di due anni or sono, la rivista italiana Le Scienze pubblicava un articolo dal titolo Le biblioteche della vita, in cui Franco Andreone conservatore zoologo al Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino, e Spartaco Gippoliti, membro della Commissione per la salvaguardia delle specie dell’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN), facevano il punto sullo stato di salute dei musei naturalistici italiani.

La situazione dei musei naturalistici – scrivevano Andreone e Gippoliti – è critica anche in Italia. Molte istituzioni sono parcellizzate e spesso sprovviste di risorse adeguate, indispensabili per garantire una gestione moderna delle collezioni e un ruolo di primo piano nello studio e nella gestione della natura. Questa carenza di massa critica ne rende problematica la partecipazione a progetti internazionali, di fatto riducendo la capacità di valorizzare il patrimonio conservato nel nostro paese“.

A distanza di due anni, purtroppo, poco è cambiato e molti dei musei italiani che conservano le grandi collezioni ottocentesche e novecentesche (fra cui Genova, Firenze, Torino, Milano, Verona e Roma) hanno continuato ad avere pochi fondi e il personale curatoriale cessato dal servizio, per esempio a seguito del pensionamento, è stato raramente rimpiazzato.

Nuove possibilità grazie al PNRR
Una nuova opportunità è però alle porte grazie alla creazione del National Biodiversity Future Centre (NBFC), il primo centro italiano nazionale dedicato allo studio della biodiversità. Il Centro è strutturato secondo l’impostazione Hub&Spoke, ovvero con una struttura di coordinamento centrale (ospitato presso Università degli Studi di Palermo) e otto nodi distribuiti su tutto il territorio nazionale, a garanzia di quel riequilibro territoriale che è tra le priorità dei fondi del “Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza” (PNRR), da cui deriverà il supporto economico alle attività del Centro.Ogni spoke avrà un proprio target specifico di lavoro (dalla biodiversità marina a quella terrestre passando per lo studio delle specie invasive e lo sviluppo di progetto di comunicazione), ma numerosi obiettivi saranno condivisi tra più spoke. Ampio spazio avranno la formazione e la conservazione dei campioni, andando a concretizzare anche quelle idee per il futuro che l’articolo di Andreone e Gippoliti saggiamente suggeriva.

I musei – ricordavano Andreone e Gippoliti – sono assai importanti perché si tratta di istituzioni scientifiche uniche: non solo scoprono e studiano la natura, ma divulgano e trasmettono la conoscenza della scienza. Grazie a una regolare attività di esposizione e al rapporto con il pubblico con conferenze, presentazioni e iniziative di citizen science, i musei di storia naturale sono crocevia insostituibili per promuovere e orientare la diffusione del pensiero scientifico in collaborazione con università e altri centri di ricerca, ma con un proprio fascino unico, perché abbinano momenti di divulgazione e intrattenimento al rigore scientifico“.

Uno degli spoke del neonato NBFC sarà interamente dedicato alla comunicazione e ai musei, per cui diverrà più facile non solo valorizzare le collezioni, ma anche coordinare i progetti realizzati dai musei, che potranno contare sul lavoro degli oltre 1300 ricercatori che svolgeranno le attività di ricerca.

Tra gli obiettivi del Centro vi è, inoltre, la valorizzazione dei campioni presenti nelle collezioni (grazie alla creazione di un database centralizzato che raccoglierà i dati di checklist e monitoraggi), oltre che la creazione di un catalogo fotografico di alta qualità degli esemplari di maggiore interesse, tra cui ad esempio gli olotipi e gli endemismi, di cui l’Italia è molto ricca. L’Italia è, infatti, caratterizzata da un patrimonio di biodiversità tra i più significativi in ambito europeo sia per numero totale di specie animali e vegetali, sia per l’alto numero di forme endemiche.

Gli elevati numeri di specie esclusive del nostro Paese comportano una grande responsabilità in termini di conservazione per l’Italia – suggeriva una recente analisi dell’ISPRA. Basti pensare che per la flora vascolare si raggiungono percentuali di endemismo superiori al 16%, essendo note ad oggi 1.371 specie e sottospecie endemiche italiane o subendemiche (Italia e Corsica e Italia e Malta). Inoltre è endemico o subendemico del territorio italiano il 20% delle specie animali terrestri e d’acqua dolce. Tassi significativi di endemismo si rilevano, ad esempio tra gli Anfibi (31,8%) e i Pesci ossei d’acqua dolce (18,3%)”.

Nuove possibilità grazie a genetica e genomica
Oltre alla realizzazione di numerosi progetti volti allo studio molecolare dei campioni, molti gruppi di ricerca lavoreranno alla conservazione dei numerosi campioni, che verranno raccolti. Le attività del Centro nazionale permetteranno di creare una rete di biorepositories (vere e proprie biobanche della biodiversità), che sarà utile anche per consolidare gli impegni internazionali concordati dal governo italiano nell’ambito della Convenzione sulla Diversità Biologica e ai prossimi obiettivi della Post-2020 Global Biodiversity Framework.

In particolare, la possibilità di fare ricorso alla genomica museale implicherà la necessità di affiancare alle collezioni tradizionali, raccolte criogeniche gestite da apposite infrastrutture. La presenza di un Centro nazionale permetterà anche la condivisione delle metodiche più efficaci sia per estrarre il DNA che per genotipizzare i campioni raccolti. Per esempio, si potrà realizzare la genotipizzazione di olotipi e specie endemiche (qui un esempio), oltre che studiare la biodiversità con approcci basati su DNA ambientale e metagenomica.

Vi sono quindi ottime premesse perché le attività del neonato Centro nazionale per la biodiversità possano realmente concretizzare un vero e proprio piano nazionale di ripresa anche per i musei e le collezioni naturalistiche italiane, che hanno dato prova di essere molto resilienti, ma che oggi sono decisamente in affanno.

Immagine: Le Scienze