I quattro autori di Lombroso
Come nacque in Lombroso la teoria del “criminale per nascita”? Paolo Mazzarello, in Darwinista infedele (Hoepli, 2024), offre una nuova interpretazione.
Titolo: Il darwinista infedele. Lombroso e l’evoluzione
Autore: Paolo Mazzarello
Editore: Hoepli
Anno edizione: 2024
Pagine: 184 p.
Il medico Cesare Lombroso (1835-1909), spirito bizzarro e dal multiforme ingegno, è oggi conosciuto soprattutto per le sue teorie fisiognomiche e psicopatologiche che intendono spiegare i comportamenti abnormi e criminali dell’uomo sulla base di una regressione ereditaria a stadi belluini dell’evoluzione umana (atavismo). In altre parole, il comportamento abnorme e criminale di alcune persone non sarebbe altro che la manifestazione psichica di caratteristiche fisiche che riappaiono dalla profondità dei tempi; tratti anatomici preumani, che, come una vergognosa eredità, accompagnano l’evoluzione umana e possono sporadicamente riapparire casualmente, o in particolari condizioni ambientali e sociali.
Ma come nacque in Lombroso questa teoria del “criminale per nascita”, oggi del tutto insostenibile? Chi furono gli “autori” da cui trasse ispirazione o debito scientifico? A queste domande hanno tentato di rispondere alcuni autorevoli storici, ai quali si è oggi aggiunto Paolo Mazzarello che, con il suo Darwinista infedele. Lombroso e l’evoluzione (Hoepli, 2024), offre una ulteriore “interpretazione suggestiva ed originale, che consente anche di gettare nuova luce sulla precoce diffusione in Europa delle teorie darwiniane”.
Quando Lombroso, nel 1852, arrivò a Pavia come studente di Medicina, l’idea che l’uomo potesse avere una origine scimmiesca non era per nulla esclusa. Già l’eretico Giulio Cesare Vanini, nel 1616, nella sua opera I meravigliosi segreti della Natura, aveva scritto:
“Altri poi ha immaginato che il primo uomo sia nato dalla putredine di molti cadaveri di scimie […]. Gli atei ci insegnano che i primi uomini camminavano piegati e sulle quattro zampe come i bruti e che solo mediante continui sforzi si giunse a cambiare codesta attitudine…”.
È assai probabile che Lombroso non conoscesse Vanini, ma è certo che in gioventù egli subì il fascino di Giambattista Vico (1668-1744) e della sua filosofia della storia. Secondo il filosofo napoletano la vita sociale dell’uomo è solo una acquisizione recente della sua lunga storia. In un passato più o meno remoto egli non fu che un “bestione” in preda agli istinti animali, privo di linguaggio articolato e delle più semplici leggi necessarie per una convivenza sociale. Solo in seguito, avendone colti i vantaggi, l’uomo attenuò i propri impulsi egoistici e selvaggi, si riunì in famiglie stabili e in gruppi sociali sempre più complessi. Tuttavia, secondo Vico, anche le società più civili non erano immuni dal rischio di una possibile regressione allo stato selvaggio e alla ferinità primordiale. Conquistato da tali idee, Lombroso non esitò ad estendere l’interpretazione vichiana della storia all’evoluzione fisico-psichica dell’umanità, e a vedere quindi nei comportamenti devianti e criminali dell’uomo, suo contemporaneo, il riemergere di una bestialità atavica, vestigia di una sua remota vita allo stato di natura.
Se Vico è il primo autore di Lombroso, il secondo è Paolo Marzolo (1811-1868), medico, linguista e etnografo padovano. Questi propose una teoria linguistica secondo la quale, attraverso l’analisi e la comparazione dei vari vocaboli, si poteva essere in grado di ricostruire l’albero evolutivo dell’uomo. Un approccio sicuramente innovativo e originale, non dissimile, mutatis mutandis, da quello seguito, con grande successo, da Cavalli-Sforza nel secolo scorso.
Ispirato da Marzolo, Lombroso, nel 1862 medico militare in Calabria, studiò le espressioni linguistiche degli abitanti del luogo, tra cui comunità greche e albanesi, riscontrando “fossili filologici”, curiosi atavismi verbali che fecero su di lui una profonda impressione.
Veniamo ora al terzo autore, la figura su cui si focalizza la bella opera di Mazzarello: Charles Darwin (1809-1882). Lombroso venne a contatto con il pensiero di Darwin nel 1862, quando a Pavia acquistò l’Origine delle specie nella “infedele” traduzione francese di Clémence Royer. Donna anticonformista, femminista, fautrice del progresso sociale, Royer, forse al fine di palesare la propria vision du monde, non si fece infatti scrupolo non solo di anteporre all’opera di Darwin una lunga prefazione dagli accesi toni anticlericali, ma anche di alterare molte affermazioni del naturalista inglese, sia sfumandone alcuni giudizi netti, sia trasformando in affermazioni sicure alcune sue perplessità. Inoltre si prese la libertà di aggiungere lunghe note che finirono per infondere al testo un’impronta teleologica, progressista dagli accenti lamarckiani. Che questo fosse il suo intento lo si evince già dal titolo che ella volle venisse utilizzato per la traduzione: De l’origine des espéeces ou des lois du progrès chez le êtres organisés.
Come sottolinea Mazzarello: “La lettura provocò immediatamente una reazione precisa e scientificamente significativa” in Lombroso al punto da ritrovare accenni e interpretazioni evoluzionistiche di stampo darwiniano (con sfumature lamarckiane) in quasi tutti suoi lavori.
“L’idea filogenetica dell’atavismo diventò in seguito centrale in una parte della sua opera, in particolare nella concezione patogenetica dell’uomo criminale. […] La prospettiva filogenetica, atavistica – e dunque evoluzionistica – nella ricerca, era sempre presente e Lombroso cercava di applicarla in ogni occasione possibile, dalla donna al delinquente, alla mente potenzialmente criminogena del bambino, alla piaga del delitto individuabile lungo tutta la scala zoologica e perfino ad alcune piante naturalmente intemperanti come le insettivore”.
Il quarto e ultimo autore di Lombroso è il tedesco Ernst Haeckel (1834-1919), noto per aver formulato la “legge biogenetica fondamentale” che impiega l’embriologia a sostegno del darwinismo. Haeckel la enunciò con la formula: “l’ontogenesi ricapitola la filogenesi”. Osservando le varie fasi dello sviluppo embrionale dell’uomo (ontogenesi) sembrava infatti di assistere, a velocità accelerata, allo svolgersi dell’intera evoluzione animale (filogenesi): dal pesce, all’anfibio, al rettile, fino al mammifero, alla scimmia e all’uomo. Affascinato da tale legge, Lombroso, nel suo eclettismo sincretista, si avventurò a sostenere che, se l’individuo fisicamente ricapitolava nel suo sviluppo embrionale l’intera evoluzione della propria specie, allo stesso modo, dal punto di vista psicologico, il bambino doveva riprodurre le caratteristiche psichiche dei propri primitivi antenati. Egli possedeva dunque, una forma atavica di psiche, come avevano le donne, considerate infatti da Lombroso “dei grandi bambini”.
Se dunque da un lato si può far risalire la teoria dell’atavismo di Lombroso alla “tradizione naturalistica e medica predarwiniana” (Vico, Marzolo) come autorevolmente sostenuto da alcuni storici, d’altro canto è innegabile, come propone e sostiene Mazzarello con grande efficacia, che sia l’evoluzionismo darwiniano, con sfumature lamarckiane, sia le osservazioni embriologiche di Haeckel forniscono a Lombroso, durante tutta la sua vita scientifica, un substrato teorico (al quale non sempre si attiene fedelmente) alle sue elucubrazioni e audaci interpretazioni di molti casi clinici.