Il segreto del nuoto perfetto: cosa ci insegnano pinguini e tartarughe

Né in superficie, né a elevate profondità. Tartarughe e pinguini dimostrano come nuotare sotto la superficie, a una profondità variabile in proporzione al diametro del proprio corpo sia la strategia più efficace per percorrere lunghe distanze
Un nuovo studio pubblicato su PNAS conferma con osservazioni empiriche le ipotesi teoriche di efficacia nel nuoto. Una collaborazione internazionale ha raccolto dati sul nuoto di pinguini e di tartarughe confermando i modelli teorici di idrodinamica. Per evitare gli attriti e le resistenze create dal moto ondoso di superficie, gli animali evitano di nuotare in superficie ma si muovono in profondità, quanto basta per risparmiare energie e percorrere lunghi tragitti.
Come spiega il prof. Paolo Luschi del dipartimento di biologia dell’Università di Pisa:
“Il punto chiave, la novità di questo studio è che abbiamo messo insieme dati registrati su animali monitorati durante fasi attive di nuoto, ottenuti da differenti gruppi di ricerca. Una collaborazione molto variegata. ”
“Fasi attive” significa che gli animali stavano nuotando per andare da un punto a un altro, e avevano come obiettivo di arrivarci il prima possibile. Non si tratta di quindi movimenti di caccia o con altro scopo, ma di migrazioni o comunque di spostamenti su lunghe distanze
Misurazioni subacquee
Quando si tratta di tracciare gli spostamenti su lunghi percorsi, nonostante la tecnologia abbia raggiunto livelli che portano a credere possibile qualsiasi analisi, le circostanze reali rendono complesso il recupero dei dati, soprattutto quando si tratta di tracciare percorsi che vanno da una costa all’altra dell’oceano. Solo in determinate e circoscritte situazioni si riescono a raccogliere dati dettagliati sul comportamento degli animali, ad esempio con videocamere installate a bordo dell’animale. E in questi casi, sono talmente tanti che con difficoltà si riescono ad analizzare.
Prosegue il prof. Luschi:
“Rilevare dati su questo tipo di movimenti è molto complesso. Esiste la possibilità, attraverso strumenti multi-sensore o telecamere installate a bordo degli animali, di ricavare un’ enorme quantità di dati, ma in questo tipo di spostamenti è difficile recuperare il dispositivo e i dati. Quindi si usano strumenti che raccolgono meno dati, ma sono trasferibili, date le ridotte dimensioni, via satellite.”
Oltre a utilizzare i dati raccolti e analizzati in precedenza, anche su altri animali come le balene, i ricercatori hanno quindi utilizzato una strumentazione relativamente “semplice”, capace cioè di monitorare il comportamento delle tartarughe e dei pinguini durante il loro spostamenti, ma che fosse anche compatibile con la telemetria satellitare.
“Attraverso uno strumento multi-sensore in grado di rilevare anche la profondità, abbiamo analizzato le fasi di immersione degli animali in spostamento, la cui rotta è stata ricostruita con dati GPS. Tipicamente si analizzano le immersioni che raggiungono le maggiori profondità, tralasciando le immersioni in prossimità della superficie. Osservando con attenzione ciò che di norma viene trascurato, abbiamo osservato che per gran parte del tempo durante lo spostamento l’animale si muove a profondità corrispondenti a circa tre volte il diametro del loro corpo. Il punto di maggiore efficacia idrodinamica e minor consumo energetico.”
Dalle misurazioni alla conferma empirica
Questa “formula per il nuoto perfetto“, dove la profondità a cui si muove l’animale è grossomodo tre volte il diametro del corpo, accomuna specie marine molto diverse perché ha a che fare con l’idrodinamica: a quella profondità l’animale non forma onde superficiali, che gli farebbero sprecare energia. Se ci pensiamo, anche i nuotatori professionisti fanno qualcosa di simile: subito dopo la partenza, rimangono il più a lungo possibile sott’acqua prima di effettuare la prima emersione.
“È sorprendente come il dato empirico abbia confermato pienamente le previsioni dei modelli teorici” – racconta lo scienziato. “Sia le tartarughe che i pinguini hanno lo stesso schema di comportamento, entrambi passano gran parte del tragitto a una profondità pari a circa tre volte il diametro del loro corpo. Grazie all’analisi di dati presenti in letteratura, abbiamo poi esteso questi risultati anche ad altri animali come le balene, ritrovando lo stesso comportamento anche in questi casi”.
Come sempre, queste convergenze rimandano alle dinamiche evolutive. Conclude Luschi:
“Si può ipotizzare che sia molto probabilmente un comportamento selezionato dall’evoluzione. Sembra che le leggi fisiche dell’ idrodinamica abbiano scelto, in maniera convergente, gli individui in grado di nuotare a una profondità precisa su lunghe tratte, circa tre volte il diametro del loro corpo sotto la superficie, la strategia più conveniente.“
Riferimenti:
Stokes, K. L., Esteban, N., Casale, P., Chiaradia, A., Kaska, Y., Kato, A., …Hays, G. C. (2024). Optimization of swim depth across diverse taxa during horizontal travel. Proc. Natl. Acad. Sci. U.S.A., 121(52), e2413768121. doi: 10.1073/pnas.2413768121
Immagine: da comunicato stampa Unipi

Biologo molecolare, ha svolto attività di ricerca per un breve periodo pubblicando su importanti riviste di settore. Attirato dalla comunicazione ha lavorato per aziende farmaceutiche e infine ha trovato la sua consona espressione nell’insegnamento e nella divulgazione scientifica. Per certificare le competenze di divulgazione ho svolto un corso con Feltrinelli con docenti S.I.S.S.A. Scrive di scienza in diversi ambiti.