In che dio credevano i nostri antenati evolutivi? Intervista a Pascal Boyer

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Pascal Boyer, antropologo che studia l’evoluzione delle credenze religiose, spiega che, nonostante l’alta variabilità di comportamenti religiosi in tutto il mondo, è possibile rintracciare tra questi un denominatore comune, ovvero la presenza di agenti cui viene attribuita una mente che desidera, ricorda e agisce intenzionalmente, in maniera molto simile a quella umana


Pascal Boyer, antropologo che studia l’evoluzione delle credenze religiose, spiega che, nonostante l’alta variabilità di comportamenti religiosi sparsi in tutto il mondo, è possibile rintracciare tra questi un denominatore comune, ovvero la presenza di agenti cui viene attribuita una mente che desidera, ricorda e agisce intenzionalmente, in maniera molto simile a quella umana. Oltre alle grandi religioni organizzate, esistono quelle che Boyer chiama “attività religiose informali”, le stesse che probabilmente praticavano i nostri antenati e che contenevano il germe dell’evoluzione delle religioni.


Pascal Boyer è professore al dipartimento di antropologia e psicologia della Washington University di St. Louis, dove detiene la cattedra di Henry Luce Professor of Individual and Collective Memory. È tra i pionieri dello studio delle religioni da un punto di vista cognitivo. È autore di libri fondamentali per la sua disciplina come Religion explained (2001), tradotto in italiano da Odoya nel 2010 (E l’uomo creò gli dei. Come spiegare la religione). Il suo ultimo libro è Minds make societies – how cognition explains the world humans create (2018), edito da Yale University Press.

Pascal Boyer era tra gli invited speakers della conferenza tenutasi a Erice dal 9 al 14 maggio scorso  intitolata “Future directions on the evolution of rituals, beliefs and religious minds” e organizzata dal Centro di Cultura Scientifica Ettore Majorana e dalla Scuola Internazionale di Etologia “Danilo Mainardi” diretta dal prof. Stefano Parmigiani (Università di Parma).

In questa intervista [qui il video] rilasciata a La Mela di Newton (che fa seguito a quella rilasciata da Ara Norenzayan) Pascal Boyer spiega che, nonostante l’elevata variabilità e diversità di comportamenti religiosi sparsi in tutto il mondo, è possibile rintracciare tra questi un denominatore comune, ovvero la presenza di agenti dotati di proprietà e caratteristiche particolari. A questi agenti soprannaturali viene sempre attribuita una mente che desidera, ricorda e agisce intenzionalmente, in maniera molto simile a quella umana. La nostra mente è predisposta a recepire come intuitive tali credenze, che vengono quindi acquisite e trasmesse facilmente. Inoltre, esistono dei comportamenti religiosi spontanei (oggi osservabili nello sciamanesimo, nelle possessioni e nelle pratiche curative) che con ogni probabilità hanno preceduto le grandi religioni organizzate e che queste ultime hanno per lo più represso o inglobato. Secondo Pascal Boyer c’è una buona probabilità che queste attività religiose informali costituissero il genere di attività religiosa che erano soliti praticare i nostri antenati evolutivi.

Oggi gli studiosi dell’evoluzione delle religioni si dividono tra due approcci fondamentali: da una parte ci sono i sostenitori della teoria dell’effetto secondario (byproduct theory), secondo cui i comportamenti e le credenze religiose sono una conseguenza indiretta del modo in cui è organizzata la nostra mente: acquisiamo e trasmettiamo facilmente certe idee e certi comportamenti per via di alcune predisposizioni del nostro sistema cognitivo, modellato nel tempo dall’evoluzione (che in questo caso ci farebbe vedere agenti anche là dove non ce ne sono); dall’altra ci sono i sostenitori della teoria adattazionista, secondo cui le religioni avrebbero avuto un ruolo indispensabile nella nascita di società di grandi dimensioni e sarebbero state selezionate proprio per questa funzione.

Professor Boyer che cosa hanno in comune le credenze religiose in tutto il mondo e perché si diffondono così facilmente?

Che cosa hanno in comune? Innanzi tutto direi che sono estremamente diverse tra di loro, osserviamo un’alta variabilità, ma una cosa che hanno in comune è che tutte quante postulano l’esistenza di agenti. Esistono agenti che possono essere dei, spiriti o antenati. Ci sono agenti (ma possiamo chiamarli dei per semplicità) che hanno conoscenza di ciò che stiamo facendo, hanno abilità straordinarie che li rendono speciali, come per esempio i fantasmi che hanno proprietà fisiche inusuali: passano attraverso i muri. Gli dei poi sono dappertutto allo stesso istante. Un’altra caratteristica che troviamo in pressoché ogni tradizione religiosa è che questi agenti non sono semplicemente strani o speciali, hanno anche una mente che è davvero molto simile a quella umana: sono dotati di memoria, di intenzioni, desiderano cose e se le desiderano ardentemente vogliono passare attraverso le difficoltà per raggiungere i loro scopi. Queste sono proprietà che troviamo assolutamente dappertutto.
Ora, perché questi tratti sono diffusi in tutto il mondo? Questa è la principale domanda cui gli psicologi e gli scienziati cognitivi della religione stanno cercando di dar risposta. Non abbiamo una risposta definitiva, ma pensiamo che ci siano le tutte le condizioni che rendono queste credenze facili da acquisire e molto facili da trasmettere: sostanzialmente abbiamo queste credenze per via del modo in cui la nostra mente funziona, siamo predisposti a ragionare in termini di agenti, che rappresentano delle componenti fondamentali della nostra esistenza, in quanto noi tutti dipendiamo da altre persone, nel contesto sociale in cui siamo inseriti. Il fatto che ci possano essere agenti dotati di poteri speciali li rende davvero molto attrattivi per noi. Ma anche il fatto che siano dotati di menti ordinarie li rende degli straordinari fattori esplicativi per tutte quelle cose, spiacevoli o meno, che ci capitano e questo fa sì che sia molto facile interagire con loro, perché se sono dotati di una mente possiamo offrire loro sacrifici e loro saranno ben disposti a esaudirli, si ricorderanno che noi abbiamo fatto quella certa cosa, noteranno che ci stiamo sforzando di essere migliori di altre persone e cose di questo tipo. Quindi riteniamo che per il modo in cui la nostra mente funziona, c’è una buona probabilità che questo tipo di credenze venga facilmente acquisito, facilmente immagazzinato nella memoria, facilmente comunicato ad altre persone; e se le cose stanno effettivamente così significa che nel corso delle generazioni queste credenze tendono a diventare sempre più diffuse nelle culture umane.

Quella di cui ha appena parlato viene anche definita teoria dell’effetto secondario (byproduct theory), che spesso viene contrapposta alla teoria adattazionista, è così?

Sì assolutamente, ci sono due modi per guardare a queste cose e certamente non sarà un singolo argomento o un singolo esperimento a dirimere la disputa tra queste due prospettive, serve l’accumulo di molte evidenze. Alcuni sostengono che la religione e l’idea di un dio che possa vederci, punirci, e così via, sia un espediente molto utile per organizzare le società su larga scala, poiché società di grandi dimensioni dipendono molto dal coordinamento e dalla cooperazione tra le persone; quindi se possiedi questo genere di credenze sei convinto anche che il fallimento nel coordinamento con altre persone, la diserzione o l’imbroglio non siano strategie molto efficaci. Questa è la versione semplificata della teoria adattazionista. La teoria dell’effetto secondario invece è quella di cui ho parlato prima, ovvero quella secondo cui molte idee religiose sono presenti per via del tipo di mente che abbiamo e che ci permette di acquisirle facilmente; il che equivale sostanzialmente a dire che esistono i dolci e le caramelle perché il nostro organismo rende le sostanze dolci più appetibili di altre, o che esistono raffigurazioni con geometrie simmetriche per via di come è organizzato il nostro sistema visivo, che riconosce la simmetria o le architetture che hanno simmetria rendendocele più piacevoli. L’interpretazione dell’effetto secondario dunque sostiene che la religione è molto meno importante di quanto si possa pensare, l’approccio adattazionista tende a dire invece che è addirittura più importante di quanto pensassimo, in quanto è stato un elemento indispensabile a costruire le società di grandi dimensioni. Al momento nessuno sa veramente come stiano le cose, le persone che lavorano in questi campi stanno accumulando evidenze e ciascuno sostiene di avere studi che dicono “noi abbiamo la spiegazione, noi siamo dalla parte del giusto”. Se dovessi scommettere dei soldi non saprei da che parte metterli. Ma poi non ho tanti soldi da scommettere, quindi va bene così.

Vorrei chiederle qualcosa anche a riguardo di un altro termine di cui fa uso, ovvero “Attività Religiosa Informale” (Informal Religious Activity). Che cosa significa?

Con questo termine cerco di descrivere il tipo di attività religiose che troviamo pressoché ovunque nel mondo e che non fanno parte di quelle religioni organizzate in chiese, congregazioni, e cose di questo tipo. Ci sono attività religiose che avvengono ad esempio in uno stato di possessione, nello sciamanesimo o in pratiche curative. Tutti questi fenomeni che troviamo in tutte le società umane vengono solitamente repressi dalle religioni organizzate ed è anche molto probabile che costituiscano il tipo di attività religiose che gli uomini avevano prima che nascessero le società e le religioni organizzate; per questo le chiamo attività religiose informali, e raggruppo insieme aspetti che solitamente oggi si ritrovano nello sciamanesimo, nelle pratiche curative, nella possessione, nelle attività divinatorie, eccetera.

Che genere di attività religiose avvenivano negli ambienti ancestrali dei nostri antenati, è possibile porsi una domanda del genere?

Gli archeologi direbbero che in un certo senso possiamo fare ipotesi a riguardo sulla base di pitture rupestri o artefatti che sembrano corrispondere a ciò che oggi definiamo una sorta di sciamanesimo, da intendersi in un senso molto ampio. Io penso che un test molto semplice per ciò in cui i nostri antenati credevano è pensare a quello che quasi sicuramente non c’era. E ciò che quasi sicuramente non c’era erano le organizzazioni religiose con preti, dottrine, grandi istituzioni, perché semplicemente ancora non c’era bisogno di tutto ciò. Quello che troviamo in molte società è un’organizzazione tribale su piccola scala, un genere di attività simili allo sciamanesimo o culti degli antenati, che sono attività basate su scala molto locale, non abbiamo grandi dei onnipotenti, ma piuttosto spiriti locali e antenati, non abbiamo chiese nel senso di grandi organizzazioni, ci sono al più specialisti che sono individui con qualità speciali. Inoltre penso che la differenza principale stia nel fatto che il focus di tutte queste attività è pragmatico, mira a trattare la sfortuna, o ad assicurarsi che la mala sorte non avvenga. Comprendere il cosmo, la morale, l’origine del mondo, queste non sono assolutamente il genere di cose che troviamo in giro per il mondo ad eccezione dei luoghi dove abbiamo organizzazioni religiose. Quindi una cosa che possiamo dire è che quella combinazione di dottrine e funzionari religiosi non esisteva. E ciò che ci rimane sono quelle che ho definito “attività religiose informali”. Ma ovviamente non possiamo esserne certi.

Francesco Suman, da La Mela di Newton