Seguendo il DNA dei nostri antenati: “L’odissea dei geni” di Evelyne Heyer

l'odissea dei geni

Pikaia ha letto per voi “L’odissea dei geni” dell’antropologa molecolare Evelyne Heyer, un lungo viaggio che va dai nostri antenati sino a noi

“Quali itinerari sono stati percorsi dai nostri antenati, partiti all’avventura fuori della culla africana, per esplorare le terre? Fino a che punto il nostro genoma si è modificato per far fronte alle sfide dei nuovi climi”?

Ormai da tempo possiamo usare il DNA per dare una risposta a queste domande supportando l’antropologia fisica o svelando scenari che i soli reperti non potevano aiutarci a costruire.  Se siete interessati all’evoluzione della nostra specie e all’incredibile conquista del nostro pianeta, L’odissea dei geni (Neri Pozza, 2021), scritto dall’antropologa molecolare Evelyne Heyer, è il libro che state cercando.
Per me i geni sono un libro di storia – scrive Evelyne Heyer -, una macchina capace di risalire nel tempo. Grazie alla genetica esploro la memoria del nostro passato, laddove nessun archivio è disponibile”.

Il libro non si limita a seguire nel tempo le tracce dei nostri antenati, ma ci porta in remoti villaggi dove la Heyer si è recata alla “caccia” di campioni di DNA dall’Asia centrale alla Siberia Orientale, passando per l’Africa. L’Autrice è, infatti, una antropologa che passa molto tempo sul campo, ma “non è la mia storia – scrive la Hayer – che vi racconterò in queste pagine. Perché il tesoro al quale ambisco racchiude un frammento della più incredibile storia che si possa raccontare”, la nostra storia.

Partendo dall’origine del genere Homo, le pagine di L’odissea dei geni arrivano sino ai giorni nostri, per cui preparatevi a un viaggio lungo quasi 8 milioni di anni. Ma vi muoverete con calma: come i nostri antenati vi sposterete per circa 3 km a generazione, così da avere il tempo di insediarvi e adattarvi…

Negli ultimi anni sono stati pubblicati molti libri dedicati a questo tema (qui un esempio tra le pubblicazioni più recenti presentate su Pikaia), ma il libro di Evelyne Heyer ha il merito di essere molto “rispettoso” dei dati e di indicare dove le ipotesi formulate sono solide e dove invece servono altri elementi per confermarle.

L’evoluzione è, infatti, un campo di ricerca in cui si susseguono sempre più spesso grandi scoperte che cambiano le idee che avevamo. Se da un lato questo dimostra le potenzialità dei nuovi strumenti molecolari, dall’altro indica che talvolta gli scienziati hanno formulato scenari evolutivi prima di avere dati che li supportassero adeguatamente. Se i dati si prestano a interpretazioni opposte, come è accaduto recentemente, vuole dire che non siamo pronti a costruire scenari e ipotesi, per cui serve lavorare più che speculare.

Leggendo in questi giorni alcuni libri di biologia evoluzionistica presenti nel fondo storico del mio Ateneo, ho trovato a questo proposito interessante il suggerimento dello zoologo Giacomo Cattaneo (qui il libro completo in formato digitale), che a fine Ottocento invitava alla prudenza : “ormai la teoria dell’evoluzione ha trionfato su tutte le opposizioni e, universalmente accettata dai naturalisti, ha rimutato dalle fondamenta l’edificio delle scienze biologiche. Ma talvolta, tra le caute illazioni e le sintesi prudenti, sorgono delle generalizzazioni affrettate o delle congetture intemperanti. È dovere di ogni evoluzionista coscienzioso il combattere le ipotesi non sufficientemente fondate sui fatti, nell’interesse stesso delle idee evolutive, perché tali ipotesi gettano poi il discredito sull’intera teoria“.

L’odissea dei geni evidenzia i dati che sarebbe importante acquisire per dare solidità alle proposte avanzate: “per il momento – scrive la Hayer – le analisi del DNA antico sono state condotte soprattutto su fossili europei. È evidente che analisi di DNA antichi da altri posti del mondo arricchirebbe le nostre conoscenze”. Sarebbe importante, ad esempio, avere dati dall’Asia e dall’Africa, consapevoli che le condizioni climatiche in gran parte di questi continenti non sono ideali per conservare il DNA.

Le pagine della Heyer ci portano alla scoperta dell’agricoltura e all’origine di alcune patologie, come la tubercolosi, ricordandoci che “col modificare l’ambiente attraverso un mutamento di pratiche, l’uomo si trova messo a confronto con nuove sfide biologiche, alle quali in seguito si adatterà parzialmente”. Vi ricorda qualcosa questo scenario?

Passando dagli Sciiti ai Vichinghi, dai Mongoli agli europei moderni andremo a curiosare nelle tante migrazioni di cui il DNA ha serbato le tracce, perché “fin dall’alba dell’umanità, il popolamento della terra è stato una storia di migrazioni e questa tendenza prosegue ancora oggi” ed è bene che sia così, perché la biodiversità genetica umana è un bene prezioso.

“Nel corso del tempo – scrive Evelyne Heyer – la nostra specie si è adattata grazie a modificazioni biologiche o attraverso lo sviluppo culturale. Ha migrato e si è diffusa su tutto il pianeta, dimostrando così la propria straordinaria curiosità e il proprio ingegno, ma anche un’incredibile capacità di cooperare, di vivere assieme. Possiamo solo sperare che essa sappia anche far uso di queste qualità per rispondere alla nuova sfida che si trova di fronte: vivere numerosi e insieme in un pianeta che abbiamo ormai il dovere assoluto di proteggere“.