La diversità genetica del ghepardo

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Forse non tutti sanno che il ghepardo (Acinonyx jubatus) non vive esclusivamente in Africa, ma è presente anche una piccola popolazione asiatica, più precisamente iraniana. Nonostante l’ampia distribuzione della specie, si riteneva che questo elegante felino avesse un’elevata omogeneità genetica all’interno del suo immenso areale, dovuta ad un evento di ‘collo di bottiglia’ (un’improvviso calo della popolazione che poi si […]


Forse non tutti sanno che il ghepardo (Acinonyx jubatus) non vive esclusivamente in Africa, ma è presente anche una piccola popolazione asiatica, più precisamente iraniana. Nonostante l’ampia distribuzione della specie, si riteneva che questo elegante felino avesse un’elevata omogeneità genetica all’interno del suo immenso areale, dovuta ad un evento di ‘collo di bottiglia’ (un’improvviso calo della popolazione che poi si riprende nel corso del tempo, lasciando tuttavia una bassa variabilità genetica nella popolazione restante) avvenuto circa 12.000-10.000 anni fa.

Nonostante questo, la forza dell’isolamento delle varie popolazioni ha fatto sì che si diversificassero numerose sottospecie. Un recente studio sul DNA di questi animali, pubblicato sulla rivista Molecular Ecology, ha analizzato la distanza genetica tra le diverse popolazioni, dimostrando come Acinonyx jubatus soemmeringii, che vive nelle regioni nord-orientali dell’Africa, differisca altamente da Acinonyx jubatus jubatus, che corre nelle savane dell’Africa meridionale. Ma il risultato più interessante sancisce che la sottospecie iraniana, chiamata Acinonyx jubatus venaticus, si sarebbe separata da quelle africanein un periodo compreso tra 67.000 e 32.000 anni fa, molto prima del crollo di popolazione che si pensa abbia ridotto la variabilità genetica all’interno di questa specie.

La divergenza così profonda tra la popolazione asiatica e quelle che vivono in Africa, concludono i ricercatori, suggeriscono di mettere in atto al più presto iniziative di conservazione dei pochi ghepardi iraniani rimasti (si stima che siano tra i 70 e i 110 esemplari), in modo tale da tutelare un pezzo unico della biodiversità mondiale. Non si potrà, tuttavia, immettere in Iran ghepardi africani, in quanto è possibile che, in seguito ad interbreeding, le nuove generazioni perdano (diluite nel genoma misto) le caratteristiche ‘asiatiche’ uniche che le hanno consentito di sopravvivere fino ai giorni nostri.

Andrea Romano


Riferimenti:
P. Charruau, C. Fernandes, P. Orozco-Terwengel, J. Peters, L. Hunter, H. Ziaie, A. Jourabchian, H. Jowkar, G. Schaller, S. Ostrowski, P. Vercammen, T. Grange, C. Schlötterer, A. Kotze, E.-M. Geigl, C. Walzer, P. A. Burger. Phylogeography, genetic structure and population divergence time of cheetahs in Africa and Asia: evidence for long-term geographic isolates. Molecular Ecology, 2011; DOI: 10.1111/j.1365-294X.2010.04986.x

Fonte dell’immagine: Wikimedia Commons