La nuova storia dell’uomo di Pechino

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I resti fossili di Homo erectus rinvenuti in Cina nei pressi di Zhoukoudian, meglio conosciuti come appartenenti all’uomo di Pechino, potrebbero essere risalenti ad un periodo molto antecedente a quanto ritenuto fino ad ora. Le datazioni comunemente accettate collocano questi reperti in un periodo compreso tra 500.000 e 250.000 anni fa, anche se hanno spesso suscitato profonde polemiche e accesi […]

I resti fossili di Homo erectus rinvenuti in Cina nei pressi di Zhoukoudian, meglio conosciuti come appartenenti all’uomo di Pechino, potrebbero essere risalenti ad un periodo molto antecedente a quanto ritenuto fino ad ora. Le datazioni comunemente accettate collocano questi reperti in un periodo compreso tra 500.000 e 250.000 anni fa, anche se hanno spesso suscitato profonde polemiche e accesi dibattiti all’interno della comunità paleoantropologica mondiale.

Un gruppo di ricercatori guidato da Darryl Granger della Purdue University ha messo a punto una nuova metodologia di datazione che si basa sul decadimento radioattivo dell’alluminio-26 e del berillio-10, anzichè da isotopi che si trovano nelle rocce vulcaniche, quelli che vengono comunemente utilizzati ma che sono scarsamente presenti nel sito di Zhoukoudian. Lo studio, che ha meritato la copertina della rivista Nature, ha previsto l’analisi mediante questa nuova procedura di quattro campioni di utensili in pietra (nel sito ne sono state rinvenute alcune migliaia) e sei di sedimenti da cui sono stati scavati i fossili di questi ominidi bipedi.

Dai risultati le sorprese non mancano: presi tutti insieme le due classi di dati forniscono un risultato concorde, con una datazione media di 770.000 anni fa (più o meno 8.000 anni). Questa nuova stima del periodo in cui proliferavano le popolazioni di H. erectus nella Cina settentrionale pone alcune nuove ed importanti considerazioni sulle abitudini ed i comportamenti di questo nostro progenitore. Sebbene sia noto da tempo che gli H. erectus fuoriuscirono dall’Africa ben oltre 1,5 milioni di anni fa, andando a colonizzare gran parte dell’Asia meridionale fino alle isole dell’Indonesia, si credeva che fosse approdato nelle regioni più settentrionali in epoche molto successive.

Le regioni della Cina del nord, infatti, sebbene non furono direttamente interessate dai fenomeni glaciali del Pleistocene, durante quel periodo attraversarono una fase caratterizzata da un clima molto freddo e secco. Fino ad ora non si credeva, anche sulla base dell’assenza di testimonianze fossili antecedenti a 500.000 anni fa (secondo le precedenti datazioni), che gli H. erectus fossero adattati a sopravvivere a temperature rigide come quelle durante le glaciazioni del Pleistocene.

Questo nuovo studio mette in luce, al contrario, come questo ominide fosse in grado di fronteggiare i climi freddi, forse aiutato dall’utilizzo del fuoco e di pelli animali, anche se queste ipotesi non sono del tutto confermate. L’utilizzo e il controllo del fuoco, ad esempio, è raramente documentato nelle popolazioni di H. erectus (esistono solo alcune testimonianze in Nord Africa e Medio Oriente) e si ritiene che una tale conquista stabile sia stata operata da specie del genere Homo di più recente origine. Se da un lato le temperature rigide rappresentarono una grande difficoltà da affrontare, dall’altro il clima freddo e secco modellò un ambiente caratterizzato da aperte praterie e steppe in cui potevano proliferare numerose specie di grandi mammiferi erbivori, poco pericolose e facili da cacciare. Secondo questa ipotesi le popolazioni di H. erectus insediatesi nella zona ne divennero tra le principali predatrici: non è un caso, infatti, che nelle grotte di Zhoukoudian, oltre ai resti di numerosi ominidi e utensili, sono state rinvenute anche svariate tracce di oltre 100 specie animali, molte delle quali costituivano probabilmente le loro prede.

La scoperta, sostengono Russell L. Ciochon and E. Arthur Bettis III in un altro articolo di Nature, potrebbe inoltre riscrivere la cronologia e le modalità delle migrazioni di questa specie. Le popolazioni della Cina settentrionale, infatti, vissero contemporaneamente ad altre che abitavano regioni più meridionali dell’Asia, come le isole dell’Indonesia (queste popolazioni di H. erectus sono conosciute come “uomo di Giava”), le cui testimonianze si estendono per un periodo molto lungo, da oltre 1,5 milioni di anni fa a circa 50.000 anni or sono. Questa nuova datazione suggerirebbe, affermano i paleoantropologi, che l’H. erectus sia giunto in Asia non con un unico grande evento migratorio, ma in almeno due principali ondate. La prima, lungo le coste meridionali, si concluse con l’insediamento nel Sud-est asiatico, mentre la seconda, successiva, forse attraverso l’Asia centrale e la Mongolia meridionale, ebbe il suo culmine nella regione dell’attuale Pechino. Le due popolazioni non entrarono più in contatto, in quanto rimasero separate dalla formazione di una quasi impenetrabile barriera ecologica, rappresentata dalle inospitali foreste tropicali del Sud-est asiatico.

I precedenti scenari vedevano invece un’unica grande migrazione grazie alla quale le popolazioni di H. erectus giunsero in Asia meridionale e poi nelle isole indonesiane; da qui, infine, alcuni individui si spostarono nuovamente verso nord, andando a colonizzare le regioni più settentrionali della Cina.

Andrea Romano


Riferimenti:
Russell L. Ciochon & E. Arthur Bettis III. Asian Homo erectus converges in time. Nature, Volume 458 Number 7235: 153.

Guanjun Shen, Xing Gao, Bin Gao & Darryl E. Granger. Age of Zhoukoudian Homo erectus Determined with Al/Be Burial Dating. Nature, Volume 458 Number 7235: 198-200.

Fonte dell’immagine: Wikimedia Commons