L’artropode gigante dei mari dell’Ordoviciano
Scoperti i fossili del primo anomalocaride non predatore, ma filtratore: con una lunghezza corporea di circa due metri, era tra i più grandi animali del suo periodo
Si allarga il numero degli anomalocaridi, il gruppo di artropodi marini comparsi in seguito alla famosa esplosione di vita del Cambriano (Pikaia ne ha parlato qui e qui), datata intorno a 540 milioni di anni fa, con una nuova specie dalle caratteristiche peculiari, descritta su Nature. Oltre alle specie del genere Anomalocaris, rinvenute nelle famose argilliti di Burgess, in Canada, e rese celeberrime dal capolavoro di Stephen Jay Gould “La vita meravigliosa”, e le recenti descrizioni di Lyrarapax unguispinus (Pikaia ne ha parlato qui) e Hurdia victoria (Pikaia ne ha parlato qui) dal medesimo giacimento fossilifero, si aggiunge oggi Aegirocassis benmoulae. Insieme ad altri recenti ritrovamenti (Pikaia ne ha parlato qui), questa specie rappresenta un fulgido esempio dell’estrema diversità di questo gruppo di artropodi marini nel corso dell’Ordoviciano (480-440 milioni di anni fa).
Ma quali sono i tratti che la distinguono dalle altre? In primo luogo, la nuova specie, proveniente dal giacimento fossilifero di Fezouata, in Marocco, è di gran lunga l’anomalocaride di dimensioni maggiori finora noto: con una lunghezza corporea di quasi due metri, Aegirocassis era probabilmente tra le specie più grandi del suo periodo, nonché uno degli artropodi di taglia maggiore mai esistiti. Inoltre, come le altre specie del suo taxon, Aegirocassis presentava un apparato boccale molto complesso, composto da un’apertura circolare e da lunghe appendici mobili: tuttavia, a differenza di queste che erano tutti predatori attivi, la nuova specie molto probabilmente era un filtratore di piccoli organismi. Le sue appendici erano infatti circondate da una fitta fila di setole, all’apparenza simili ai fanoni degli odierni cetacei misticeti. Questa sua forma di alimentazione potrebbe aver anche influenzato la dimensione dei suoi occhi, che risultano infatti estremamente piccoli: dal momento che Aegirocassis non doveva individuare le prede singolarmente, non aveva la necessità di possedere una vista particolarmente acuta.
Gli undici segmenti della parte posteriore del corpo erano invece caratterizzati dalla presenza di due file di appendici natatorie mobili, una ventrale e una dorsale, la cui descrizione fornisce anche preziose informazioni sulle prime fasi di evoluzione degli artropodi. Le due file di strutture natatorie presentano infatti omologie con diverse appendici locomotorie degli odierni artropodi e lobopodi, confermando l’ipotesi che gli anomalocaridi si collocherebbero alla base della linea evolutiva che ha dato origine al diversificatissimo gruppo degli euartropodi. Solo successivamente nel corso dell’evoluzione degli artropodi queste appendici si sarebbero fuse per dare origine alle appendici bifide degli euatropodi.
Riferimenti:
Peter Van Roy, Allison C. Daley, Derek E. G. Briggs. Anomalocaridid trunk limb homology revealed by a giant filter-feeder with paired flaps. Nature, 2015; DOI: 10.1038/nature14256
Crediti immagine: MARIANNE COLLINS/ARTOFFACT
Ma quali sono i tratti che la distinguono dalle altre? In primo luogo, la nuova specie, proveniente dal giacimento fossilifero di Fezouata, in Marocco, è di gran lunga l’anomalocaride di dimensioni maggiori finora noto: con una lunghezza corporea di quasi due metri, Aegirocassis era probabilmente tra le specie più grandi del suo periodo, nonché uno degli artropodi di taglia maggiore mai esistiti. Inoltre, come le altre specie del suo taxon, Aegirocassis presentava un apparato boccale molto complesso, composto da un’apertura circolare e da lunghe appendici mobili: tuttavia, a differenza di queste che erano tutti predatori attivi, la nuova specie molto probabilmente era un filtratore di piccoli organismi. Le sue appendici erano infatti circondate da una fitta fila di setole, all’apparenza simili ai fanoni degli odierni cetacei misticeti. Questa sua forma di alimentazione potrebbe aver anche influenzato la dimensione dei suoi occhi, che risultano infatti estremamente piccoli: dal momento che Aegirocassis non doveva individuare le prede singolarmente, non aveva la necessità di possedere una vista particolarmente acuta.
Gli undici segmenti della parte posteriore del corpo erano invece caratterizzati dalla presenza di due file di appendici natatorie mobili, una ventrale e una dorsale, la cui descrizione fornisce anche preziose informazioni sulle prime fasi di evoluzione degli artropodi. Le due file di strutture natatorie presentano infatti omologie con diverse appendici locomotorie degli odierni artropodi e lobopodi, confermando l’ipotesi che gli anomalocaridi si collocherebbero alla base della linea evolutiva che ha dato origine al diversificatissimo gruppo degli euartropodi. Solo successivamente nel corso dell’evoluzione degli artropodi queste appendici si sarebbero fuse per dare origine alle appendici bifide degli euatropodi.
Riferimenti:
Peter Van Roy, Allison C. Daley, Derek E. G. Briggs. Anomalocaridid trunk limb homology revealed by a giant filter-feeder with paired flaps. Nature, 2015; DOI: 10.1038/nature14256
Crediti immagine: MARIANNE COLLINS/ARTOFFACT
Ecologo e docente di Etologia e Comportamento Animale presso il Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali dell’Università di Milano. Ha scritto di animali ed evoluzione su Le Scienze, Mente e Cervello, Oggiscienza e Focus D&R . Collabora con Pikaia, di cui è stato caporedattore dal lontano 2007 al 2020.